A pochi chilometri da Vico Equense - dove conviene sempre una sosta per una delizia al limone o leccornie affini - si erge un serafico monte.

Se la tragedia della funivia di appena tre mesi fa non l’avesse portato bruscamente sulla scena dell’informazione, Monte Faito si sarebbe goduto anche quest’ estate i suoi 1200 metri, punta tranquilla dei Monti Lattari, incombente su Castellammare di Stabia con un panorama da incanto e un affollamento sostenibile. Non è che non l’abbia fatto, ma forse i cani da pastore non avrebbero dovuto ciondolare fra parcheggi e alberghi; le mucche e i cavalli avrebbero scorrazzato come sempre, invece di vedersi bloccata la consueta via da un’inferriata che ricorda che la funivia è ancora lì, ma chiusa.




E il dolore per i morti non ci sarebbe stato, anche se i morti del Covid hanno una loro significativa lapide.

Quando ero piccolo, il nome Monte Faito si accoppiava a una parola misteriosa, ‘ripetitore’, che però significava la possibilità di vedere meglio la televisione. Ora tracce di quella gloria della comunicazione sono ancora presenti in cartelli semiarrugginiti,



ma soprattutto, da 18 anni, è il cinema che si è insediato su questa vetta accogliente.


Il Festival internazionale del cinema del reale (Faito Doc Festival: https://faitodocfestival.com/) è un festival particolare, fatto di corti e lungometraggi, che rifiuta la fiction in nome della capacità che avevano le piccole cineprese, e ora hanno anche i cellulari, di guardarsi intorno, conservare angolando il proprio punto di vista e, con un sapiente montaggio, presentare brevi e meno brevi pezzi di storia del mondo in cui viviamo. Il tema di quest’anno: Contatto. Non solo nei film, ma fra quelli che i film li hanno confezionati e chi è salito fin lì a vederli e votare.


Ispirano e favoriscono i contatti Nathalie Rossetti e Turi Finocchiaro, la coppia ideatrice del Festival, onnipresenti e affabili, anche nelle lingue con cui si rivolgono ai numerosi registi e ospiti stranieri, insieme a Marika De Rosa, e con uno staff organizzativo di grande competenza (Maria Hermosillo, Annamaria De Gennaro, Chiara Di Martino e Juliette Framorando). In una manciata di metri quadri si partecipa, si dorme, si mangia, si concedono interviste, si tira tardi, si può fare anche un bagno in piscina.


Un piccolo campeggio colorato, ristoranti tipici e non pretenziosi, una cucina clandestina, con pizze fritte e addirittura esibizioni di mozzarelle mentre diventano tali grazie a mani esperte: tutto questo per 9 giorni (19-27 luglio) non stancanti, con proiezioni ben intervallate, corsi di montaggio, mostre ecc. ecc.





Un Catalogo di quasi 50 pagine, in cui i nomi hanno volti con foto che rimangono impresse; una giuria internazionale (Francia, Italia, Grecia, Svizzera), con Belgio e Francia che fanno la quasi totalità della Giuria Giovani. Non ci sono red carpet e divi o dive, solo un manipolo ‘resistente’ che porta avanti da anni un progetto che è riuscito a guadagnarsi uno spazio non indifferente. E poi c’è un belvedere mozzafiato (qui l’aggettivo ci vuole), con sullo sfondo il Vesuvio e le isole: Capri, Procida, Ischia, mentre occhieggiano Li Galli e alle spalle del panorama ci sono sentieri tutti da scoprire.









Fuori e sotto il tendone della Casa del Cinema (un centinaio di posti al massimo) si muovono autori e spettatori contagiati da un contatto facile e produttivo.


Il vostro inviato, dimidiato tra panorama, buon cibo e cinefilia, ha segnato sul suo personalissimo cartellino, anche se non richiesto, 'Riverboom', dello svizzero Claude Baechtold, 99 minuti di puro godimento; un film serio ed esilarante con una sceneggiatura e un montaggio di prim’ordine. Ma di più non vi dico: cercatelo e godetevelo anche voi. Poi, il prossimo anno, magari ci incontriamo a Monte Faito con lo staff di Foglieviaggi al completo. Il Direttore, del resto, è di casa.