Riprendo il percorso dei fari dall’isola di Brehat lungo il paesaggio costiero bretone, tra lagune e formazioni rocciose erose da venti e piogge, è come un caos granitico da cui emergono forme fantastiche alle quali fatti e leggende hanno dato un nome. Affascinanti icone che non hanno solo la funzione pratica di guidare le navi nelle acque burrascose della Manica e dell’Atlantico, ma sono simboli della resistenza e del coraggio.

Tornando al granito, rosa nella fattispecie, merita attenzione il percorso lungo il litorale e i sentieri del comune di Perros Guirec, una penisola che si protende in mare, località famosa con una marina affollata, alcuni chilometri di spiagge che si alternano con imponenti scogliere quasi irreali. Vale una visita la chiesa di Saint-Jacques, una delle rare testimonianze di architettura romanica in Bretagna. Dal porto si parte per una piacevole escursione all’arcipelago delle 7 isole, una delle riserve ornitologiche più importanti di Francia. Il quartiere di Perros-Guirec, Ploumanac’h, antico villaggio di pescatori (oggi non più), offre al visitatore una vista onirica, con le sue scogliere alte fino a venti metri e vecchie di 300 milioni di anni. Un sito naturale di eccezionale bellezza.
È tempo di tornare ai fari. Uno è qui a Ploumanac’h, conosciuto anche come il faro di Mean Ruz, costruito nel 1948 sulla omonima roccia, al posto di una struttura preesistente costruita a metà Ottocento. Lo si raggiunge con una passeggiata lungo il Sentiero dei Doganieri. Pure il faro è in granito rosa, alto 26 metri e con una portata di 11 miglia marine. Anche in questo caso fu presentata una petizione nel 1856 per ottenerne la costruzione, venne terminato nel 1860. È lecito pensare che, a giustificare le varie petizioni presentate nell’Ottocento per costruire fari lungo le coste bretoni, le acque dell’oceano dovevano essere teatro di ripetuti naufragi e disseminate, ahimè, di relitti.
È una buona idea visitare Tregastel, un piccolo comune sul mare. A parte le spiagge, i club nautici e le passeggiate nel borgo, ci sono vari monumenti megalitici: menhir e dolmen, il castello dell'isola di Costaérès, un Mulino a marea, la chiesa medievale di Sant'Anna e l'isola Renote, collegata da un istmo sabbioso alla terraferma, diventata una penisola. Da visitare rigorosamente a piedi, un’ora o poco più, Renote si presenta con enormi blocchi di granito, brughiere e pini, spiagge e magnifiche vedute del mare aperto.
A parte i fari, prima di rimettersi in caccia, va detto che la Bretagna offre molto altro. Per esempio, a breve distanza da Tregastel, c’è il Menhir di St-Uzec situato nel villaggio omonimo e nei pressi di Penvern: menhir eretto probabilmente tra il 4.000 e il 2.500 a.C. fu trasformato intorno al 1674, attraverso sculture del gesuita Julien Maunoir (l'Apostolo della Bretagna), in un monumento cristiano (segnatamente in un calvario), come voleva l'usanza dei primi Celti cristianizzati, ripresa nella regione dopo la metà del XVII secolo, quando finì l'epoca dei grandi calvari costruiti nei recinti parrocchiali per ricordare al popolo il potere della fede.

Tornando a guardare verso il mare è necessaria una breve annotazione sull’isoletta di Aval, o Avalon, così vicina alla costa da poter essere raggiunta a piedi durante la bassa marea. I paesaggi sono sempre caratterizzati da scogliere di granito rosa, spiagge sabbiose e una ricca biodiversità.
Ma Avalon è anche luogo di leggende legate al mito di re Artù; Aval è fra i molti luoghi in cui è stato 'individuato' il sepolcro del re, che fu trasportato su una barca guidata dalla sorellastra, la Fata Morgana. Artù riposerebbe sull'isola in attesa di tornare nel mondo quando questo ne sentirà nuovamente il bisogno. Il nome di Aval è legato probabilmente alla fertilità della terra, secondo alcuni significherebbe "isola delle mele" (gallese Afal, bretone Aval): la mela, nella tradizione druidica, è un frutto connesso all'Altro Mondo ed Avalon è considerata appunto la sede dell'Altro Mondo. Secondo altre leggende Avalon sarebbe stata visitata da Cristo e da e Giuseppe di Arimatea che vi si rifugiò, dopo aver raccolto il sangue di Gesù in una coppa di legno il Sacro Graal. Qui avrebbe, sempre secondo la leggenda, anche fondato la prima chiesa della Britannia.
Accanto all’isoletta di Aval, verso ovest, c’è l’Isola Grande, dicono assai bella e alla quale dedicare, se possibile, qualche ora per passeggiare e scoprire una bella natura. Prima di raggiungere Roscoff, per chi abbia tempo per vagabondare tra terra e mare, promontori e isolette, nella baia di Morlaix (Finistere) c’è un isolotto roccioso al largo della città di Plouezoc’h, sul quale sorge una torre quadrata alta circa quindici metri, il faro dell’Ile Noir costruito a metà dell’Ottocento per fornire ai naviganti l’allineamento dell’ingresso nella baia di Morlaix.

Si giunge poi a Roscoff – il Finistere è “patria” di fari – una città di carattere, una volta terra di corsari, con un porto animato e dedicato alla pesca del granchio e un centro ricco di storia e di edifici pregevoli dalle facciate in granito, dove una volta vivevano gli armatori, corsari essi stessi. Covo di attività illegali di importazione, Roscoff era il principale porto di contrabbando con l’Inghilterra. Nel centro storico vale una visita la chiesa di Notre Dame de Croaz Batz in stile gotico del 1500. Curiosità: il prodotto tradizionale di Roscoff è la cipolla, qui venduta da qualche secolo e alla quale è stato dedicato anche un Museo nella Maison des Johnnies. Da non perdere una visita al Giardino Botanico vasto, lussureggiante e dai colori incredibili. Conta circa 3000 specie di piante esotiche subtropicali e una serra di piante grasse e cactus.

Ed ecco il faro di Roscoff, vicino all’ufficio del Turismo, alto 25 metri, un centinaio di gradini, “nato” nei primi anni del Novecento e quasi subito automatizzato nel 1934, visitabile. A breve distanza c’è la piccola isola di Batz, nemmeno 500 abitanti, tutti agricoltori e pescatori. La dimensione ridotta di questi centri abitati e la tranquillità che si respira ne fanno luoghi a dimensione umana: senza folla né caos. Natura, mare e maree sono gli elementi dominanti ed è l’uomo a doversi adeguare. Quando la marea è bassa e le barche si rovesciano sul fianco, l’isola dista solo 200 metri da Roscoff, con l’alta marea la distanza aumenta fino a 1.5 chilometri. Qui c’è la scuola, una chiesa e i servizi necessari e c’è anche il faro dell’isola di Batz classificato monumento storico. Alto oltre 20 metri, offre una splendida vista dall’alto e anche un Museo con notizie sulla vita locale dell’isola. Un’altra curiosità: la cosa più importante che viene pescata intorno all’isola sono le alghe, un elemento naturale, presente in gran quantità e trasportato dalle maree, utilizzato in abbondanza come fertilizzante per i campi dell’isola e della terraferma. Merita infine una visita il Giardino George Delaselle, nato all’inizio del 900 su iniziativa di un appassionato botanico e che, grazie al particolare microclima dell’isola, conserva diverse specie di piante esotiche.
Seguiamo il tratto costiero di Brignogan tra spiagge e rocce di granito, un panorama mutevole e un mare che cambia colore tra sole e nubi. Siamo diretti alla Punta di Beg-Pol a vedere il caratteristico faro di Pontusval, immerso nella vegetazione, edificato nel 1869 per ovviare ai molti naufragi della zona. Alto 14 metri, ha solo 50 gradini, non è visitabile e fa parte dei monumenti storici di Francia. Fino al 2003 il suo guardiano è stata Marie Paule Le Gwen che vive ancora nella casa accanto al faro.

Si va verso il comune di Plouguerneau – sono forse una ventina di chilometri - seguendo una costa fatta di punte, scogliere e anse, per ammirare il gigantesco faro de l’Ile Vierge, il più alto d’Europa e forse del mondo, a 1.5 chilometri dalla costa e dalla punta di Castellac’h. L’isola è raggiungibile in barca o a piedi in bassa marea. È emozionante e impressionante salire i 365 gradini di una scala a chiocciola tra pareti azzurre, per raggiungere la lanterna posta a 82.5 metri di altezza e godere di un incomparabile panorama sulla terra e sulle acque degli Abers. Tipiche del Finistere, si tratta di profonde insenature della costa nelle quali l’oceano penetra, soggette alle maree, con isolotti e rocce che proteggono le imboccature. Un paradiso incontaminato dove mare e fiume si confondono e dove viene custodito un patrimonio culturale e ambientale come l’ostricoltura. Quando c’è bassa marea le terre si trasformano in una distesa di limo popolata dagli uccelli. Per saperne di più, si può visitare il Museo delle Alghe di Plouguerneau.
Mi pare inutile raccomandare molteplici degustazioni di ostriche ben nutrite dalle acque di mare e di fiume, plancton e altro, più e meno salate. Oggi esistono forse una decina di aziende che, tra l’Aber Benoit e l’Aber Wrac’h, continuano la tradizione ostricola.

Con mezz’ora di macchina si raggiunge un arcipelago di scogli e isolotti tra i quali si riconosce la Casa Faro di Wrac’h, posta su un’isola raggiungibile anch'essa a piedi con la bassa marea. Alto solo 20 metri, è stato costruito, come la maggior parte dei fari, nel 1845 e automatizzato nel 1993. La peculiarità è che all’isola di Wrac’h viene attribuita una importanza druidica, secondo la tradizione celtica, e il faro è il simbolo del sole. Mentre Wrac’h in bretone significa “vecchia signora” e a questa figura si associa quella di una dea nella iconografia pagana e di una fata nel medioevo. Nel periodo cristiano la “vecchia signora” diventa una strega.
Il Finistere non ospita solamente un grande numero di fari ma anche diversi siti archeologici, menhir e megaliti che risalgono al neolitico, una terra interessante da percorrere con curiosità.
In un’ora di macchina si raggiunge il faro di Four, allineato con il faro di Trezien e il faro di Kermorvan lungo la linea della costa. Al largo, non distante l’isola di Ouessant, che di fari ne ospita almeno quattro.

Una piattaforma rocciosa molto alta ospita il faro di Four, spesso coperto da onde e spruzzi giganteschi. Alto 28 metri, ha 5 piani al suo interno. La costruzione è stata molto difficoltosa ed è durata dal 1869 al 1874. Nal 1899 la luce della lanterna è stata colpita da un fulmine con danni piuttosto gravi. Il Faro di Four è letteralmente uno “spartiacque” tra la Manica e l’Atlantico.
A breve distanza il faro di Trezien a 500 metri dalla costa, alto 37 metri e con 182 gradini che attendono gente di buona volontà che, alla sommità della lanterna, sarà ricompensata da una vista superba sulle isole Molene e Ouessant. Il faro è assai potente e arriva a oltre 30 chilometri. Una particolarità: è dall’interno delle terre che guida le imbarcazioni attraverso lo Chenal du Four.
Scendendo verso sud si incontra la bella cittadina costiera di Le Conquet, separata da un canale dalla penisola di Kermorvan dove si erge un massiccio faro quadrato. Il faro di Kermorvan è in funzione dal 1849, alto poco più di 20 metri, è visitabile ed è costruito su una roccia collegata da un ponte al promontorio. È il faro più occidentale di Francia tra i fari di terraferma.
Al largo di questo tratto di costa c’è la grande isola di Ouessant, alla fine del mondo. Di una bellezza selvaggia, brulla, battuta dai venti e dalle onde, è una proprietà del mare. È l’ultimo avamposto francese prima dell’Atlantico aperto. Niente turismo e pochi abitanti, si gira a piedi e in bici, poche auto; la natura è signora indiscussa dei luoghi: rumore delle onde e del vento mentre una luce mutevole cambia il colore del mare. Tra la brughiera e le scogliere ci sono anche spiagge sassose ma i bagnanti sono pochi.
È chiamata anche “l’isola dei fari e delle vedove” per l’alto numero di naufragi e di perdite tra marinai e pescatori che lasciavano ampie comunità in prevalenza di donne. È patrimonio naturale protetto e fa parte del Parco Naturale Marino di Iroise
I suoi fari sono leggendari, alcuni tra i più famosi e potenti al mondo: due sono situati sull’isola (Creac’h, Stiff,) e tre sono in mare, assai vicini all’isola (La Jument, Nividic e Kereon). Il decano è il faro di Stiff, in funzione dal 1700, un’opera firmata dal grande architetto Vauban. Due torri, una con la lanterna e l’altra con le scale. A 90 metri affacciato sulle onde è il più antico faro bretone ancora in attività. C’è un ottimo museo da non perdere e, nelle case dei guardiani, una interessante esposizione sull’ape nera bretone! Assai importante è l’altro faro di Creac’h, uno dei più potenti, il suo fascio di luce è visibile fino a 60 chilometri di distanza. Ospita un magnifico museo dedicato ai fari e alla segnaletica marittima, con circa 800 oggetti, foto e video che ripercorrono tre secoli di progresso tecnico. Preziose testimonianze.

Il faro di Kereon, imponente ed elegante con interni in legno pregiato, è l’ultimo faro abitato costruito in mare aperto. Venne iniziata la costruzione nel 1907 tra mille difficoltà, perché avveniva nel braccio di mare che divide le isole dalla terraferma, e dove ci sono correnti fortissime. Nel 1910, grazie a una donazione della nipote di Charles-Marie Le Dall de Kereon (ufficiale della Marina Francese ghigliottinato nel 1794) il progetto venne modificato e la base ingrandita. Si spiega così il nome del faro. Entrato in servizio nel 1916, è l’ultimo “faro monumento” costruito in Francia, uno degli ultimi ad essere automatizzato mentre l’ultimo guardiano lo lasciava nel 2004 disabitato. Anche il faro di Nividic è offshore e costruito su una roccia al largo della Punta di Pern. Il faro come il luogo sono “nati” per combattere la nebbia presente nella zona che il vicino faro di Creac’h non riusciva a dissipare. Lavori iniziati nel 1912 e terminati nel 1936 per vari incidenti e per le (sempre) avverse condizioni del mare. Oggi il faro è alimentato da pannelli solari. Ed infine c’è il faro de la Jument, costruito in uno dei luoghi più pericolosi della costa e teatro di molte tragedie, famoso per una celebre fotografia che ritrae il guardiano mentre una gigantesca onda si infrange sul faro.

Ci attende ancora qualche faro importante sulla costa. A 4 chilometri dalla città di Le Conquet, c’è il faro di Saint Mathieu, uno dei più fotografati del Finistere, con una struttura che spicca sul promontorio per il suo colore bianco, con i suoi 37 metri e 163 gradini. Si erge proprio accanto ai ruderi di un antico complesso benedettino del 1150. L’Abbazia nel passato sembra avesse un ruolo importante, per i naviganti soprattutto, perché i monaci erano addetti a custodire una torre del fuoco che sorgeva vicino al complesso, ma questa è notizia non verificata e riportata localmente. È piuttosto vero che un punto di riferimento per le navi sia stato, per lungo tempo, il campanile luminoso della Abbazia. I religiosi nel tempo hanno gradualmente abbandonato i luoghi ed è stato necessario costruire un faro. Anche sulla data ci sono voci discordanti. Si parla addirittura del 1692, o forse, più credibile, il 1835. Sulla potenza luminosa, che indica alle navi la profonda gola di mare verso Brest, non ci sono dubbi: 55 chilometri di distanza. Luogo spettacolare, circondato dai ruderi, dalle nebbie, battuto dal vento… una sentinella alla fine del mondo.

Resta ancora il faro del Petit Minou alla entrata della rada di Brest. Una vedetta piantata lì dalla metà dell’Ottocento con i suoi 26 metri di pietra, che si erge sul mare alla fine di una lunga gettata a zig zag per proteggere lo stretto braccio di mare che collega la baia con l’oceano Atlantico. È possibile fare una escursione in barca e ammirarlo dal mare, avendo cura di verificare le previsioni del tempo… Per raggiungerlo via terra si passa attraverso il forte realizzato dall’architetto Vauban. La costruzione del faro venne iniziata nel 1848 circa e fu terminata dopo nove anni.
Qui le anse e le baie sono ampie e profonde, ma è una occasione per scoprire costa e territori interni. Superato il promontorio di Crozon ricco di spiagge e di un Museo della Memoria, si raggiunge Pointe du Raz e il Faro, costruito tra il 1882 e il 1887 su uno scoglio piuttosto impervio quanto la posizione del faro stesso, a poco più di un chilometro dalla Pointe du Raz, il promontorio più occidentale della Francia continentale. Tra venti e onde alte era un luogo drammatico per le atmosfere, difficile per i lavori e poco accogliente per i guardiani che non volevano vivere lì. Alto 27 metri, il fascio di luce della lanterna raggiungeva i 33 chilometri per avvisare le navi dello stretto passaggio del Raz de Sein attraversato da forti correnti. È chiamato anche Faro de la Vielle e non può mancare la leggenda. Si dice che a breve distanza ci fosse una grande roccia chiamata dai marinai “la Vieille”, in francese “la vecchia”. Il mare battendo contro di essa produceva suoni cupi e gutturali come il respiro di una vecchia donna… Fari gotici, storie maledette, leggende… ma restando nella realtà, la Pointe du Raz e i suoi fari sono classificati come Grand Site de France per l’eccezionale bellezza naturale e per i tramonti spettacolari.

Proprio di fronte, a sorvegliare lo strettissimo braccio di mare, uno dei più pericolosi dell’Atlantico europeo pieno di scogli e correnti, sulla Ile de Sein piatta e bassa, una lingua di terra di 2 chilometri, sorge tutto bianco il Faro de la Ile de Sein, costruito tra il 1848 e il 1855, si alza fino a 52 metri e il fascio di luce arriva a 50 chilometri. Pesantemente danneggiato durante la Seconda guerra mondiale, è stato ricostruito nel 1951.
Seguendo la costa verso sud, si apre ampia e lunga la baia di Audierne, tutta spiagge, gite in barca, qualche insenatura rocciosa, ristoranti e B&B e con un considerevole numero di turisti. Al fondo della baia, alla Punta di Penmarc’h c’è il bel faro di Eckmuhl, fine XIX secolo, con ponte di osservazione in cima tra i più alti del mondo, 65 metri, e una portata di luce di 50 chilometri. Il nome è un omaggio alla vittoria del generale francese Louis Nicolas Davout principe di Eckmuhl, titolo conferito dopo la battaglia di Eckmuhl in Baviera nel 1809 contro gli austriaci. La figlia lasciò una sostanziosa eredità perché venisse costruito un faro che portasse il titolo del padre. Il faro è molto particolare, e non solo per i 307 gradini, ma per la bella scala a chiocciola e gli interni in marmo e legni pregiati.

Si chiude questa lunga passeggiata tra i fari, le coste, i villaggi e le leggende che circondano le affascinanti sentinelle di pietra, spesso accompagnate dagli spiriti di uomini e donne periti tra le onde. Si dice che ogni volta che veniva accesa la luce di un nuovo faro nato a salvaguardia di vite umane, gli spiriti, finalmente acquietati, scomparissero per sempre.