FLUSH, VITA DA CANE
PER EDUCARE
IL MONDO

Liberamente ispirato a Flush – biografia di un cane, di Virginia Woolf, è di scena alle Manifatture Teatrali Milanesi-Teatro Litta fino al 26 ottobre uno spettacolo di Rossella Rapisarda, Fabrizio Visconti e Michela Marelli (regia e disegno luci di Fabrizio Visconti, con Rossella Rapisarda e Antonio Rosti). Regia d’atmosfera, che traspone ai tempi della neopresidenza americana di Roosevelt l’inizio dello spettacolo, una sorta di teatro nel teatro, con la voglia di creare uno spettacolo modernista, accompagnato anche dalla musica del tempo. Se l’inizio ha il sapore del café chantant o del teatro canzone, poi assume una connotazione politica fino a intrecciare la scrittura di Virginia Woolf a quella della poesia di Elisabeth Barrett per sovrapporsi infine a quella di Antigone, come simboli di femminilità ribelli. Sono figure che testimoniano il coraggio dello spirito contro le leggi.



L’avvio e quasi l’escamotage alla fine della pièce è il racconto di Flush, un divertissement in cui Virginia Woolf traccia la biografia di un cocker spaniel, Flush per l'appunto, che conduce le sue giornate al fianco della poetessa Elisabeth Barrett. Non un cane qualunque, quindi, ma il cane di una donna che scrive - cosa allora inusuale - e che si interroga, come Woolf, sul grande silenzio femminile nella storia della letteratura, sull'identità, sul senso profondo della vita. Il testo, scritto da Woolf all’indomani dello sforzo compositivo non indifferente per la scrittura de Le Onde, porta alle estreme conseguenze quel non detto, seppur espresso in modo poderoso grazie all’arguzia della scrittura. Sarà un inaspettato successo, con 19mila copie vendute e una traduzione in italiano come si annuncia sulla scena. Il dialogo è tra le parole, i silenzi e i gesti che uniscono e dividono cani e umani, un nuovo linguaggio che arriva da uno sguardo differente sul mondo: due vite così lontane eppure quasi simbiotiche perché Londra è pericolosa e Flush è costretto a uscire al guinzaglio con la cameriera raramente, mentre passa le sue giornate a casa, senza aria e senza libertà, in più con il rischio di essere rapito per ricattare la padrona.

Alla Barrett questo accadde ben tre volte, in un tempo in cui i malviventi si nascondevano sotto le carrozze delle ragazze. In qualche modo l’anelito di Flush alla libertà è lo stesso di quello di una donna nella società londinese di allora, che trovava già molto difficile poter firmare un’opera. Quanto al libro l’idea non è tanto di raccontare le peripezie di un cane quanto di affermare la possibilità che una donna scrivesse una biografia, genere tradizionalmente affidato a scrittori uomini, sfidando, per ciò stesso, le leggi non scritte del patriarcato e facendosi lei stessa vessillo di un Modernismo contro corrente. E se oggetto degno di tal genere di narrazione non poteva tradizionalmente essere che un uomo – e un uomo di conclamato pregio - il gioco della Woolf fu quello di nobilitare il cane, scegliendo un cocker spaniel, appartenente alla schiatta dei Gentiluomini di un ideale Kennel Club. Per di più Flush è il cane della poetessa – ancora una volta una donna e, per di più, scrittrice – Elisabeth Barrett. Sarà proprio attraverso questo costante, reciproco e pur asimmetrico gioco di rispecchiamento col cane, che riuscirà ad emanciparsi dal giogo di un padre conservatore fino all'asfissia, trasformandosi in una donna libera, indipendente e capace di autodeterminarsi, fino a scegliere una vita completamente altra, al fianco del poi marito Robert Browning, lui pure scrittore.



Il gioco dello sdoppiamento con Virginia che inizialmente “si traveste da cane”, giocando in modo ammiccante, per poi lasciarne al marito l’interpretazione, rende i personaggi del romanzo interpreti involontari delle vicende della stessa autrice, del marito Leonard e della Hogarth Press, la casa editrice di cui furono fondatori e guida dal 1924 al 1939. L’eco della guerra, delle ingiustizie, dei vizi del perbenismo patiti soprattutto dalle donne trovano qui libero sfogo. E, così, le loro storie si mescolano all’avanzare della guerra e dei regimi nazionalsocialisti, animandosi in una battaglia per i diritti fondamentali dell’essere umano e sociale capace di spingersi fino alle estreme conseguenze. In questo c’è tutta la portata dell' attualità, a cominciare dal ritratto di un’Italia che emana fascino per qualsiasi straniero anche se emerge come un Paese senza regole, dov’è pieno di imbroglioni e gli stessi cani, tanti, forse troppi, sono tutti bastardi. Eppure Virginia e il marito ne sono rimasti incantati, così come Flush che nel Belpaese diventa più democratico, sentendo tutti gli altri cani come fratelli. Stilettate e ironia condiscono lo spettacolo come un gioco anche se più volte l’allusione al suicidio di Virginia Woolf appare sullo sfondo e diventa, insieme alla storia di Flush e della sua padrona poetessa, una metafora della condizione umana.

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