DAL TRENINO
ALLA SEICENTO
QUEL FANTASTICO
BOOM

Le cronache tramandano che nel fatidico 1958 ebbe inizio il miracolo economico, da noi soprannominato boom, così come iniziava a prendere forma il MEC (Mercato Comune Europeo). Domenico Modugno sbancava Sanremo con “Nel blu dipinto di blu” e Vladimir Nabokov dava alle stampe il suo pruriginoso “Lolita”. In totale anonimato nascevano qua e là Madonna, Michael Jackson, Andrea Bocelli e Rocco Papaleo. Nel mio piccolo (molto in piccolo) io a metà di quell’anno avrei compiuto 8 anni, passando senza colpo ferire (rispetto a ciò che accadrà in futuro) dalla seconda alla terza elementare. L’anno delle meraviglie iniziò con l’ingresso in famiglia della lavatrice, marca Ignis se non ricordo male. Sino ad allora mia madre faceva il bucato in casa e poi scendeva in Piazzetta nel negozio del signor Felice che, oltre a vendere “soda, lisciva e savun”, come canta il Poeta, possedeva un piccolo torchio per strizzare lenzuola e tovaglie, mutande e camicie. Poi il tutto veniva steso in casa perché, nella nostra modestia, non possedevamo né terrazzo, né balcone.



A ruota di pochi giorni arrivò anche il frigorifero, sempre marcato Ignis, forse perché il padron della maison Giovanni Borghi aveva frequentato da ragazzo sia l’Isola che Porta Volta dove abitavamo noi, in un quartiere che, per quanto popolare, era quasi nel centro di Milano. Il bombato frigorifero era stato collocato in un angolo della cucina e venne venerato, almeno per qualche mese, cose se fosse un altarino della Madonna, con luce autonoma alla sola apertura della porta. Aveva sostituito una vetusta ghiacciaia in legno e alluminio che, d’estate, veniva alimentata dal ghiaccio fornito dalla ditta Cella, che aveva negozio di “sciostree” (carbonaio per i forestieri) giù in Piazzetta. D’inverno, i pochi alimenti conservati, considerato che il consumo di vivande era garantito da una spesa pressoché quotidiana, venivano accomodati e opportunamente protetti sui davanzali delle finestre, che di quelle ne avevamo un certo numero.



Confesso di non essere mai stato attratto dalle prestazioni della lavatrice, mentre il frigorifero mi aveva affascinato alquanto soprattutto per la produzione infinita di ghiaccioli e per la frescura che conferiva alle bottiglie di acqua trattata con Idriz, che era una sorta di polverina misteriosa che rendeva il liquido frizzante. L’antagonista di Idriz si chiamava Idrolitina e ogni famiglia sceglieva a proprio gusto a quale polvere magica fare affidamento. Una bella lotta. Ma l’anno delle meraviglie non era ancora finito. Anzi. Un bel dì, in un enorme scatolone, un corriere ci aveva consegnato un televisore marca Telefunken che venne piazzato con solennità su un trespolo dotato di rotelle in modo da poter essere comodamente posizionato adeguatamente nell’esiguo spazio del nostro soggiorno. Prima di allora, per vedere qualche puntata di “Lascia o Raddoppia?” o di “Capitan Fracassa” (sceneggiato con un cast strepitoso “capitanato” da Arnoldo Foà con Lea Massari, Alberto Lupo, Giulia Lazzarini, Ubaldo Lay ecc.ecc.) ci si faceva volentieri invitare dalla famiglia Mariani, titolare dell’omonimo negozio di drogheria sito in Piazzetta, che almeno con apparente cortesia sembrava disponibile a fare posto anche a noi davanti al grande schermo del loro televisore, decisamente più abbondante di quello che noi avremmo poi posseduto.



Il benessere ci stava insomma invadendo. Ben inteso l’apparecchio radio, anche bello grosso, lo possedevamo da anni, così anche il telefono rigorosamente a muro, accanto al calendario di Frate Indovino. Va da sé che il telefono era in duplex, con quale famiglia non ricordo. Accadeva spesso che mia madre, che faceva la sarta, dovesse aspettare minuti prima di poter parlare con una delle sue rare clienti. E allora sottovoce imprecava per il contrattempo. A me, duplex o no, l’uso del telefono era proibito e, a dire il vero, non avrei neanche saputo a chi telefonare. Altri tempi.

Ma la meraviglia delle meraviglie doveva ancora accadere. Poco prima delle ferie estive di quel fatidico 1958 mio padre esaudì il sogno di una vita acquistando, addirittura in contanti, un’automobile 600 Fiat color panna che divenne, almeno per qualche tempo, l’orgoglio di famiglia. Per le strade di Milano e dell’Italia intera giravano già numerose automobili anche di grossa cilindrata, esistevano persino le 'fuori serie' (però non ricordo di averne mai incontrata alcuna), ma il fatto di “possedere” un’automobile propria con la quale fare gite, viaggi e scampagnate era una soddisfazione che ancora potevano togliersi solo alcuni cristiani. Mia madre, mio padre e io con la nostra 600 abbiamo scorrazzato in largo e in lungo. Esiste persino un’istantanea che ci ritrae con l’auto in riva al mare, quasi a significare che nulla era impossibile a chi possedeva un veicolo di sua proprietà.



Nell’estate del 1958 andai in colonia marina con i frati a Igea Marina, mentre nei mesi precedenti e successivi con i miei amici del palazzo avevo consumato ore e ore a giocare a tollini sui marciapiedi della Piazzetta, a 'Mago Libero' o a 'Te ghe le’ ', mentre le ragazze in cortile giocavano a 'Campana' o a 'Un due tre stella'. Altri giochi. Ma finalmente l’anno volse al termine, a Natale ricevetti un trenino elettrico e un piccolo esercito di soldatini e poi, quando l’Epifania tutte le feste portò via, l’anno era già cambiato. Però, malgrado mi sforzi di ricordare, non mi è mai più capitato un anno così fantastico come il 1958.

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