MILANO E LA MORTE
DELLA POLITICA

Se anche un uomo mite e composto come l’assessore Granelli irrompe in una diretta del Tgr Lombardia intimando al giornalista “Spostati, sta parlando il sindaco”, vuol dire che a Milano la situazione è davvero fuori controllo.

Marco Granelli – nelle giunte di centrosinistra dalla vittoria di Pisapia, all’inizio con le deleghe alla sicurezza, poi alla mobilità e ora alle opere pubbliche, cura del territorio e protezione civile – prima di diventare amministratore è stato un uomo del terzo settore e del volontariato. In politica si è impegnato nel PD ed era uno dei “bindiani”, non certo i guardiani della rivoluzione. Eppure al corteo in memoria di Luciana Ronchi, la donna uccisa a Bruzzano dall'ex compagno, ha sbroccato. Certo poi l’assessore si è scusato pubblicamente – è un uomo educato – spiegando che Bruzzano è proprio il suo quartiere, che l’emozione gli ha fatto un brutto scherzo… Possibile.

Ma la sensazione che rimane è quella del fortino; di una giunta debole e spaventata, che non riesce più a reggere nessun attacco e quindi si impegna a prevenire qualunque azione che possa creare disturbo o ansia al manovratore.



Lo abbiamo visto durante le discussioni in Consiglio comunale per la vendita dello stadio di San Siro: vecchi espedienti da parlamentari navigati per impedire di parlare all’opposizione, ma soprattutto ai componenti della maggioranza non allineati. Lo vediamo ogni giorno con un sindaco sempre più nervoso e intollerante a qualunque domanda, anche da parte dei giornalisti più compiacenti. Ormai si procede solo per editti via social.

“No il dibattito no!” è una battuta che a Milano fa ancora molto ridere, ma non è quella pronunciata da Fabio (Traversa) in “Io sono un autarchico”. Purtroppo è il grido tragicomico di una maggioranza di governo sempre più in difficoltà di fronte all’ormai evidente distanza che esiste tra la Milano dei record raccontata dal sindaco e la realtà.

La sensazione è che la politica sia scomparsa, sciogliendosi dentro all’amministrazione. Non solo a Milano, certamente, ma qui il processo dura da almeno quindici anni e appare al momento irreversibile. Perlomeno nel centrosinistra. Tutto nasce da un grande equivoco, dalla genuina convinzione che la buona amministrazione possa costruire la buona politica. Qualche anticipazione si era già vista all’inizio degli anni 90, col cosiddetto Partito dei sindaci guidato da Rutelli e Bassolino, ma con l’arrivo di Pisapia alla guida della città di Milano la vicenda ha assunto tratti paradossali determinando la progressiva e inesorabile compenetrazione tra gli apparati dei partiti e gli apparati comunali. Sarebbe interessante capire nell’arco di quasi tre legislature quanti degli articoli 90 del comune di Milano, ovvero il personale non dirigente assunto a tempo determinato ai sensi dell’art.90 (Uffici di supporto agli organi di direzione politica) del D.Lgs. 267/2000, fossero e siano funzionari dei partiti della maggioranza o membri dei loro organismi dirigenti.



Il sindaco Sala ha proseguito sulla strada aperta dal suo predecessore mettendoci ovviamente del suo e arrivando a nominare nel 2024 il capogruppo del PD in consiglio comunale Filippo Barberis suo capo di gabinetto, dopo che lo storico sodale Mario Vanni aveva lasciato l’incarico per tornare nel settore privato. Anche il meno pratico di vicende politiche può facilmente capire quale grado di autonomia possa avere un partito come quello Democratico che ha accettato di diventare apparato esecutivo del sindaco di Milano.

E allora si comprendono le forzature sulla vendita dello stadio, sul decreto SalvaMilano, sul ruolo intoccabile dei privati nelle operazioni di trasformazione urbana, sulla difesa a oltranza di posizioni inconciliabili con i principi sbandierati in campagna elettorale e nelle piazze. Che ne sarebbe del PD e delle altre forze di maggioranza se Sala si dimettesse o la giunta cessasse di avere la maggioranza? Di cosa vivrebbero i partiti ormai svuotati di ogni energia e apparato vitale?

La difficoltà che stanno vivendo i partiti della maggioranza è direttamente proporzionale alla determinazione e alla prepotenza con cui dirigenti, amministratori e consiglieri titolati attaccano o deridono chiunque provi a mostrare dissenso o semplice perplessità di fronte all’operato di un sindaco sempre meno convincente.



Nulla può essere messo in discussione. In gioco c’è la sopravvivenza degli stessi partiti.

Ma è politica questa?

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