PERSECUZIONI E LEGGENDE
SAMI, IL POPOLO ARTICO

Raggiunto Capo Nord, non resta che invertire la direzione attraverso il Finnmarksvidda, l’altopiano dei grandi spazi, pieno di vuoti come il deserto. È solo il soffio del vento che rompe il silenzio.



Mi trovo a Saariselkä, in Finlandia, appena superata la frontiera norvegese, per una sosta al “villaggio Sami, con il suo parco a tema che illustra la storia e la cultura dei Lapponi.” Detto così, come viene offerto ai turisti, non solo è triste e riduttivo, ma la dice lunga sulla storia di questo popolo liquisato a lungo come 'razza' inferiore.

La loro terra non ha confini precisi. È una regione alla confluenza di quattro nazioni dalla forte identità: Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia.


(Mappa del territorio Sami - info da InsideOver)


È l’unico popolo indigeno riconosciuto in Europa, e non chiamateli Lapponi. Il termine svedese Lapp significa pezza-toppa-stracci, chiamarli Lapponi equivale a insultarli come straccioni. Sápmi è il nome della loro terra,



quella che a scuola ci hanno insegnato a chiamare Lapponia, e Lapponi i suoi abitanti, senza sapere quanto disprezzo si celi in questa denominazione.


(Immagine d'epoca dei Sami nelle loro tende)





(La ricostruzione di un lavvu)


Erano la spina nel fianco dei popoli che li circondavano. I loro antenati giunsero dalla Siberia, 10.000 anni fa, prima sulle coste e poi, con lo scioglimento dei ghiacci, nell’entroterra, molto prima che esistessero i confini nazionali; un popolo nascosto oltre il Circolo Polare Artico che può vivere nella tundra, quando non ti aspetti più nulla.


(Vegetazione della tundra)



(Mora artica)


La presenza di questa popolazione dalla fisionomia mongolica è testimoniata dalla scoperta di incisioni rupestri in cui sono presenti figure stilizzate di animali - renne, orsi e alci - e di umani, databili fin dall’VIII secolo a.C. Uno dei siti archeologici più importanti si trova vicino alla città di Alta, a ridosso della baia, affacciata sul fiordo, che i Sami chiamano Jepmaluokta, la Baia delle Foche.


(Incisioni rupestri di Alta)




In assenza di una scrittura diffusa, la loro è una storia orale tramandata con il canto tradizionale. I Sami vivevano di pesca e di caccia alle renne selvatiche, dividendo il bottino tra tutti i membri della sijdda, un gruppo di due o tre famiglie. Il clima e l’ambiente non hanno mai agevolato la loro vita.

Quello che non si racconta è ciò che accadde a fine ‘800, quando si diffuse il mito dell’omogeneità etnica scandinava. I Sami erano considerati inferiori ed arretrati e gli Stati scandinavi ‘si assunsero la responsabilità di civilizzarli’. La chiave fu l’assimilazione di questi popoli alla lingua, alla cultura, ai valori e alla religione scandinavi. Si cambiarono anche i nomi del Finnmark, perché un popolo senza una lingua è un popolo morto.


(Assimilazione scolastica - dalla rivista etnie.com)


Furono costretti a convertirsi al luteranesimo; lo sciamanesimo, il loro canto tradizionale joik, il tamburo sacro e i sacrifici vennero dichiarati illegali. Il riconoscimento della comunità Sami è stato talmente tardivo che solo negli anni Novanta è stato possibile istruire i bambini nella loro lingua, gli stessi che due secoli prima venivano mandati nei collegi perché ripudiassero le proprie origini.


(Un antico tamburo sciamanico)


Nel 1922, la Svezia creò un centro di eugenetica, anticipando le leggi varate da Hitler nella Germania del Terzo Reich, con l’obiettivo di migliorare la razza nordica, e i Sami erano considerati l’antitesi, come i disabili fisici e psichici. Negli archivi dell’Università di Uppsala si trovano 12.000 scatti di individui di 'razza inferiore', spesso nudi, contrapposti a soggetti più atletici definiti ‘nordici’.

Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del nazismo i Sami iniziarono a far sentire la loro voce. Uno degli episodi più eclatanti furono le proteste, negli anni ’70 e ’80, contro la costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Altaelva, nella Norvegia settentrionale. Fu da allora che iniziarono a chiedere forme di autogoverno come popolo originario, prima ancora degli scandinavi, e il diritto di usufruire di terre riservate per il pascolo e un monopolio su l'allevamento delle renne. Oggi è rimasta una popolazione di 90.000 persone. Sono fieri delle loro origini, indossano gli abiti tradizionali, studiano la propria lingua e organizzano festival per affermare la loro identità culturale.


(Abiti tradizionali Sami)


Le renne sono ormai addomesticate, marcate come le pecore, munite di collare colorato e di campanaccio, libere di brucare nella tundra artica, nelle foreste finlandesi, nei centri abitati e spesso attraversano le strade a scorrimento veloce. Oggi i pastori Sami monitorano gli animali con l’utilizzo di droni e di app, che hanno consentito a questo popolo di diventare stanziale.





In caso di investimento di una renna, bisogna fermarsi e aspettare il pastore; verificare le condizioni dell’incidente e pagare per il valore della renna.



Il numero di animali va mantenuto costante. Viene abbattuta la stessa quantità di renne che nasce in primavera, per salvaguardare il lichene di cui si nutrono, che ha un ciclo di crescita lento. Nei mesi invernali le renne rimangono vicino ai villaggi o nei pascoli dell’altopiano, controllate dai pastori che si spostano con le motoslitte. A maggio iniziano gli spostamenti verso i pascoli estivi della zona costiera del Finnmark. Alcune migrano sulle isole, come Magerøya, a Capo Nord. In questo caso interviene la Marina per il trasporto dei piccoli sul mare. Al ritorno, l’intera mandria è in grado di nuotare fino alla terraferma. A settembre si torna nei villaggi per la stagione dell’accoppiamento.


(Renne che nuotano durante la migrazione estiva - foto da Survival International)


L’opportunità di interagire con Visa, non la carta di credito ma il nome di un ragazzo Sami che come tutti alleva renne, è stata illuminante. Gestisce un ristorante in una foresta nel villaggio di Inari, una Kota, la tenda in legno finlandese costruita personalmente dal precedente gestore. Desideravo ascoltare uno di loro.


(La kota di Visa)



(Il fuoco al centro della kota))


“Tutto è cambiato. Con le strade è arrivato il mondo moderno. I gatti delle nevi hanno reso possibile vivere nei villaggi e non dover seguire le renne tutto l’anno, ma fanno rumore”, racconta Visa in un inglese quasi incomprensibile per l’accento ugro-finnico. “Abbiamo più tempo a disposizione e tutto è diventato più facile. Abbiamo costruito case calde, non c’è stato più bisogno di svegliarsi con la brina sul viso, come quando vivevamo in un lavvu, e manteniamo le nostre tradizioni. I nostri abiti tradizionali hanno i colori vivaci che spiccano sul bianco della neve. Questa è la Sapmi di oggi e mi chiedo cosa direbbero i nostri antenati. Direbbero che abbiamo dimenticato i canti della natura, riconoscerebbero questa terra? Direbbero che siamo sperduti.”

Rimango affascinata e lo lascio parlare senza interrompere, mentre racconta il mito Sami sulla creazione del mondo e sulle renne.

“Tanto tempo fa” - continua Visa - “ancora prima che l’uomo apparisse sulla terra, c’era una renna molto speciale: era una renna bianca.


(Una renna bianca)


Tutto il mondo fu creato da questa renna: i fiumi e i torrenti sono sgorgati dalle sue vene, e dal pelo della renna sono nati gli alberi e le foreste. Gli occhi della renna divennero le stelle. Il cuore della renna fu sepolto nel centro profondo della terra e da questo cuore sorsero fili invisibili verso tutto ciò che vive sulla terra, formando la tela invisibile che ci unisce. Il battito del cuore è nel vento, nella pioggia e nella neve, nel modo in cui ti muovi e nel suono della voce. Finché il cuore batte, sappiamo che la terra è viva. La terra è come una madre, buona e generosa, il sole è come un padre che ha il potere di dare vita alla terra. Lo joik è il nostro canto, il nostro inno alla famiglia: tristezza, gioia, rabbia e felicità. Quando si muore, l’anima che va in cielo si trasforma in aurora boreale; è il suono dei nostri antenati. La luce che brillava negli occhi dei nostri antenati danza per sempre nel cielo del nord.”

Non è una favola per bambini, ma la storia di un popolo fiero delle proprie origini e tradizioni.

“I Sami russi sono stati costretti ad emigrare” - prosegue Visa -. “La Russia ha amputato il braccio destro della nostra terra. La mia famiglia ha deciso di vivere qui dove manteniamo la tradizione e i nostri ruoli nel nucleo familiare.”

“Ho le renne nel recinto, dopo cena andremo da loro.” Concentrata sul racconto, per un attimo ho pensato che dopo cena sarebbe stato buio, ma alle 22,30 il sole era ancora alto. L’abitudine di distinguere il giorno dalla notte era solo un mio problema.

Sebbene non si siano costituiti in uno stato indipendente, in Svezia, Norvegia e Finlandia esistono parlamenti Sami; possiedono un proprio inno e una propria bandiera.

La disegnò Astrid Båhl, utilizzando i colori del gákti, il costume tradizionale dei Sami, con bande di colore diverso di larghezza, proporzionale al numero di abitanti nei quattro Stati del nord: rosso per la Svezia, verde per la Finlandia, giallo per la Russia e blu per la Norvegia, la banda più larga perché la Norvegia ospita la maggior parte della popolazione Sami.


(Bandiera Sami)


Oggi i cartelli stradali sono scritti almeno in due lingue e alcuni giovani artisti stanno ridando nuova vita allo joik. Capire il fascino di queste terre non è facile. Bisogna entrare in sintonia con il vento e conoscerne la storia. Qui è il vento a modellare le forme invernali e a parlare alla solitudine di chi ci vive. I Sami lo hanno catturato nel modo di cantare, in un colloquio a tre: uomo-animale-natura.

Il sole si chiama Beaivi, che è anche la Dea del Sole; occupa un posto importante nella loro mitologia. Secondo la tradizione, ogni anno, durante il solstizio d’inverno, veniva sacrificata una renna bianca per assicurarsi che sarebbe tornato dopo il buio dell’inverno. Veniva appeso del burro sulle porte in sacrificio a Beaivi, per far sì che il sole potesse trovare la forza per salire sempre più in alto nel cielo. Nel periodo in cui Beaivi splendeva nel cielo, si pregava per le persone che erano malate di mente. I Sami credevano che la follia, sotto forma di psicosi e depressione, fosse provocata dalla mancanza di luce solare durante il buio dell’inverno. Non sbagliavano di molto.


(Una canoa Sami)


L’Artico è un pugno nello stomaco, uno schiaffo in faccia, che ti entra dentro senza bussare. E se nelle ore notturne la luce è ancora alta, vado a dormire lo stesso, ma con le tende aperte per controllare che il sole illumini davvero durante la notte.

Cos’è la Norvegia oggi? Si potrebbero usare una serie di caratteristiche: alto livello di istruzione e di sanità pubblica, parità di genere, alta percentuale di lettori, energia da fonti rinnovabili, ricca, indipendente, aperta, ma… c’è un ma. La Norvegia è un po' il Kuwait d’Europa. È passato poco più di mezzo secolo dalla scoperta del petrolio al largo delle coste norvegesi, il vero demiurgo della nazione modello. L’utilizzo delle fonti energetiche fossili non rinnovabili per finanziare il Green, e il business dell’allevamento intensivo dei salmoni sono le contraddizioni più pressanti.

Da noi si direbbe, predicare bene e razzolare male.

(4. FINE)

1. LUCE DELLE LOFOTEN

2. NEL REGNO DEI TROLL

3. SOLE DI MEZZANOTTE

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