MINIASSEGNI, CRIPTOVALUTA
ALL'ITALIANA

Fintantoché circolava ancora il noto film, chi era vicino ai settant’anni veniva visto come “giurassico.” Da un po' di tempo a questa parte, invece, noi anziani o quasi siamo stati nobilitati e anziché giurassici siamo ora “vintage.”

Ebbene, vintage sia! Ed è curioso che molti degli oggetti dei nostri tempi vanno oggi per la maggiore. Borsa “vintage”, giubbotto “vintage”, mobilio “vintage”. Ma, scusate l’ovvietà, “che ne sanno i ragazzi di oggi”!

Ma per quanto, indossando un capo di allora, ci si possa credere di aver fatto un passo indietro nel tempo, una cosa che i giovani di oggi non potranno mai rivivere e nemmeno immaginare sono i miniassegni.

E quale sopravvissuto agli anni ’70 non se li ricorda?


(Miniassegni)


Come tante cose di quel decennio, il miniassegno è stata una molteplice follia.

Intanto perché non c’è (ancora) una motivazione ufficiale del perché all'epoca la Zecca di Stato non sia stata in grado di fornire al paese le monete necessarie. Gli spiccioli per intendersi.

C’è chi è convinto che le monete presero la strada del Giappone e furono usate nella fabbricazione di orologi. Nulla di vero.

Altri sono convinti che allo Stato la fabbricazione delle monete costasse di più del valore delle stesse monete prodotte, per cui non aveva senso produrle. Ancora nulla di vero.

La convinzione più diffusa, e forse la più semplice, è che la Zecca non è stata in grado di farlo. Punto e basta. Sappiamo che questo è il paese dei dogmi, e, quindi prendiamolo come tale.

Ma la mancanza di monete in circolazione ha avuto effetti impensabili che abbiamo rivissuto in parte nel passaggio dalla vecchia Lira all’Euro. Ad esempio, l’effetto al rialzo dei prezzi causato dagli arrotondamenti che i commercianti imponevano pur di evitare di dover dare il resto.


(Vecchie lire, monete)


Un altro effetto inaspettato è stato l’aumento delle vendite di caramelle, usate come moneta di scambio al posto del resto. Peccato che la stessa caramella poteva valere 5 lire in un bar e 10 in un altro. Ma peccato: il commerciante, che si sentiva legittimato a dare una caramella di resto, non accettava che lo stesso cliente lo pagasse con le stesse caramelle!

E siccome la creatività italiana è proverbiale, oltre alle caramelle si arrivò anche all’uso del gettone telefonico dal valore di 50 Lire, perché tanto costava a chi volesse usare il telefono pubblico.

La follia, quindi, vedeva un paese che pur avendo una sua moneta, la Lira, suddivisa in tagli dalle 5 Lire in metallo fino alle 100.000 Lire di carta, accettava che per i pagamenti si potessero usare anche caramelle (frizzanti al limone e all’arancia, alla menta, le gustose “Rossana”), gomme da masticare oppure gettoni telefonici, se si riuscivano a trovare.


(Macchinari della Zecca)


E sì, perché anche i gettoni furono al centro di uno scandalo quando trapelò la notizia di un possibile aumento del costo del gettone per le telefonate da 50 a 200 Lire. All’improvviso sparirono dalla circolazione anche i gettoni, che però miracolosamente riapparvero appena fu ufficializzato l’aumento.

Una follia nella follia.

Non contenti però, si insisteva.

Giacché la Zecca di Stato non riusciva a venire a capo del problema, ecco che oltre 800 banche, tra cui Casse Rurali, Cooperative, Casse di Risparmio, le famose “BIN” e altre ancora, intervennero ed emisero assegni circolari propri. E per risparmiare sui costi usarono una carta di pessima qualità e ridussero le misure a un formato quasi da tessera, donde l’appellativo “miniassegno”.

Sembrava di stare agli albori dello sviluppo della civiltà, al passaggio dall’economia del baratto ad una su base monetaria. Ma c’era anche della teoria dietro la soluzione trovata.


(Miniassegni, dal sito della Banca Sella)


Da tempo, l’emissione di moneta è demandata unicamente alle banche centrali, per cui nessun’altra banca può emettere un mezzo di pagamento “ufficiale”. L’unica possibilità è l’uso di assegni tratti sulla banca emittente che sono incassabili su presentazione. È così che si pagava allora.

Nel caso dei miniassegni, le banche avevano di fatto emesso dei propri mini-assegni, uguali a quelli usati dalla propria clientela per fare i loro pagamenti, e avendo avuto l’accortezza di provvedere alla “girata”, ogni mini-assegno diveniva al portatore e, pertanto, poteva essere usato per pagamenti, anche ripetuti. Gli unici che dovevano fare fronte al valore monetario del miniassegno erano le banche emittenti. In altre parole, chi si fosse presentato alla banca con una pila di miniassegni aveva il diritto di esigere la conversione in Lire. Ma presentandoli solo a quella banca.

La trovata, per quanto efficace, non fu esente da polemiche e nemmeno da qualche truffa. Si riuscivano a falsificre banconote munite di filigrana, figuriamoci dei miniassegni! E così qualcuno “se lo prese in saccoccia!” E probabilmente quei miniassegni senza valore sono rimasti lì.


(Miniassegni)


Ci vollero due-tre anni per superare il problema, le monete tornarono in circolazione e i miniassegni scomparvero per sempre.

Domenica prossima mi recherò a uno di quei mercati vintage specializzati in mobili, abbigliamento, musica, strumenti e apparecchiature anni ’70. Non vedo l’ora di provarmi un capo d’abbigliamento di allora, magari un “Eskimo”, e andare a frugare nelle tasche. Probabilmente troverò cartine di caramelle effervescenti, una Rossana, qualche moneta da 5, 10, 50 o 100 Lire, qualche gettone telefonico, un rotolo di miniassegni di almeno sei o sette banche diverse, ognuno talmente consumato da non poter nemmeno leggere il valore nominale.

Eppure, in quegli anni, andavamo in giro così.

Senza saperlo, avevamo già una criptovaluta. O era una valuta criptica?

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