Bisogna fare un calcolo cervellotico per vedere se poi, alla fine della giostra, che è in questo caso il Luna Park delle Atp Finals di Torino, Jannik Sinner resterà numero 1 al mondo oppure subirà il controsorpasso di Carlos Alcaraz. Intanto eccolo con il suo ultimo trofeo, quello parigino, che assomiglia più ad un groviglio di corna di cervo che ad un’insalatiera di Davis. Quisquilie e pinzillacchere. Un altro bell’assegno di 900 mila euro è stato incassato e l’impazzimento degli italiani per la Volpe Rossa prosegue. Oltre un milione l’hanno visto domenica su Sky. Il tennis è lo sport del diavolo, la frase è di Adriano Panatta. Ma non sembra adattarsi ad uno come Sinner. Che è un tipo precisino e a modo in campo tranne quando si arrabbia con il supercoach Darren Cahill; uno che non perde la concentrazione, che non sembra tormentato da demoni, un fuoriclasse che non scriverà mai un racconto epico.
La vicenda del Clostebol, la pomata steroide anabolizzante usata dal suo fisioterapista per curarsi una ferita, e la breve squalifica non lo hanno turbato più di tanto: non ha fornito alcun beneficio in termini di prestazioni, ha scritto la Wada nella sentenza. A sua insaputa. Alcaraz appare uno scapestrato al confronto. E McEnroe un marziano che spaccava racchette. Ma era un’altra epoca. Marat Safin potrebbe rivelarsi davvero il pazzo del paese ed è roba di solo venti, venticinque anni fa. Gli esperti del court hanno notato invece che Jannik, dopo la sconfitta agli US Open, neanche due mesi fa, deve essersi messo a faticare come un mulo e a sintonizzare la mente per azzeccare le prime palle del servizio e variare il suo gioco, andare cioè oltre quelle invenzioni da fondo campo. Testardo, freddo, capace di leggere come pochi il match e l’avversario. "Impari di più quando perdi", ha detto. Però lo abbiamo visto fermarsi per un po’ a Wimbledon 2024 perché gli girava la testa, abbiamo temuto quando a Shanghai, a inizio ottobre, si è piegato sulla racchetta usata come un bastone, fragile come un terrestre qualsiasi. Abbandonando la finale di Cincinnati, ammise: "Non sto in piedi".
Sette ritiri in carriera per l’altoatesino in uno sport che non conosce pause, fatto anche di snervanti attese in aeroporti per andare da un continente all’altro e di soggiorni in frigide suite di gran lusso. Non si fa in tempo ad archiviare un torneo che ne spunta subito un altro. Chiuso Parigi, si sta già giocando a Metz e ad Atene. Si gioca forte e si gioca troppo, scrisse Paolo Bertolucci sulla 'Gazzetta dello Sport' commentando l’epilogo del torneo dell’Ohio. Perché poi i tennisti vengono allettati dai montepremi che sono aumentati e dai tornei di esibizione. E non hanno detto né a né ba sull’allungamento di due settimane dei Masters 1000. Nessuno li obbliga a scendere in campo, ripete Bertolucci. Ma è come al Gratta e Vinci, prendi il grattino una volta e non smetti più. Sono accumulatori seriali pure loro.
Se i calcoli sono esatti (li ha fatti su Repubblica Niccolò Maurelli), Sinner quest’anno ha già guadagnato 12.118.579 euro soltanto per i prize money dei tornei del circuito Atp più l’assegno di Riad, una cosina pari a 6 milioni di dollari circa (e come cadeau la racchetta d’oro da 500 mila dollari ). Totale: 17.319.241. Con qualche vantaggio fiscale a Montecarlo. Alcaraz è più “povero”, sta a 15.218.780 euro. Poi ci stanno gli spot. Che cosa può importare ad un atleta stanco e ricco una Coppa Davis che non ha più senso (rassegnatevi, le nazionali sono destinate a scomparire), che non porta guadagni, che non frega un tubo neanche alla Federtennis ? Il nostro eroe ha già dato. Si è anche capito che la rinuncia alla Final a otto di Bologna era un po’ il segreto di Pulcinella. Lo ha detto il presidente della Federazione Angelo Binaghi: Sinner lo aveva avvertito già un anno fa che non ci sarebbe stato. "Per la Federazione è più importante che lui torni numero 1 di un’altra Davis", ha aggiunto in una intervista alla Stampa.
Il presidente sa che contano soltanto gli slam e le finals. Binaghi è lì che esibisce numeri e fatti: oltre 1 milione di tesserati lo scorso anno, cioè +266% sul 2020, il progetto 'Racchette in Classe' nella scuola dell’obbligo che funziona, centinaia di migliaia di bambini che cominciano a tirare la palletta oltre la rete, che capiscono perché il papà la sera corre spesso a giocare a padel e che quindi il cattivo pensiero che tradisse la mamma non aveva ragione di esistere. Ai circoli del tennis c’è la fila, + 57% di iscrizioni nel 2024. A Roma è saltato il banco: "Non solo Sinner, perché tutto cominciò con Berrettini finalista a Wimbledon". Accadeva solo quattro anni fa. Sinner sembra Tomba, il fenomeno che mandò gli italiani sulle piste di sci. Una esplosione improvvisa in uno sport a lungo in fase down, una crisi depressiva che sembrava non finire mai. È successo anche per atletica e nuoto.
E con lui ci sono i Musetti, i Cobolli, la Paolini, le medaglie dei Giochi di Parigi, i 6 milioni a guardare in tv Jannik a Wimbledon. Già avanzano ragazzi di belle speranze come Jacopo Vasanù, 18 anni a dicembre, con un servizio che sembra un missile Tomahawk, e Federico Cinà, palermitano di 18 anni. Jannik è una superstar che affascina gli spettatori, una presenza globale come accade ai grandi protagonisti dello sport di questi anni della Generazione Alfa, capaci di connettersi con il mondo intero grazie alla vecchia tv e ai nuovo canali digitali. Lo spettacolo sportivo è una merce e non deve fermarsi e porsi qualche domanda. Tipo: perché giocare a Riad in uno stato che ha moltiplicato le esecuzioni capitali?
Oppure: come fa il Circo Barnum della racchetta a non concedersi una pausa? I tennisti sudano come i calciatori e i ciclisti. Quali pozioni magiche li tengono in piedi? Intanto, al Festival dello Sport Sporco scorrono fiumi di champagne.