CALVARI DI BRETAGNA, LEGGI LA PRIMA PUNTATA
Dopo il complesso parrocchiale di Guimiliau proseguo nella visita ai Calvari di Bretagna e mi dirigo verso Plougastel-Daoulas. Quest’ultimo sito, classificato come monumento nazionale e protetto fin dal 1889, è situato nel comune francese che porta lo stesso nome ed è stato realizzato tra il 1602 e il 1604, proprio di fronte alla Chiesa di San Pietro (1870). Il complesso parrocchiale è andato distrutto ma resta lo straordinario calvario composto da circa 182 figure, che venne eretto come ringraziamento da parte della popolazione locale per essere sopravvissuti all'epidemia di peste del 1598. Il suo nome, non a caso, si traduce con Croce della Peste.

Secondo la leggenda, sarebbe il frutto di un voto fatto dal signore di Kereraod, che avrebbe promesso di erigere un monumentale calvario se fosse stato l'ultimo a sopravvivere all'epidemia. Sopravvissero in buon numero alla pestilenza, ma il calvario ha continuato a subire danni anche sotto la Rivoluzione francese, durante l'epoca del Terrore, (fu restaurato nel diciannovesimo secolo), e ancora nell’agosto 1944, quando venne bombardato. La chiesa di San Pietro, nata in sostituzione di una struttura del XVII secolo, fu ridotta in rovina, il calvario subì danni minori e furono gli stessi americani, in particolare, grazie all'interesse di un soldato di nome John Davis Skilton, ad occuparsi del restauro del monumento. Insieme con Guimiliau, Thegonnec e pochi altri, è una meta imperdibile per chi voglia scoprire arte, storia e cultura collegate al territorio della Bretagna.

Il calvario, alto dieci metri, disposto su due livelli, si erge su uno zoccolo in pietra gialla locale di forma ottagonale, con quattro contrafforti ad arco che ospitano le statue dei quattro evangelisti. Si compone di 182 statue scolpite in kersantite, divise in 28 scene che raffigurano momenti della Vita di Cristo ed è sormontato da tre croci, con Gesù affiancato dai due ladroni. Sotto la croce sono visibili le date 1602 e 1604. Tra le scene raffigurate, vi sono la Natività, la Fuga in Egitto, l'entrata trionfale di Cristo a Gerusalemme, l'Ultima Cena, la Lavanda dei Piedi. Il disegno è grandioso e dettagliato. La scena "originale" di questo calvario è quella che raffigura il matrimonio tra Maria e Giuseppe. Altre scene degne di nota sono l'invocazione di San Rocco e San Sebastiano – santi venerati per la protezione contro le malattie - contro la peste e (come nel calvario di Guimiliau) il viaggio agli Inferi di "Caterina la perduta", scena che testimonia le influenze culturali locali.

La facciata Occidentale è più grande delle altre e particolarmente maestosa, dominata dalla figura del Cristo morto. Anche qui, le figure sono animate, solenni e drammatiche, l’attenzione dell’artista va ai dettagli, ai gesti espressivi e alla interazione tra le figure stesse. Sulla facciata meridionale si svolge una commovente rappresentazione del Cammino della Croce, l’ascesa di Cristo al Golgota. Sulla facciata orientale, ricca di simbolismo, l’attenzione si sposta verso l’Annunciazione, la Natività, la Passione e culmina nella rappresentazione della crocifissione e resurrezione di Cristo. Anche questo calvario è assai più di un monumento religioso, storico e artistico; è piuttosto la testimonianza dello spirito di un popolo, forte e creativo.
Anche il bellissimo complesso di Lampaul-Guimiliau è, insieme alla chiesa, un monumento storico. Risale per lo più alla seconda metà del ‘600, anche se i vari edifici corrispondono a epoche diverse. Mancando il recinto in pietra, non ha l’aspetto tipico degli enclos già visti. C’è una porta di accesso monumentale che marca la separazione tra lo spazio religioso e quello profano. Interessante l’ossario con la sua bella porta in legno scolpita che porta l’iscrizione “memento mori” e contiene una pala del Cristo risorto. A sinistra e a destra della immagine ci sono San Sebastiano e San Rocco, i santi protettori da malattie e pestilenze. Nell’ossario c’era anche una bella deposizione in pietra del 1676, che ora si può osservare nella chiesa. L’ampio portico (1533) in stile gotico è finemente scolpito con le statue degli evangelisti del XVI secolo. Il campanile, costruito quaranta anni dopo il portico, era uno dei più alti del Finistere e deve la sua forma tronca a un fulmine che ne distrusse la guglia nel 1809. Una sacrestia è stata aggiunta alla chiesa solo nel 1679 per essere utilizzata come sala di incontri e riunioni e custodia del tesoro.

La chiesa, la parte più interessante in assoluto, è ricchissima di opere, dalle sculture alle pale d’altare che sembrano veri e propri libri illustrati, ai bassorilievi, alle colonne, al pulpito e agli stalli del coro, al fonte battesimale, all’organo e alle acquasantiere. È famosa per la sua “poutre de gloire”, una trave trasversale fissata in alto, che separa la navata dall’altare, con un fregio policromo scolpito su tre lati, sulla quale c’è un crocefisso attorniato dalle statue della Vergine Maria e di San Giovanni. Senza dimenticare la Deposizione (1676-1682) pieno periodo barocco, di Antoine Chavagnac, scolpita in pietra policroma, che raccoglie attorno al corpo del Cristo varie figure: Giuseppe d'Arimatea , Nicodemo, Gamaliel, la Vergine Maria, San Giovanni, Maria Maddalena , Maria (madre di Giacomo) e Salomé. Il calvario del XVI secolo è molto sobrio, una semplice croce che sormonta una colonna con basamento, e rappresenta Cristo tra i due ladroni. Alla base della croce due angeli raccolgono il sangue del Cristo. Sulla faccia opposta del calvario c’è una Pietà restaurata nel 1993.

Un altro complesso parrocchiale ben conservato, ricco e molto famoso è quello di Saint Thégonnec, l’ultimo da me visitato nel Finistere. È stato realizzato in gran parte in stile gotico e rinascimentale tra la fine del XVI secolo e il XVIII secolo. Considerato da molti “l’enclos” più completo, testimone di una passata opulenza, poiché all’epoca era la parrocchia più ricca grazie ai proventi del commercio del lino. La prima cosa che si nota è il maestoso arco del 1580, non un semplice cancello ma un vero e proprio ingresso trionfale. È anche l’elemento più antico del complesso e rappresenta pure uno dei primi esempi di questo genere di ornamento per cimiteri. In stile rinascimentale, è formato da quattro piloni decorati da sculture cubiche raffiguranti delle lanterne sovrapposte. La chiesa di Notre Dame dedicata a Maria fu eretta a partire dal 1563, ma della costruzione originale rimane ben poco perché nel 1998 l'edificio fu seriamente danneggiato da un incendio.

Il calvario è del 1610, ed è considerato il migliore quanto a tecnica di lavorazione del granito, con personaggi particolarmente realistici. Oltre le scene religiose qui sono rappresentati anche Saint Thégonnec, nel momento in cui attacca il lupo al proprio carro, e Re Enrico IV sotto le sembianze di un boia. La splendida cappella funeraria, o ossario – 1676/1682 – costruita dall’architetto Jean Le Bescont è in stile rinascimentale; le ossa riesumate dal cimitero venivano qui deposte. Era lo spazio sacro che introduceva alla dimensione della morte prima di reinserirsi nel mondo profano. Custodisce una bellissima deposizione del 1699, in legno di quercia intagliato e policromo fatta da Jacques Lespagnol, uno scultore di Morlaix. Il corpo del Cristo, raffigurato mentre viene preparato per la sepoltura, è circondato da diverse figure a grandezza naturale. Le donne in primo piano: Maria Salomé e Maria Maddalena inginocchiate ai piedi del corpo. In piedi, Nicodemo, Santa Veronica con il velo, la Vergine Maria, san Giovanni Evangelista, un angelo con un calice e Giuseppe d’Arimatea. È un eccellente esempio di barocco bretone ed è considerato uno dei capolavori della scultura religiosa bretone del tardo XVII secolo per la cura dei dettagli policromi, per la forte espressività dei personaggi e la commossa rappresentazione del lutto.

Al termine di questo percorso artistico-storico-religioso, non posso fare a meno di ricordare un episodio che, molti anni fa, restò famoso nell’ambiante romano tra circoli e ambasciate. Durante un ricevimento, a un importante prelato venne presentata una signora assai bella, con una generosa scollatura sulla quale figurava un crocifisso d’oro notevole per dimensioni e bellezza. La signora incontrando il prelato con un breve inchino disse “Monsignore guardi che magnifica croce fatta a mano dall’artista …. etc” e il Monsignore guardando croce e scollatura rispose con un garbato sorriso “… Vedo vedo, magnifica croce e che calvario ...”
(2. FINE)