Basta il silenzio che a un certo punto cala in sala, le luci spente ed ecco che la platea
del Teatro Nuovo a Salerno si trasforma nell’antro di una caverna. Va in scena
"Nessuno sfugge al ciclope", la pièce ricavata
dall’ultimo lavoro del filologo
Gigi Spina intitolato "Omero, il libro dell’orrido Polifemo" edito da Il Mulino
e interpretata dalla compagnia Ars Nova.

Quattro personaggi appena, un fondo minimal, di pieno gusto sperimentale. Sulla scena il mostro Polifemo, un satiro, Penelope incatenata e, ovviamente, Ulisse/Odisseo. Ho detto sperimentale: l’operazione messa in atto da Spina, che ha curato l’adattamento teatrale del saggio, è molto precisa: riscrivere il mito, dargli una luce diversa, un sentiero mai battuto prima, e provare a riannodarlo ai nostri giorni.
Un’operazione piena di sfumature e di contaminazioni, passando per Emma Dante e soprattutto Pirandello (pregevole e apprezzato il dialetto siciliano usato "a specchio" in più momenti dell’esibizione). Un’operazione riuscita, a dimostrazione una volta di più che i miti non sono semplici storie, o passatempi, ma un corpo vivo e dinamico, uno straordinario contenitore pieno di insegnamenti e valori.

La riscrittura del mito andata in scena al Teatro Nuovo è stata - soprattutto per il finale - sorprendente. Un’abile tela - è il caso di dirlo - che non viene disfatta ma ordita in modo razionale e sofisticato. È un teatro, quello di Ars Nova, raffinato, delicato, dove la parola è più volte forma e sostanza; strumento e allusione.
La tentazione di svelare il finale, sorprendente lo ripeto, è davvero forte. Forte come il canto delle sirene che attiravano i marinai sugli scogli. Quello che si può dire è che in "Nessuno sfugge al ciclope" si ha davvero la sensazione, quanto mai concreta, di toccare con mano il vero spirito del teatro greco. Soprattutto se condideriamo l’abilità dei drammaturghi antichi nel dare al teatro di parola una straordinaria potenza allusiva.

Allusione. La parola chiave, la password per leggere quel teatro e questo teatro. La capacità di evocare, di spingere fuori da quella caverna le voci di un mito troppo velocemente derubricato come l’opposizione tra la brutalità di Polifemo e l’astuzia di Odisseo. C’è dell’altro, molto altro. C’è la voglia di indagare cosa sia, appunto, questo 'altro'. Una grandissima lezione di civiltà. Mi auguro, e spero, che "Nessuno sfugge al ciclope", dopo il successo estivo di Velia e quello salernitano, continui a girare - con tutte le difficoltà legate all’autoproduzione - e continui a far vibrare l’animo e il cuore della gente. Perché anche di questo abbiamo oggi un disperato bisogno.