Art decò
e sovrani
Torna l'Hotel
San Pellegrino

Sono dovuti arrivare da Newport Beach in California per cercare di far rinascere il Grand Hotel di San Pellegrino Terme e ricuperare così uno dei gioielli del Liberty italiano. Terme, casinò, Grand Hotel avevano fatto di San Pellegrino uno dei centri più brillanti della Belle epoque. Non a caso il grande edificio che sorge sulla riva sinistra del fiume Brembo nel 1902 era stato inaugurato dalla Regina Margherita che vi aveva soggiornato per qualche giorno. Progettato dall’architetto Romolo Squadrelli e dall’ingegnere Luigi Mazzocchi, era un trionfo di materiali preziosi. Marmo di Carrara, enormi lampadari di cristallo che sono protetti dalla Sovrintendenza, affreschi sulle pareti, camere con bagno e doccia avvolgente, una assoluta novità per quei tempi, più tardi era stato arricchito con interventi ispirati all’Art decò. Nel corso dei tempi aveva ospitato teste coronate, come la Regina Elena, il Principe Umberto, re Faruk d’Egitto. Per più di un anno nel 1914 Eleonora Duse ed Arrigo Boito avevano scelto di prendersi una pausa dalla vita convulsa di Roma e di Milano andando ad abitare nel paese di San Giovanni Bianco, a nemmeno 5 chilometri da San Pellegrino, e quando la pace del paesetto brembano sembrava loro eccessiva scendevano al Gran Hotel e al Casinò o si bagnavano nelle piscine delle terme.



Nella prefazione alla prima edizione de 'Il Gattopardo' del 1960 Giorgio Bassani comincia così: “La prima e l’ultima volta che vidi Giuseppe Tomasi di Lampedusa, fu nell’estate del 1954 a San Pellegrino Terme”. Ricorda che qui ogni anno Giuseppe Ravagnani e il Comune organizzavano un convegno nel quale un poeta affermato presentava un esordiente. Montale presentò il siciliano Lucio Piccolo, che si presentò al Grand Hotel con un servitore ed un cugino sconosciuto, appunto Tomasi di Lampedusa. Nel 1942 il fascismo, sfidando il ridicolo e in base alla legge sul divieto di usare parole straniere, ribattezzò il Grand Hotel 'Grande Albergo'e pochi mesi dopo ne fece la sede del ministero dell’agricoltura della Repubblica di Salò. Dopo la guerra una parte dell’edificio venne affittato alla Marcelline di Bergamo che ne fecero un collegio per ragazze, mentre nei saloni e nelle camere si alternavano letterati, teste coronate, giocatori più o meno fortunati del casinò sulla sponda opposta del Brembo, e persino i calciatori dell’Inter di Helenio Herrera in ritiro precampionato. Ma i costi di gestione, la chiusura del casinò, la fine di una clientela ormai non più attratta da questa terra brembana, hanno portato alla chiusura del Grand Hotel nel 1979.



Da allora la Provincia e il Comune e persino la Regione hanno tentato mille strade per recuperare l’enorme edificio che cominciava a deteriorarsi. Dal tetto cominciava a piovere nelle stanze, il scalone di marmo degno di una discesa di Wanda Osiris si macchiava di umido, alcuni dipinti cadevano a pezzi. Si sono venduti mobili ed arredi, ma non i preziosi lampadari protetti dalla Soprintendenza. Il Governo Renzi alla fine aveva stanziato 18 milioni per risanare almeno le parti più deteriorate, ma tutti i bandi rivolti a chi volesse farsi carico del definitivo restauro e della gestione erano andati deserti. Fino all’ultimo. Quando la scorsa settimana sono state aperte le buste si è scoperto che stavolta c’era una proposta che arriva nientemeno che dalla California. La società è la EKN Development che propone un progetto sostanziato da investimenti per 64 milioni di euro, ai quali se ne aggiungono 3 della Regione e 2 del Comune. A lavori finiti ci saranno 118 stanze di superlusso, spa, centro congressi, negozi e ristoranti per tutti i gusti. I californiani sottoscrivono un accordo valido 99 anni, pagando un affitto di 10 mila euro all’anno. E aspettano qualche testa coronata, convegni letterari di grande eco o, più probabilmente, calciatori ed influencer. Magari dell’Atalanta, ormai

Press ESC to close