In Argentina sono state ideate alternative sostenibili e rispettose dell’ambiente a beneficio dei vitigni, del clima e dello sviluppo dei bioprodotti: due delle più importanti sono la produzione di microalghe per l’assorbimento della CO2 e la rigenerazione del suolo.
La prima è una strategia di bioeconomia circolare testata in un’azienda vinicola di San Juan, che contribuisce alla cattura del carbonio e alla valorizzazione di un prezioso prodotto derivato.
Lo studio pubblicato sulla rivista 'Fermentation', che ha coinvolto ricercatori della Universidad Nacional de San Juan e del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (CONICET) di Buenos Aires, mette in luce come la CO2, recuperata dal processo di fermentazione del vino, possa essere usata per stimolare la crescita delle microalghe.
LO STUDIO SULLE MICROALGHE
A differenza delle alghe marine - di grande dimensione - le microalghe, non visibili a occhio nudo, sono organismi fotosintetici unicellulari, contengono cioè tutto ciò che serve ad un organismo vegetale per sviluppare le proprie funzioni vitali. Sono la materia prima con il più alto contenuto proteico del pianeta. Possono crescere rapidamente, in acqua dolce o salata, in condizioni di foto-autotrofia, sfruttando reazioni di fotosintesi per produrre sostanze organiche.
“Possono catturare” - si legge nello studio - “quantità sostanziali di anidride carbonica fissandone da 10 a 50 volte in più rispetto alle piante terrestri, producendo in media 1,83 g di biomassa per grammo di CO2 consumato… contribuiscono al biorisanamento trattenendo metalli pesanti e altri inquinanti… una risorsa preziosa per diverse applicazioni, come bio-fertilizzanti, bio-carburanti, produzione di alimenti e prodotti farmaceutici”.
I ricercatori hanno testato in laboratorio due specie di microalghe (Chlorella spp e Desmodesmus spinosus) e hanno installato un fotobioreattore nella cantina di un’azienda vinicola - la Casimiro Wines di San Juan - collegandolo a un fermentatore da 150 litri di mosto.

Durante la fermentazione sono stati prodotti 7.840 g di CO₂ poi convogliati in due fotobioreattori. L’esperimento, durato 15 giorni, ha dimostrato che il sistema ha assorbito una parte significativa della CO₂ emessa, trasformandola in massa microalgale e riducendo l’impatto ambientale del settore.
Più a sud, invece, nella Valle de Uco della regione di Mendoza, alcune aziende vitivinicole si prendono cura del suolo perchè meglio resista al riscaldamento globale e ai suoi effetti.

È la terra di produzione dei migliori Chardonnay e Sauvignon Blanc del Paese, vini d’alta quota. I vigneti, infatti, si trovano ai piedi delle Ande a un'altitudine di 850-1100 metri, dove ondate di calore, siccità prolungate, gelate primaverili e forti grandinate richiedono ai viticoltori capacità di adattamento e nuove soluzioni.
Dopo un disastroso 2023, le aziende vitivinicole argentine sono tornate a produrre quasi 11 milioni di ettolitri, un risultato positivo ma ancora sotto la media rispetto agli ultimi cinque anni.
Nella provincia di Mendoza, dove vengono scelte varietà di vini a maturazione tardiva come Malbec, Bonarda e Torrontés, 900 aziende vinicole producono il settanta per cento del vino nazionale. È qui che si registrano vendemmie anticipate e una variazione sistematica dei tipi di uva coltivati.
L’enologa Micaela Kuri, che lavora per la cantina L’Orange e l’azienda agricola Tikal Natural, ha il suo motto: “Massima diversità porta resilienza.”
La cantina-bodega l’Orange è il primo vigneto completamente biodinamico della Valle dell’Uco. “Manteniamo il suolo con una copertura vegetale che ci permette di diminuire l’evapotraspirazione del suolo, di trattenere una maggiore umidità nel terreno e favorire un ecosistema microbico sano e attivo”, spiega Kuri, che segue l’approccio agricolo ancestrale Milpa, praticato dai popoli indigeni in America Latina e in America centrale.

Il metodo si basa su un sistema di coltivazione policolturale che integra diverse specie di piante in un unico campo, con l’obiettivo di massimizzare la fertilità del suolo e di contrastare la perdita di biodiversità, seguendo i cicli naturali delle stagioni per mantenere un equilibrio armonico con l’ambiente circostante.
Accanto ai vitigni si incontrano gli addetti al pascolo di pecore e di lama. Il letame, insieme all’argilla e ai semi autoctoni, vengono utilizzati come concime naturale, evitando l’uso di pesticidi.
Infatti è a terra che Kuri suggerisce di osservare.
Questa tecnica è una parte fondamentale dell’agricoltura rigenerativa di cui la Finca Tikal Natural è pioniera nella provincia di Mendoza.
La vegetazione rigogliosa, le lunghe erbacce che toccano quasi le ginocchia, possono sembrare un segno di trascuratezza, ma nulla è lasciato al caso: “Cerchiamo di ripristinare la vegetazione autoctona” - spiega Kuri - “i parassiti non sono un problema, in questo modo favoriamo la convivenza delle piante evitando squilibri”.
Un po’ come erano le Ande per gli Inca, che consideravano le montagne sacre come punti di contatto tra il mondo terreno e quello delle divinità. Se avessimo cura del suolo potremmo trarne vantaggi concreti ed economici.