ORTI, VILLE
E ULIVETI
MILLE VERDI
DI LIGURIA

"Se non ho più blu, metto del rosso". Un inno alla libertà dell'artista firmato Pablo Picasso. E lo stesso si potrebbe dire del libro di Roberto Orlando e Stefano Termanini che racconta l'altra Liguria: "Ho il blu del mare, ma scelgo il verde".


(Dalla cascina Miera verso le Alpi Marittime)


"Verde Liguria" è infatti il titolo di questo viaggio fotografico (le immagini sono di Roberto Orlando) e storico-sentimentale (i testi di Stefano Termanini) nella terra che sta dietro. Non solo però quella dell'Appenino con le sue valli, ma anche quella che con il mare confina e che, con ritrosia tutta ligure, si mostra poco. Sono gli orti botanici, le ville, le serre, gli uliveti, i giardini. A due passi dall’acqua, ma da scoprire.


(La fontana del Palazzo Reale di Genova)


Confesso subito di non essere viaggiatore neutrale. In alcuni dei luoghi mostrati dal libro ho passato la mia infanzia. La spiaggia dell’abbazia della Cervara a Santa Margherita Ligure, i giardini di Villa Durazzo, la passeggiata dei parchi di Nervi dove si andava da ragazzi per affermare che eravamo già così autonomi da spingerci a Genova.


(Villa Durazzo Pallavicini a Pegli)


Il libro però ha il grande pregio di raccontare il verde di Liguria in tutte le sue sfumature. C’è quello tendente all’argento delle agavi di villa Hambury, scrigno botanico nato dall’innamoramento per questa parte di Ponente protesa verso la Francia di un ricco inglese nel 1867.


(Il chiostro dell'Abbazia della Cervara)


C’è il verde venato di giallo dei carciofi coltivati ad Albenga, quello squillante del basilico di Prà, foglia piccola come con sufficienza spieghiamo noi expat milanesi a chi ci magnifica la varietà a foglia grande che sa sempre un po’ di menta.


(Grotta nel giardino di villa Negrotto Cambiaso, a Arenzano)


E naturalmente ci sono gli ulivi e le viti, come quelle delle Cinque Terre giustamente definite acrobatiche da Stefano Termanini. Che nei testi che accompagnano le foto del libro svela parecchie informazioni sull’origine della Liguria verde.


(Villa Hanbury)


Si scopre così che proprio le Cinque Terre devono il loro nome a un notaio spezzino del Cinquecento, che furono i monaci benedettini nel 1300 a disboscare la selva per costruire la Cervara, che la Riserva Naturale dell’Adelasia, nel savonese, deve il suo nome a una principessa medievale e alla sua storia d’amore per una volta finita bene. Ma si scopre anche che il basilico cresce bene per via di un microclima creato dal sole che splende, dalla vicinanza del mare e da una brezza che arriva dall’Appenino.


("Verde Liguria" di Roberto Orlando e Stefano Termanini
Termanini edizioni, euro 20)


Una sola preghiera agli autori: la prossima volta rendete protagonista anche il castagno. Noi boomer inconsapevoli dell’esistenza di una tutela dell’ambiente, tessevamo con le foglie, intrecciandole con i lunghi piccioli, stuoie e copricapi da indiani. Ora giustamente ci arresterebbero, ma allora ci piaceva tanto…

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