IN VETTA ALLA A
MAGGICA ROMA
E MAGGICO
PURE GASP

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"Còmprace, còmprace, còmprace 'na punta" è stato il coro verso i Friedkin che si è innalzato dalle radio romaniste all’indomani della domenica perfetta: la Roma di nuovo prima in serie A assieme all’Inter. Non succedeva da 12 anni, dopo 11 giornate giocate. Erano i tempi di Rudi Garcia, campionato 2013-2014, quello delle 10 vittorie consecutive e del secondo posto finale con 85 punti dietro la Juve a 102. Ora la domanda è: ce la farà, la Maggica, a rimanere lassù fino alla fine? La stessa domanda si faceva al Napoli lo scorso anno, più o meno di questi tempi. E si sa come è andata a finire. Serve però un aiutino. La Roma è stitica, non segna. Dovbyk il Monumento si è fatto pure male e starà a lungo fermo. I tifosi sono convinti che comprando al prossimo mercato di gennaio un centravanti, qualcuno capace di buttare la palla in rete, beh il sogno scudetto potrebbe realizzarsi. Non c’è però il clima frenetico, eccitato di altre occasioni per imprese effimere, sfumate. La piazza di Roma, la tanto temuta e raccontata piazza di Roma, per adesso se la gode.



Intanto perché non siamo neanche ad un terzo del campionato, il cammino è ancora lungo, l’Inter è più attrezzata, il Napoli è in crisi ma chissà, il Milan ha alti e bassi, Bologna e Juve non vengono considerate. Nessuna tabella che porta zella, dice Mimmo Ferretti. Più fattibile un posto in Champions. Traguardo sfiorato la scorsa stagione con l’incredibile rimonta di Ranieri, dal dodicesimo al quinto posto. "I tifosi devono sognare", dixit Gasperini. Infatti per i rinforzi si fantastica di Lewandowski, di Arena, stellina di Trigoria da buttare in prima squadra, di Zirkzee: la nebbia della passione acceca. Un altro segnale: non si parla di arbitri (ma chissà fino a quando). Il pallone resta misterioso e imprevedibile, almeno questa emozione non ce l’hanno tolta. È passato un anno e di questi tempi, novembre 2024, la curva Sud ribolliva, abbandonava lo stadio, contestava i padroni americani, fuori dall’albergo apparivano striscioni con scritto "Friedkin go home". Juric era stato cacciato, 4 vittorie e 5 sconfitte in 12 partite, una tifoseria in rivolta. Dan e Ryan Friedkin, padre e figlio, gente che vende auto giapponesi negli Usa, ma anche produttori di cinema e altro ancora, avevano messo sulla panchina il croato mandando via frettolosamente Daniele De Rossi a metà settembre dopo una sconfitta e tre pareggi. Fantasmi a Roma, nel senso che si vedono poco, i Friedkin convocarono Claudio Ranieri a Londra per evitare incontri ravvicinati con gli ultrà.



Il licenziamento di Capitan Futuro fu una ferita a stento rimarginata con l’arrivo del condottiero testaccino, che a Testaccio, nella macelleria del padre, ci stava poco però. La risalita è cominciata con Ranieri. Che, da dirigente, ha convinto gli yankee a fare uno sforzo per prendere Gian Piero Gasperini. Perché, alla faccia di quei tecnici che fanno dei bei compitini, che mangiano brioche e zona, ripartenze e braccetti, lo schema innanzitutto, se due esperti uomini di calcio si mettono a ragionare, i risultati poi si vedono. Gasperini è il Leonardo del calcio nostrano. Urticante in certi casi ma uno che inventa cose, che sa adattarsi con quello che ha, che prende giocatori messi da parte e li rigenera (oddio, a volte li prende un po’ troppo di petto…), che fa buon viso a cattiva campagna acquisti. Perché in estate non è che la società avesse particolarmente accontentato l’allenatore di Grugliasco. Anzi. La situazione contabile non è proprio tranquilla.

Ranieri qualche tempo fa è stato chiaro: "Dobbiamo stare in regola con i conti, forse ci sarà da vendere qualcuno". Tanto che certi avvoltoi della carta stampata, supporter in incognito delle due squadre milanesi, avevano subito ipotizzato - era appena iniziato il campionato - che il motore della squadra, Manu Koné, sarebbe finito all’Inter al mercato di gennaio. Gasperini ha assestato la difesa, ha dato un equilibrio tattico alla squadra, ha recuperato calciatori che sembravano persi. La Roma ha preso soltanto 5 gol, merito anche di Svilar, un portiere che dà sicurezza, forse il più bravo in serie A, migliore difesa del campionato e tra le migliori in Europa (l’Arsenal ha preso solo 5 reti e sta guidando la Premier). Ha segnato poco: 12 reti. L’Inter ha fatto 26 gol e ne ha presi 12. Come l’Inter, la Roma ha vinto 8 partite e ne ha perse 3 (2 in casa, come è successo in Europa League, con il Viktoria Plzen l’Olimpico fischiava eccome). Gente come Hermoso e Pellegrini che sembravano sull’uscio di Trigoria sono stati rivitalizzati e sono diventati titolari fissi.



Gasp ha trasformato tatticamente Cristante e Mancini, che ora è l’uomo in più in attacco. Ha sfruttato Dybala fino a quando ha potuto per rimediare alla pochezza tecnica e agli infortuni degli attaccanti. Perché Leon Bailey, il giamaicano arrivato in estate dall’Aston Villa, si è scassato quasi subito; Evan Ferguson, infortunato anche lui, non sembra questo fenomeno; Artem Dovbyk che pareva destinato al Milan è rimasto ma continua a non brillare. Ora è ko come Dybala, un fragile gioiello di cui molti vorrebbero sbarazzarsi. Il calcio totale di Gasperini è nel film del secondo gol domenica sera all’Udinese: da Koné a Pellegrini, a Celik a Mancini e ancora a Celik. Velocità e creatività. Domenica fantastica: primato in serie A, Lazio battuta a Milano, Juric cacciato anche dall’Atalanta, De Rossi di nuovo in panchina a Genova. E il sindaco Gualtieri che promette: a fine mese avremo il progetto del nuovo stadio a Pietralata. Ma forse a Roma è più facile vincere uno scudetto che fare uno stadio.

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