MILANO SOTTO INCHIESTA
FERMATEVI A PENSARE

L’ostinazione con cui questa Milano si rifiuta di frenare la sua corsa verso il futuro è disarmante. In questi lunghi mesi di agitazione intorno all’urbanistica milanese (il primo esposto contro l’edificio di piazza Aspromonte con conseguente apertura del fascicolo in procura risale al 2022) abbiamo visto riaffiorare più volte lo spirito di quel tragicomico “Milano non si ferma” dei tempi del Covid. E chi può dimenticarlo del resto? “Milano, milioni di abitanti. Facciamo miracoli ogni giorno. Abbiamo ritmi impensabili ogni giorno. Portiamo a casa risultati importanti ogni giorno, perché ogni giorno non abbiamo paura. Milano non si ferma”.

Lo spot, prodotto dall’Unione dei Brand della Ristorazione Italiana a Milano, fu diffuso immediatamente dal sindaco Sala senza alcuna esitazione, insieme alla segretaria milanese del PD Silvia Roggiani che pure convinse Nicola Zingaretti, di passaggio a Milano, a partecipare a un aperitivo dimostrativo. L’allora presidente della regione Lazio fu naturalmente contagiato dal virus e se la vide piuttosto brutta, l’euforia mondana di quei giorni fu duramente pagata (non c’erano vaccini, non si sapeva ancora come curare il virus) e la città, alla fine, capitolò comunque, mettendo da parte l’euforia e rassegnandosi allo stop.

Sono diversi anni che un numero sempre maggiore di voci, anche autorevoli, invita il sindaco, la giunta e i partiti della maggioranza a fermarsi a riflettere, a provare a leggere tutte le conseguenze delle grandi trasformazioni milanesi, ad ascoltare il disagio di molti cittadini, non solo residenti. Nulla da fare. Milano non si ferma. Il futuro la sta chiamando e chi non lo capisce non merita nemmeno di essere preso in considerazione.

È successo anche per il SalvaMilano. L’avvio delle indagini sull’urbanistica milanese non ha stimolato alcuna riflessione. Anzi come una molla ha fatto scattare il riflesso pavloviano: Milano non si ferma. Serviva qualcosa che impedisse la fuga di fondi d’investimento, costruttori, oligarchi… insomma di tutto ciò che secondo la giunta comunale aveva reso Milano moderna, ricca e attrattiva. Ed è arrivato il SalvaMilano: non un decreto che correggesse gli errori, non una sanatoria che legittimasse le irregolarità, ma un’autentica interpretazione della legge che desse ragione a Milano e torto alla procura.

Quando poi il decreto si è impantanato in parlamento c’erano tutte le condizioni per fermarsi a riflettere e magari correggere la rotta. Un invito arrivato anche dall’ex assessore all’Urbanistica del Comune di Milano Alessandro Balducci, professore ordinario di Pianificazione e politiche urbane al Politecnico di Milano, che scriveva in un intervento su Repubblica: “Le polemiche innescate dalla discussione sul provvedimento ‘salva-Milano’ debbono essere l’occasione per un ripensamento complessivo delle politiche urbanistiche milanesi, che potrebbe avere un riflesso positivo anche sull’urbanistica nazionale”. E sottolineava che il SalvaMilano “giustifica le interpretazioni forzate date da Milano e, invece di un ripensamento, apre a una estensione a tutto il territorio nazionale. Si potrebbero percorrere altre strade come quella di una sanatoria specifica per la situazione milanese i cui molti nodi venuti al pettine in questa fase richiedono una riflessione profonda”.

E invece ha prevalso tutt’altra linea, quella sposata anche da Regina De Albertis, allora presidente di Assimpredil Ance che ai margini dell’assemblea generale della sua organizzazione, dal titolo più che mai indicativo “Ieri, Oggi, Domani. Una via verso il 2050”, dichiarava: “Ci tengo a precisare: non è una questione che riguarda solo Milano. Non è un Salva Milano, è un Salva Italia, Salva Futuro”.

Ci si poteva fermare e promuovere in parlamento un’azione concreta che salvasse la parte buona della sperimentazione e fermasse quella malriuscita, ma niente. Fino a che ha potuto il Sindaco ha insistito, andando persino a Roma a perorare la causa milanese presso i senatori: “Inaccettabile che il PD cambi la sua posizione al Senato” – diceva, passando poi direttamente alle minacce: “Lo votino o trarrò le conseguenze”. E ci si poteva naturalmente fermare quando un avviso di indagini è stato recapitato a Giuseppe Sala. Ma come potevano uscire delle dimissioni da un incontro del sindaco coi vertici del PD, cioè con quella stessa Silvia Roggiani, oggi segretaria regionale, che nel 2020 promuoveva aperitivi pubblici durante l’emergenza Covid?

Milano non si ferma. C’è la partita di San Siro da giocare. Un’altra mega operazione immobiliare. Ma la realtà è che Milano si è già fermata. Se ne è accorto chiunque cerchi una casa decente a un prezzo accettabile. Se ne è accorto chiunque usi i mezzi pubblici e attende anche mezz’ora in ora di punta. Se ne è accorto chiunque stia cercando di passare qualche ora in una piscina comunale che in città è ormai merce rara quanto i diamanti. Se ne è accorto chiunque circoli in bici e in motorino schivando buche nell’asfalto che in molte vie sembra ormai la superficie lunare. Se ne è accorto chiunque cerchi qualcosa da fare in città senza spendere una fortuna. Se ne è accorto chiunque cerchi un po’ di relax in un giardino pubblico.

Non se ne sono accorti giusto il Sindaco, la sua giunta e la sua maggioranza. Ci ha pensato la procura a renderlo evidente con sei ordinanze di custodia cautelare o, come si diceva una volta, con sei mandati d’arresto.

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