C’è il manifesto con la scritta: “Hanno fermato il tempo, non la verità”. Chi lo ha disegnato non era nemmeno nata il giorno della strage alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980. Ma Faiza Rigui, 24 anni, studentessa del corso di Graphic design dell’Accademia di Belle Arti, sotto l’orologio fermo alle 10,25 alla stazione di Bologna ci passa spesso, quasi tutti i giorni, da pendolare. Ed è lei, con quel nome e cognome che rivelano origini familiari marocchine, a firmare il manifesto rosso sangue per il 45º anniversario della strage alla stazione. Un manifesto che insieme ad altri fa parte di 'Poster for the City', sezione di un progetto espositivo più ampio, dal titolo: “Ababo Human per 2 agosto 1980”. È realizzato dall’Accademia di belle arti di Bologna in collaborazione con il Gruppo Fs Italiane, l’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980, il Comitato di Solidarietà alle Vittime delle Stragi e il Comune di Bologna.
La mostra è divisa in quattro parti ed è allestita nella Hall AV (alta velocità) della stazione sotterranea di Bologna Centrale, dove resterà, aperta e gratuita, fino al 7 agosto. Manifesti, illustrazioni con i ritratti di alcune vittime dell’attentato, la foto del bus 37 usato come posto di primo soccorso in quel drammatico giorno e poi le parole di Andreas Flourakis, poeta e drammaturgo greco recitate dalle studentesse della Scuola di Scenografia tra la gente della stazione. “L’arte diventa uno strumento di memoria storica e impegno civile in una mostra che intreccia molteplici linguaggi espressivi. Luogo di transito quotidiano per migliaia di persone, la stazione è un luogo espositivo carico di significato”, ha detto Enrico Fornaroli, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Ma vediamo nel dettaglio le quattro parti di questo progetto che coniuga impegno civico e differenti linguaggi contemporanei in un luogo dal forte impatto come la stazione dell’alta velocità. Un'area di passaggio per migliaia e migliaia di persone ogni giorno diventa anche un posto di sosta, la stazione della memoria di una tragedia entrata nelle pagine della Storia: l’esplosione della bomba - di matrice neofascista - nella sala d’aspetto della seconda classe di Bologna Centrale è costata 85 morti e 200 feriti in quell’agosto di 45 anni fa. E per decenni le ombre dei depistaggi si sono allungate sui calendari tra inchieste, processi, appelli e sentenze.

Disegni di volti, ritratti per restituire, al di là della conta dei numeri, facce e storie alle vittime. C’è Carla Gozzi, con i suoi riccioli neri: aveva 36 anni il giorno in cui morì alla stazione di Bologna mentre stava per partire per un viaggio alle isole Tremiti, c’è il sorriso dei vent’anni di Franca Dall’Olio che lavorava al tavolo della ristorazione e stava controllando dei conti quando esplose tutto. C’è Francesco Betti con la cravatta allentata sul suo taxi, aveva 44 anni, era fermo in macchina a trenta metri dalla bomba e ci sono altre facce, altre vite che quel 2 agosto erano lì per prendere un treno, per accompagnare qualcuno, per lavoro, per vacanza, per destino. I volti di 20 delle 85 vittime sono illustrazioni create dagli allievi del triennio di fumetto e da quelli del biennio di linguaggi del fumetto, a cura di Sara Colaone e Gianluca Costantini. “Ritrarre le vittime significa restituire dignità e voce, dare occhi al presente, portare le storie fuori dall’anonimato dei numeri - spiegano i curatori -. Disegnare i volti è un estremo ringraziamento, un rituale collettivo d’espiazione, il desiderio di non lasciare andare chi ci è caro, anche se mai l’abbiamo conosciuto. Ogni disegno è un atto di ascolto e restituzione. Ogni storia diventa un passo verso una cittadinanza più consapevole, capace di riconoscere le ingiustizie e difendere la libertà. Ricordare è un impegno verso il futuro”.

Una fotografia in bianco e nero, grande quanto un bus. Anzi grande proprio come 'quel' bus, il numero 37 che divenne simbolo di soccorso e di una disperata resistenza collettiva. L’opera è stampata su pvc in scala 1:1 e è visibile da entrambi i lati “come corpo che riaffiora nello spazio espositivo” e sotto, per terra, le parole di chi quel giorno era al volante del mezzo dell’allora Atc, Agide Melloni, che oggi ha 76 anni e il bus 37 lo chiama “caro amico”. Sul 37 salirono prima i feriti, poi Agide portò via via i morti a medicina legale. Ora è diventato un simbolo: “Quell'autobus, non so se voi lo sapete - racconta Agide Melloni nell’intervista con gli studenti del biennio di Fotografia dell’Accademia - ma ogni giorno c'è qualcuno che lo prende fuori e gli fa fare il giretto, come facciamo col nonno. Gli fa fare il giretto per vedere se sta bene, perché è stato ritrovato dopo un periodo di tempo che era scomparso un po’.La cosa bella di questo, parlo degli anni 2016, 2017, per tanti anni non si vedeva quasi più, insomma... Era fermo dentro un capannone ed è stata proprio la gente di questa città che ha chiesto di riaverlo, quell'autobus. Quindi questa è una dimostrazione di come sia rimasto nel cuore, nella mente della gente, perché è uno dei testimoni di quanto è accaduto”. Il progetto è curato da Paola Binante e Tommaso Bonaventura.
Sabato 2 agosto, in due repliche alle ore 16 e alle ore 18, quattro studentesse della Scuola di Scenografia interpreteranno una lettura sonorizzata da Marco Cesare Consumi, tratta dal testo "Voglio un paese", scritto nel 2013 da Andreas Flourakis, poeta e drammaturgo greco contemporaneo (traduzione di Gilda Tentorio per Eurodram Italia): “Voglio un paese bello, ma generoso e forte./ Meglio arcaico./ Moderno./ Un Paese nel bosco./ Una colonia di formiche./ Che abbia arte e filosofia…”. L’autore indaga su cosa significhi appartenere a un “paese” e come questa appartenenza influisca sulla vita degli individui. Il titolo stesso suggerisce un forte desiderio di un luogo ideale in cui si possa vivere in pace, giustizia e armonia. Il progetto è curato da Nicola Bruschi e Marco Cesare Consumi.

La strage vista attraverso i manifesti realizzati da studenti che al tempo della strage non erano nati. Manifesti che raccontano anche come si trasmette oggi la memoria: vengono affissi nell’area pedonale sotterranea della Stazione di Bologna i 12 poster 70x100 centimetri scelti per rappresentare la strage di Bologna dal 2014 al 2025, oltre che le proposte non selezionate di quest’anno. Il percorso espositivo si propone come momento di riflessione visiva e collettiva e testimoniando l’approccio contemporaneo della nuova generazione al tragico evento: un equilibrio tra rigore storico e sensibilità attuale nella memoria civile. Il progetto, realizzato con il Comune di Bologna, coinvolge il corso triennale di Design Grafico per l’elaborazione di manifesti dedicati a una serie di ricorrenze istituzionali, tra cui appunto, la strage di Bologna. Il curatore di questa sezione è Danilo Danisi.
(Ababo Human per 2 agosto 1980, inaugurata il 31 luglio, resta aperta tutti i giorni dalle 5 alle 24. Ingresso gratuito. Fino al 7 agosto).