RENNE, SOLE, NOTTE
LA MAGIA DI CAPO NORD

“Qui mi trovo a Nordkapp, l’estremo del Finnmark, alla fine del mondo” scriveva Francesco Negri, il francescano di Ravenna che dal 1663 viaggiò tre anni in queste terre, nella convinzione che non fosse possibile vivere oltre certe latitudini. Ma fu l’inglese Richard Chancellor a chiamarlo Capo Nord; approdò più di un secolo prima, durante la spedizione per la ricerca del passaggio a nord-est.

Per i viaggiatori comuni il discorso cambia. A Capo Nord non si passa, si va. Il viaggio è lungo e c’è molto da osservare.

Raggiunta la terraferma, il percorso si accorcia con l’attraversamento dei due fiordi settentrionali di Ullsfjord e Lyngerfjord che delimitano la penisola di Lyngen proseguendo sulla E6, la ‘route 66’ del ghiaccio.


(Alpi di Lyngen)



(Un troll)


Il paesaggio muta ancora. Le Alpi di Lyngen hanno neve sulle cime; si entra nella terra dei troll.

C’è un posto particolare in cui fare una sosta, non segnalato nelle guide ma dalla nostra sì, nascosto dalla strada; bisogna conoscerlo per trovarlo: l’hotel Gildetun.


(L'hotel Gildetun)



(Il tetto dell'hotel)


Non è un albergo come gli altri, ma un punto di ritrovo degli amanti dell’escursionismo e dello sci alpinismo; una struttura di legno in mezzo al nulla, circondata da piccoli bungalow, le stanze per gli ospiti. I tetti sono ricoperti di torba e di terra su cui cresce l’erba.

Si gode di un’ottima vista sul Burfjord che ha tre grandi isole all’interno.


(La vista sul fiordo)


Tornati sulla E6, si incrociano le vasche di allevamento intensivo di salmone, diffuse lungo tutto il perimetro della costa norvegese; una soluzione che ha suscitato polemiche internazionali e merita una digressione.


(Gli allevamenti intensivi di salmone)


L’allevamento inizia in vasche di acqua dolce a terra, dove avviene la fecondazione e la schiusa delle uova. Quando i salmoni raggiungono una determinata grandezza, vengono trasferiti nelle vasche galleggianti in mare, imitando il viaggio che il salmone selvatico farebbe naturalmente. Le vasche devono essere sufficientemente grandi, profonde fino a 50 metri, con una circonferenza di 200.



Il Norwegian Seafood Council ha dichiarato che negli allevamenti norvegesi i salmoni vengono nutriti con mangimi a base di ingredienti vegetali e marini; che sono sottoposti a rigidi controlli e che si è diffuso l’uso di vaccini per ridurre al minimo l’utilizzo di antibiotici. Ma un dubbio resta. I pidocchi del salmone stanno diventando resistenti ai farmaci e una notevole percentuale di pesci muore prima di arrivare al macello.



Per arrivare a Capo Nord, bisogna cambiare strada e imboccare la E69, il percorso più settentrionale al mondo ad essere interconnesso con i principali sistemi stradali; è molto stretta e presenta difficoltà in caso di incrocio tra mezzi pesanti.

Nel susseguirsi di promontori e casette di pescatori, appaiono le renne. Non le avevo mai viste prima, manca solo Babbo Natale. Pascolano libere e spesso attraversano la strada bloccando il traffico.



Ce ne sono di bianche, marroni e più chiare, alcune con cuccioli al seguito.





Hanno collari di colore diverso, un campanaccio appeso e le orecchie marcate, esattamente come le pecore. È utile ai pastori Sami per distinguere le proprie mandrie.







Si incontrano ovunque, anche nei centri abitati, un po' come i cervi nei parchi d’Abruzzo.

Più si va a nord, più la luce aumenta e la temperatura scende. La taiga si dirada e lascia spazio alla tundra: betulle nane sparse, muschi e licheni, come in tutte le terre artiche, dalla Norvegia alla Siberia.


(Betulle nane)


Ora saprei rispondere alla domanda della maestra della scuola elementare, quando chiedeva dove si trovasse la tundra. Seconda stella a destra... non si può sbagliare, è l’ultima forma di vegetazione. Le conifere della taiga sono rimaste alle spalle.

I cieli azzurri dei primi giorni erano splendidi, ma la natura dà il meglio con le nubi cariche d'acqua e il grigio plumbeo che fa risaltare le sfumature del verde brillante. È un viaggio con un retrogusto da documentario.



Arrivo all’imbocco del Nordkapp Tunnelen, la galleria sottomarina costruita nel 2000; otto chilometri che collegano la terraferma all’isola di Magerøya, con una pista ciclabile all’interno. Si comincia a fare sul serio.



Provo a immaginare qualche aspetto della vita quotidiana in queste terre, specialmente in inverno, quando la neve e il buio ricoprono tutto. Gli insediamenti umani si diradano e mi viene spontaneo pensare cosa potrebbe accadere in caso di necessità di cure mediche.

La risposta che mi viene data è semplice. Se il problema non è grave, si viaggia con i mezzi, auto e traghetti, fino all’ospedale universitario di Tromsø, la capitale dell’artico, il più vicino e bilingue, un vantaggio per i Sami che vivono qui.

In caso di urgenze, interviene l’elicottero munito di tutti i mezzi necessari per affrontare il volo con la nebbia e con la neve: ricevitori, radar e GPS. L’elicottero atterra sul tetto dell’ospedale che, come altri edifici, è munito di una resistenza che impedisce alla neve di trasformarsi in ghiaccio.


(Pulcinella di mare)


Un’operazione che è stata fatta anche in alcune strade sotto l’asfalto. Se a qualcuno venisse in mente di comprare una casa a queste latitudini o alle isole Lofoten, la prima domanda che viene fatta è sullo stato di salute. Per quanto la Norvegia sia un Paese ricco e avanzato, alla natura non si può comandare.

La natura fa il suo corso e all’uomo spetta la capacità di adattarsi.

Sull’isola di Magerøya, una quindicina di chilometri a ovest di Capo Nord, c’è la riserva Naturale di Gjesvær, un arcipelago di tre isole rocciose che ospita una delle più grandi colonie di uccelli marini della Norvegia. Non si può sbarcare, ma si possono vedere anche da vicino dal battello.


(Rastrelliera con stoccafissi a Gjesvær, nell'isola di Capo Nord)


Il villaggio di pescatori di Honningsvåg è l’ultimo centro abitato prima di arrivare a Capo Nord. Oltre non c’è più nulla, solo le isole Svalbard e il Polo.

E forse proprio l’idea che non c’è più nulla è uno dei motivi del viaggio. Un desiderio che si realizza ‘finalmente’, proprio come il grido che tutti si lasciano sfuggire una volta arrivati sulla terrazza a 71° 10’ 21” latitudine Nord.

Il percorso è rallentato solo dagli attraversamenti delle renne al pascolo nella tundra.

C’è chi 'denigra' Capo Nord perché non è esattamente il punto più a nord d’Europa, il primato geografico spetta al promontorio di Knivskjellodden (71° 11’ 08”) lì vicino, raggiungibile solo a piedi tramite un sentiero, per ora totalmente estraneo a logiche economiche e turistiche.


(Terrazza scavata sotto il promontorio di Capo Nord)


Infatti sullo sperone roccioso trovo gli annessi e connessi: la scultura del Mondo realizzata nel 1978 con anelli di acciaio a rappresentare paralleli e meridiani;


(Il Globo di Capo Nord)


un centro visitatori con un negozio di souvenir, il monumento Barn av Jorden, con i sette medaglioni, simbolo di pace e fratellanza, con i disegni di altrettanti bambini provenienti da diverse parti del mondo,


(I Medaglioni)


la scultura Mother and Child con il bambino che indica i medaglioni


(Mother and Child che indicano i medaglioni)


e la galleria-terrazza scavata nella roccia che si affaccia sul mare verso Nord.


(Percorsi escursionici e trekking a Capo Nord)


Poco prima della meta merita una sosta la baia delle Balene, incuneata tra speroni rocciosi dove si può osservare senza orari e gratuitamente il sole che si ferma sul mare.

In agosto tramonta mezz’ora prima di mezzanotte, ma continua a illuminare. Non è buio per il resto della nottata e inizia a risalire un paio d’ore dopo. Fino alle 23,00 il sole splende indolente. È come passare dal tramonto all’alba in breve tempo.


(La Baia delle balene)


La serata è ventosissima, le nuvole sono sparite e la temperatura è scesa ancora, ma rimane intorno ai 10°. C’è da indossare la giacca a vento e gli occhiali da sole.


(Il sole intorno alle 23)


“… il sole norvegese è una luna, una lanterna che mette in grado i Norvegesi di distinguere il nero dal bianco…” (Knut Pedersen, scrittore norvegese, Premio Nobel per la Letteratura nel 1920).

Su quel promontorio si vivono istanti a tu per tu con la terra per l’assenza del cemento. Il traffico è rimasto fuori: autobus, camper, automobili, motociclette e biciclette. Il turismo esagerato è arrivato anche in cima al mondo. Ma non si ha voglia di andar via, il Mare di Barents è illuminato. Solo gli occhi chiedono una pausa di buio.


(Il sole di mezzanotte a Capo Nord)


Le Terre Artiche non sono crepuscolari, la luce è distribuita diversamente. A queste latitudini, la quantità di luce offre una luminosità complessiva superiore a quella dell’Equatore; tra maggio e agosto ci sono settantasei giorni di sole continuo, la luce e il buio hanno colori diversi tra aurore boreali e le ombre lunghissime proiettate dal sole di mezzanotte. Le stagioni seguono un ritmo loro e il silenzio è parte integrante della vita.

Capo Nord, come altri cinquanta luoghi in Norvegia, ha ottenuto la certificazione di Destinazione Sostenibile, il programma nazionale norvegese. Non significa che la destinazione lo sia completamente, indica l’impegno a lavorare in maniera sistematica per ridurre l’impatto negativo del turismo.

A chi mi chiedesse se valga la pena andare a Capo Nord, la risposta è che Capo Nord non è ‘una palla di ferro’ sullo sperone roccioso. È il viaggio che si intraprende per arrivare: i boschi, il mare, le montagne a strapiombo sull’acqua, le cime innevate anche ad agosto, e le renne lungo il percorso. Sì, ne vale la pena.

Comincio a pensare che c’è Nord e Nord. O quanto meno è un concetto relativo.

(3. continua)

1. LUCE DELLE LOFOTEN

2. NEL REGNO DEI TROLL

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