È uno dei grandi capolavori dell’arte antica: il "Sarcofago degli Sposi", opera suprema della scultura etrusca, ricavato dall'argilla nel sesto secolo a.C. e ritrovato nel 1881 nella Necropoli della Banditaccia a Cerveteri, 'esploso' in oltre 400 frammenti. Ricostituito, si rivelò essere un’urna funeraria di grandi dimensioni che ha in basso la forma di un letto e in alto un coperchio modellato come marito e moglie amorevolmente semidistesi a banchetto.
La splendida opera “abita” nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, e le viene ora dedicato un piano di conservazione e di valorizzazione che coinvolgerà il Museo e l'Istituto Centrale per il Restauro. Soprattutto, i nuovi lavori saranno aperti al pubblico due giorni ogni settimana (martedì e giovedì dalle 10 alle 13), in maniera che i visitatori possano dialogare e approfondire con i restauratori l’opera e le tecniche utilizzate.

Il sarcofago fu assemblato a fine Ottocento, operazione che richiese anche l’uso di lastre metalliche e che lasciò comunque ampi spazi vuoti. Negli anni '50 i vuoti furono ‘riparati’. Il progetto che parte in questi giorni, programmato di qui all’estate, riguarda in particolare le gambe dei due sposi: gli abiti, i piedi di lui, le scarpe a punta di lei. "È cambiato l'aspetto cromatico - spiega la direttrice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Luana Toniolo - si torna a percepire il colore originale della terracotta. E quando sarà completato il restauro, la percezione complessiva dell'opera sarà diversa". I lavori andranno completati in velocità, per evitare differenze troppo marcate nella colorazione delle varie zone dell'opera.

Tra gli strumenti utilizzati durante la progettazione ci sono scanner e stampa 3d, mentre per il restauro sarà realizzato "un supporto in fibra di carbonio - spiega ancora Toniolo - innovativo, rispettoso della terracotta e basato sulla superficie interna. Le lastre metalliche, infatti, appesantivano molto la struttura". Il direttore dell'Istituto Centrale per il Restauro, Luigi Oliva, racconta invece l’esame dei materiali utilizzati nei precedenti restauri. Ad esempio, la colla di pesce con cui furono uniti i pezzi, un materiale organico e perciò particolarmente delicato: "Abbiamo identificato come sostanza compatibile la colla di storione".
Infine, c’è la soddisfazione di Massimo Osanna, direttore generale dei Musei: "Questo è un Art Bonus, quindi una bella iniziativa che nasce con una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, avendo come mecenate la Banca Popolare del Cassinate. La notizia dell'apertura al pubblico dei lavori è positiva perché l'accessibilità al patrimonio non è solo abbattere le barriere architettoniche ma anche far accedere il pubblico al backstage del nostro operare quotidiano".