AMBIENTE ITALIA
IN BIANCO E NERO
BENE L'ECONOMIA CIRCOLARE
SOS BIODIVERSITÀ

(immagine da Pixabay)

A pochi giorni dalla diffusione del Rapporto annuale sul consumo di suolo in Italia, l’ISPRA ha presentato nuovi materiali che contribuiscono a una migliore definizione della situazione ambientale nel nostro Paese, contenuti nel Rapporto 2025 sullo Stato dell'Ambiente in Italia e nel Rapporto 2025 del SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) che aggiunge, a quelli dell’ISPRA, i dati delle ARPA regionali. Ma, allo scopo di inquadrare la situazione italiana nel contesto dello sforzo europeo sulla strada del Green Deal e degli obiettivi generali UE per la protezione ambientale, affianca ai rapporti sul nostro Paese anche i dati dell’insieme dei 27 Stati membri dell’Unione, contenuti in un ponderoso rapporto, l’“Europe’s Environment 2025”, pubblicato lo scorso 29 settembre dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. I tre Rapporti, sottolinea l’ISPRA, non sono studi isolati, ma parte di un’unica cornice conoscitiva fondata su indicatori ambientali ufficiali costantemente aggiornati. Si tratta di dati che, garantendo coerenza, comparabilità e trasparenza, consentono di monitorare i progressi e misurare l’efficacia delle politiche pubbliche. Ed è alla luce di questa consapevolezza che occorre analizzare con attenzione i contenuti dei tre Rapporti. Anzitutto per rintuzzare le continue polemiche che, non soltanto nel nostro Paese, sentiamo ripetere a proposito dell’importanza della protezione ambientale e della inevitabile somma di sforzi - siano essi finanziari che di cambiamento nelle abitudini di vita – che una seria politica ambientale comporta.


IL RAPPORTO AMBIENTE 2025


Occorre infatti non dimenticare mai come i cambiamenti climatici colpiscano tutti gli aspetti delle nostre società:
• SALUTE PUBBLICA: le ondate di calore, l'inquinamento atmosferico e le malattie trasmesse da vettori sono in aumento a causa dei cambiamenti climatici
• SICUREZZA ENERGETICA: gli eventi idro-meteo-climatici estremi come ondate di calore e tempeste possono danneggiare le infrastrutture energetiche e aumentare la domanda di energia, mettendo a rischio la stabilità della rete
• SICUREZZA ALIMENTARE: la siccità, ondate di calore e inondazioni possono ridurre i raccolti, aumentare i prezzi degli alimenti e mettere a rischio la sicurezza alimentare
• SALVAGUARDIA DI ECOSISTEMI E BIODIVERSITÀ: l'aumento delle temperature e l'acidificazione del mare possono causare una perdita di biodiversità e degrado degli habitat con effetti a catena sugli ecosistemi e sui servizi che essi forniscono
• TUTELA DELLE RISORSE IDRICHE: la disponibilità di acqua è minacciata da siccità prolungate e da cambiamenti nella distribuzione spazio-temporale delle precipitazioni. Ciò può influenzare l'agricoltura, l'industria e l'approvvigionamento idrico urbano, oltre che incidere sulla capacità di soddisfacimento dei fabbisogni idrici degli ecosistemi
• PROTEZIONE DELLE INFRASTRUTTURE: le infrastrutture critiche, come strade, ponti, edifici e porti, sono vulnerabili a eventi idro-meteo-climatici e meteo-marini estremi. I relativi danni possono causare interruzioni nei trasporti, nelle comunicazioni e nei servizi essenziali
• GARANZIA DELLA STABILITÀ FINANZIARIA: gli eventi idro-meteo-climatici e meteo-marini estremi possono causare perdite economiche significative e destabilizzare i mercati finanziari.


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IL CONSUMO DEL SUOLO


Va dunque accolta con soddisfazione la constatazione che l’Europa si conferma leader mondiale nell’impegno per il clima, riducendo le emissioni di gas serra e l’uso di combustibili fossili, mentre viene raddoppiata la quota di energie rinnovabili, dal 2005. Passi significativi sono stati compiuti dai Paesi dell’Unione sulla qualità dell’aria, l’economia circolare e l’efficienza delle risorse. Ulteriori progressi sono stati raggiunti su una serie di fattori che consentono la transizione verso la sostenibilità, quali l’innovazione, il lavoro verde e la finanza sostenibile. Ovviamente, non tutto va bene: segnali di allarme arrivano innanzi tutto dai cambiamenti climatici. Qui l’Europa appare davvero sotto stress: è, infatti, il continente che si riscalda più rapidamente nell’intero pianeta. Continuano, nonostante gli sforzi, ad essere in crisi in tutti gli ecosistemi - terrestri, di acqua dolce e marini - a causa delle persistenti pressioni esercitate da modelli di produzione e consumo non sostenibili e questo si riflette anche sulla biodiversità, la cui situazione appare, in Europa, quanto meno complessa.


(L'evoluzione degli incendi boschivi)


D’altro canto, non giova il perdurante oscillare, su questi temi, della politica tra le affermazioni di principio a voler rispettare un cammino che abbia, come proprio obiettivo semplice, ma ineludibile, quello della salvaguardia della vita umana sul nostro pianeta e le tentazioni di cedere alle richieste delle più svariate categorie di rallentare, quando non addirittura cancellare, i percorsi finora definiti, nell’intento di assicurarsi vantaggi competitivi di breve periodo. Vantaggi illusori, peraltro. Basti pensare ai risultati che, sul piano ambientale, persino paesi enormi e complessi come la Cina, storicamente legati a consumi energetici in totale contrasto con la salvaguardia dell’atmosfera e che hanno basato la propria crescita caratterizzandosi come “la fabbrica del mondo” hanno dimostrato di saper raggiungere in pochi anni, grazie al fatto che i dirigenti di quel Paese-continente hanno dimostrato di far seguire i fatti alle parole. Se oggi siamo “costretti” a comperare auto elettriche cinesi, infatti, non è per qualche oscura maledizione che ci grava addosso, ma solo per la pigrizia e la timidezza con cui noi occidentali abbiamo deciso di intraprendere un percorso che, ci piaccia o no, oggi saremo lo stesso costretti a fare, di corsa e in condizioni concorrenziali peggiori.


(La biodiversità in Italia e le specie minacciate)


Ribaditi questi punti di partenza, l’occasione della presentazione dei due Rapporti è stata utile per comprendere, rispetto alla media degli Stati membri della UE, la situazione italiana. In questo quadro, nel confronto con l’Europa, il nostro Paese si presenta con numerose luci ed altrettante ombre. Per amor di verità, occorre sempre ricordare come il nostro Paese si trovi al centro di un bacino relativamente chiuso come il Mediterraneo, e che per questo, proprio a causa dell’elevata vulnerabilità dell’area, i cambiamenti climatici ci colpiscono in modo più frequente ed elevato rispetto ad altre aree del Continente. Proprio per questo, tuttavia, l’Italia necessita di misure urgenti ed efficaci per evitare i rischi sopra indicati. Le cui conseguenze, peraltro, abbiamo avuto modo di provare in modo drammatico proprio in questi ultimi due anni. Ma, venendo ai numeri, cosa ci dice il Rapporto ISPRA 2025 su come il nostro Paese si stia comportando in questa “gara a difendere” il proprio territorio ed i propri cittadini dallo stress e dai disastri ambientali che li minacciano? Del consumo di suolo abbiamo già scritto. Esso resta una pesante criticità. Nel nostro Paese, infatti, sono ormai più di 21.500 i Km 2 coperti artificialmente. Abbiamo consumato il 7,14% dell’insieme del territorio nazionale, quando la pur negativa media europea è del 4,4%.


(La crescita dell'agricoltura biologica in Italia)


Sul versante climatico, il 2024 è stato, in Italia, l’anno più caldo dal lontano 1961. I nostri ghiacciai alpini continuano a perdere massa a un ritmo sostenuto e l’innalzamento del livello del mare, pur di pochi millimetri l’anno, è continuo. Continua anche, sebbene con un andamento variabile di anno in anno, la distruzione del territorio e degli habitat ambientali dovuta agli incendi boschivi: a partire dal 2001 si è registrata una progressiva mitigazione, interrotta da tre anni di maggiore impatto: il 2007, il 2012 e il 2017. Successivamente, il 2018 ha segnato un’attenuazione del fenomeno, che è però tornato a crescere dal 2019 fino al 2021, anno di picco in cui, nel nostro paese, sono stati percorsi dal fuoco 151.964 ettari. Nel 2022, gli ettari bruciati sono stati 71.694, mentre nel 2023 ammontano a 88.806. Al 2024, in Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise, Puglia e Sardegna il valore di superficie forestale percorsa da incendio supera la media nazionale del periodo considerato.


(Il tasso di riciclaggio dei rifiuti in Italia)


Ma soprattutto quello degli incendi boschivi continua ad essere un fenomeno legato non alla natura, ma alla mano – criminale o incosciente poco importa – dell’uomo: gli incendi di origine volontaria o dolosa rappresentano oltre la metà di quelli registrati e superano il 60% in alcuni anni, come nel 2012, 2014, 2015, 2016 e 2020. Registriamo positivamente come si siano ampliate le superfici del nostro Paese sottoposte, sia pure a diversi livelli, a regimi di protezione ambientale e che possiamo vantare il complesso dei laghi e il 78% dei fiumi in stato chimico buono. Eppure, continua ad essere sotto pressione la biodiversità italiana, una delle più ricche in Europa: solo l’8% degli habitat naturali risulta in uno stato di conservazione favorevole, mentre il 28% delle specie di vertebrati e il 24% delle piante vascolari valutate sono a rischio di estinzione.

Cresce l’agricoltura biologica, che, nel 2023, interessa il 7,4% del numero di aziende agricole e il 19,8% della superficie agricola utilizzata, con un divario di soli 5,2 punti percentuali rispetto all’obiettivo dell’UE di destinare almeno il 25% dei terreni agricoli al biologico entro il 2030.


(Gli effetti dei cambiamenti climatici)


Riduciamo le emissioni di gas serra (-26,4% tra 1990 e 2023) e, peraltro, nonostante l’inquinamento atmosferico presenti un generale miglioramento avvicinandosi al rispetto dei valori limite di legge, non siamo stati ancora in grado di raggiungere pienamente i valori di riferimento OMS. Aumenta, in compenso, il consumo di energia da fonti rinnovabili, che superano il traguardo 2020 e puntano al 38,7% entro il 2030. , Ma, come l’ISPRA ha già denunciato, la scelta di privilegiare l’impianto di parchi fotovoltaici quasi esclusivamente sopra terreni agricoli contribuisce in modo decisivo all’incremento nel consumo del suolo destinato alla produzione agricola, sottraendole, ogni anno, una parte rilevante, sia a livello qualitativo che economicamente significativo, perfino di quei terreni dove si coltivano frutta ed ortaggi o si pascola il bestiame che, con la qualità dei formaggi che se ne ricavano, alimentano il nostro export agricolo e sono ambasciatori del nostro Paese sulle tavole di ogni parte del mondo.


(L'eco-innovation index)


Infine, a dimostrazione che, come scrivevamo, proteggere l’ambiente non è solo utile alla salute ed alla qualità della vita, ma è anche un affare per le finanze pubbliche, dai rapporti si ricava che le perdite economiche pro capite dovute a eventi estremi sono quintuplicate in sette anni e dal 2017 l’Italia si colloca stabilmente su livelli superiori alla media europea. C’è un settore, tuttavia, in cui siamo leader a livello europeo: nell’economia circolare, cioè nel recupero e riuso dei materiali – dalla carta alla plastica, dal legno al vetro - raggiugiamo il 20,8% nel 2023, quasi il doppio della media UE (11,8%) e ci collochiamo al secondo posto nella UE.

L'eco-innovation index è definito come l’innovazione che riduce gli impatti ambientali, aumenta la resilienza alle pressioni ambientali e promuove un utilizzo efficiente delle risorse naturali e costituisce un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione Europea legati alla transizione verde. Riguarda, dunque, lo sviluppo di beni e servizi nuovi o significativamente migliorati, capaci ridurre l'uso di risorse e sostanze pericolose lungo l'intera catena produttiva. Oltre ai benefici ambientali, l'eco-innovazione contribuisce a rafforzare l'economia e a creare posti di lavoro. Bene: i dati relativi all’anno 2024 evidenziano differenze sostanziali fra i Paesi UE, ma, con un indice di eco-innovazione pari a 150, l’Italia si colloca tra i più innovatori, superando la media europea di oltre 20 punti e registrando un progresso superiore a 39 punti rispetto al 2014.


(La qualità acque di balneazione nel 2024)


Come concludere? Certamente l’Italia, anche nel campo della protezione ambientale, si dimostra, come si dice “stretta e lunga”. Persistono infatti disuguaglianze territoriali e ritardi da colmare. Per l’economia circolare, ci sono performance di raccolta differenziata particolarmente positive in Veneto (77,7%), Emilia-Romagna (77,2%) e Sardegna (76,3%). Valle d’Aosta, Trentino e Basilicata si distinguono per l’elevato consumo di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Molto vicine al target UE per l’agricoltura biologica le regioni del Centro e del Mezzogiorno, ancora distanti quelle del Nord. Ma quello che maggiormente colpisce, ancora una volta, è la distanza tra le parole ed i fatti: anche se tutte le Regioni hanno inserito il tema dell’adattamento climatico tra le priorità della propria programmazione ambientale, sono solo sette quelle che, ad oggi, hanno approvato formalmente una Strategia Regionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Sarebbe interessante se l’ISPRA nel prossimo rapporto ci facesse conoscere quanta parte di quelle Strategie regionali sia diventata, nel frattempo, realtà concreta, provvedimenti adottati, trasformazioni realizzate.

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