VILLAGGIO
FANTOZZI
L'ITALIETTA
CHE È IN NOI

  • aloiAndrea Aloi
  • (foto nel testo di ROBERTO GATTI)
  • 30 SETTEMBRE 2023

Siamo tutti “coglionazzi”? Il “Villaggio Fantozzi” allestito il 1° ottobre a San Felice sul Panaro nella Bassa modenese, mega celebrazione dell’eterno ragioniere di Paolo Villaggio con duecento attori officianti, venti set e due hangar zeppi di scenografie, è qualcosa di più di un’imponente operazione nostalgia nel segno imitativo-ornamentale del kitsch. È un’ammissione. Negli anni Settanta - politicamente turbolenti assai - guardavamo dall'alto Ugo Fantozzi impiegato nella Megaditta come il perdente per eccellenza, si rideva (tanto e bene) delle disgrazie di un “altrui” assoluto. Oggi possiamo identificarci, di tutto cuore, con lui: sappiamo che qualsiasi sogno grande è impossibile nelle nostre vite amministrate da bollette, mutui, internet, riconoscimenti facciali, tutto in cambio di un briciolo di sicurezza.



“Sveglia e caffé/ Barba e bidet/ Presto che perdo il tram/ Se il cartellino non timbrerò” assomiglia a un destino e tante grazie che c’è un lavoro. Parentesi: a San Felice sul Panaro non mancherà il fatidico balcone con affaccio tangenziale per prendere l’autobus al volo. Ridiamoci su, raccontiamo ai bambini che Fantozzi è maschera italiana contemporanea da catalogare ormai tra le classiche. Non ha il vestito a rombi multicolori di Arlecchino, astuto ingannatore, o la gobba di Pulcinella, un posticcio volto nero e una veste candida, segni della diade allegria-morte, non ha insomma le pieghe conturbanti tipiche della nostra storia, ma veste anonimo e tiene come inchiodato alla testa il tipico spagnolin genovese, il baschetto blu. Subisce non offende. Il ragionier Ugo tranquillizza, al massimo - goffo com’è - destruttura se stesso.



Federico Mazzoli, bancario ideatore della resurrezione fantozziana nella Bassa e lo scenografo Roberto Gavioli, si sono lasciati prendere la mano, hanno molto lavorato e, si immagina, goduto altrettanto. La ripetizione di gag indelebili, dalla Coppa Cobram alla partita di calcio nel fango tra scapoli e ammogliati, al match tennistico tra le brume: “batti lei?”, rassicurano come nelle favole il bambino che è in noi, sotto il segno di un eroe paradossale, perché tale diventa e degno di perenne memoria in quanto annichilito dalla vita, oltre che protagonista di iperboli della sfiga genialmente imbandite da Villaggio. E culminanti in plateali umiliazioni (la partita a biliardo col dirigente galattico Diego Catellani - il formidabile Umberto D’Orsi - che insiste a chiamarlo “coglionazzo”, chiusa da un riscatto più unico che raro di Fantozzi), nella catastrofe fisica (l’installazione notturna della tenda nel camping, col Filini ipovedente che non dà di martello sul piolo ma sul pollice di Fantozzi che lo regge: due volte, effetto comico sublime), nell’abisso umiliante e catastrofico in un colpo solo (la non-discesa congelante con gli sci a Courmayeur e il precipizio nel paiolo di polenta con battuta di Fantozzi davanti ai ricchi, sbalorditi astanti: “L’ho fatto così, per fare uno scherzo”: un giullare che non punzecchia e si concede carnevalesca licenza, ma si trasforma in squallido buffone senza il dono dello spleen).



Non sempre con l’eterno ragioniere si ride di pancia, si ride anche amaro, è un personaggio “spesso”, quanti si saranno chiesti: io non sono così vero? Fantozzi-Fantocci - più di una volta non gli è concesso, pirandellianamente, manco un riconoscimento anagrafico - è uno dei più autentici eroi nazionali, è irriducibile a ogni globalizzazione e insieme universale perché poetico-simbolico. Soprattutto in questi anni. Il boom è finito da un pezzo, non servono più esorcismi contro la violenza politica e l’Italia, a dispetto del pensiero magico meloniano, è un’Italietta che arranca, per colpa di stipendi fermi, produttività arcaica e anche dei Fantozzi che non fanno ridere annidati in enti, Comuni e ministeri, burocretini zaloniani progrediti per anzianità e non per merito che scambiano il Pnrr per una scocciatura. Meglio giocare seriamente col Villaggio Fantozzi, San Felice sul Panaro stavolta non è andata su giornali e tv per il terremoto di undici anni fa, ha affidato a un direttore artistico, Roberto Gatti, e a un regista vero Paolo Galassi, un viaggio sentimentale dentro l’universo dei fantozzisti, mica una roba facile.



Il “Fantozzi” del ’75 diretto da Luciano Salce, regista anche de “Il secondo tragico Fantozzi” nell’anno successivo e “Fantozzi contro tutti” di Neri Parenti nell’80 sono diventati cult, contengono tutto il mondo antozziano e i film seguenti sono un di più per mungere l’afición al botteghino. Hanno dato anima e corpo agli spassosi libri dedicati all’iconico ragioniere da Villaggio (cercateli, non vi pentirete) grazie a un cast perfetto e caratteristi di alto rango dal Filini di Gigi Reder alla Pina di Liù Bosisio e Milena Vukotic e poi Anna Mazzamauro secca e nevrile Signorina Silvani (forse l’unico personaggio davvero tragico della saga), il laido geometra Calboni di Giuseppe Anatrelli, fino alla figlia bertuccia, pardon Mariangela di Plinio Fernando. Figure non replicabili, ma nella Bassa c’erano tutti, in virtù di cloni volenterosi e consapevoli che il giorno dopo si va in ufficio, a differenza dei cosplayer da manga nipponico o Star Trek, evasori seriali dalla quotidianità. Rischio di kitsch e del suo temibile parente, il trash? Lasciateli divertire, una intera comunità in gioco è comunque bel vedere.



Paolo Villaggio ha creato una maschera così forte da generare un alias, Giandomenico Fracchia, quasi un gemello altrettanto imbranato e prono ai potenti. La gag tv della infida poltrona-sacco che lo fa scivolare a terra davanti al dirigente Gianni Agus è indimenticabile, Fracchia tenterà la via del cinema, con esiti modesti, trovandosi in un’occasione alle prese con Dracula, ma siamo in ambito guittesco, la maschera fantozziana vola ben più in alto. Fantozzi è un personaggio comico potente e persistente nella memoria anche perché venato di umori satirici verso il contesto sociale, rare le sue ribellioni - indici di barlumi di consapevolezza - finite malissimo, una volta verrà condannato a far da parafulmine umano nella megaditta. Il ragionier Ugo ci offre la sua indifesa rassegnazione. È un amico buffo che non sa cosa sia la cattiveria. Averne.

Ospiti al Villaggio Fantozzi numerose Bianchine (obviously) e la figlia di Paolo, Elisabetta, per presentare il libro “Fantozzi dietro le quinte. Oltre la maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio”, edito da Baldini e Castoldi.

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