Aminta, etichetta evocativa per la Famiglia Cecchi, azienda di Montalcino vocata alla trasparenza e alla sperimentazione. La trasparenza è quella del vitigno Sangiovese, protagonista locale e principe di Toscana, la sperimentazione è quella della filosofia della casa, che si esercita sul terroir e sulla selezione dei cloni. Questa in sintesi la scelta di Andrea Cecchi, quarta generazione dell’azienda, ora affiancato dalla figlia Giulia. Insieme da Innocenti Wine Experiences, nello storico Palazzo dell'Arte dei Giudici e Notai o del Proconsolo a Firenze, ci hanno presentato i due prodotti realizzati finora dopo l’acquisto dell’azienda, nel 2018; due annate ciascuno, Rosso di Montalcino e Brunello di Montalcino. Il numero di bottiglie esatto è segnato sull’etichetta proprio per valorizzarne il taglio sartoriale, la cui promozione è tutta nella comunicazione (principale mercato di sbocco gli Stati Uniti, seguiti da Svizzera e Inghilterra in Europa). Fuori programma poi l’assaggio del Viognier della tenuta Val Delle Rose in Maremma.
Il nome Aminta nasce dalla fusione tra Anita e Amiata, rispettivamente il nome della mamma di Andrea, che ha ispirato lo stile (si era iscritta all’Istituto d’Arte ma per problemi familiari ha abbandonato la sua passione per la pittura per aiutare nella bottaia di famiglia) e il monte che si vede dietro l’azienda. Aminta è inoltre il poema di Torquato Tasso di argomento pastorale, con una celebre scena che si svolge intorno a una fonte d’acqua presente anche in loco.
La degustazione passa anche dal nome, anzi da lì inizia per continuare con l’etichetta ispirata a un quadro di Anita, della serie dei bozzetti per il teatro, dipinto nel febbraio del 1948.
Con la mente ci caliamo nei tre corpi del vigneto, presenti nel blend di ogni bottiglia. Caselle con scisto calcareo, galestro, leggermente povero di sostanze organiche, adatto a dare vini longevi, setosi ed eleganti; Vigna Pian Bassolino presenta limo, argille, carbonati di calcio con esito più strutturato nel bicchiere. Sono vini potenti come la Pietraforte di nome e di fatto, con usi anche in edilizia (Palazzo Pitti a Firenze è stato costruita con essa). Infine Vigna Cantina ha una presenza importante di calcareo, oltre il 25% di scheletro, un terreno sassoso, ricco di sostanze organiche.
Tutti i vigneti, esposti sullo stesso versante, concorrono all’etichetta Aminta che cerca di dosare la potenza, di per sé non negativa a Montalcino, ad esempio non esagerando con il legno per non asciugare troppo il vino né vestirlo eccessivamente, per cercare di restituire una foto del territorio.
Nel bicchiere il Rosso di Montalcino, considerato un fratello più giovane, non un fratello minore, invecchiato per circa nove mesi in vasche di cemento troncoconiche, presenta per l’annata 2023 (3177 bottiglie), siccitosa, molta freschezza, ancora una verticalità spiccata, soprattutto al primo sorso, offrendo il meglio di sé al naso: nota di frutti rossi in bocca e sentore balsamico, specie di eucalipto e menta, con una buona sapidità, in attesa di assestarsi e rendere fluido il dialogo tra naso e bocca.
L’annata 2024 (6546 bottiglie e 50 magnum), molto diversa dalla precedente, con maggiore irregolarità, ha caratterizzato la vendemmia con un clima fresco e piovoso. In bocca si nota una ciliegia matura, un fruttato più rotondo, con tannini ben presenti e una sensazione di calore.
Il Brunello di Montalcino è fortemente territoriale, con una spiccata verticalità. L’annata 2020 (3120 bottiglie, 250 magnum, 50 doppie magnum) ha regalato uva che alla raccolta presentava un ottimo equilibrio tra acidità e zuccheri e potenziale aromatico interessante. Una nota di nocciolina segnala la maturità adeguata e in bocca si sente rotondità, eleganza, note di tè verde e una certa speziatura.
L’annata 2021 (5966 bottiglie, 250 magnum e 50 doppie magnum) si fa apprezzare per la sua ciliegia nera e anche un leggero sentore pietroso e di fieno essiccato, con una nota polverosa, intrigante, che nel tempo è da riascoltare. In bocca i tannini sono croccanti, risultato di una gelata di aprile.
Alla fine una gita in Maremma ci ha portati a Val Delle Rose ad assaggiare Caprifoglio, Viognier in purezza, già apprezzato al Vinitaly anche per il rapporto prezzo-qualità, una scommessa dell’azienda per produrre dei bianchi in una zona relativamente calda. Vitigno nuovo in quella zona, rappresentativo del territorio, è fresco – ha fatto solo acciaio – e sceglie il nome presente anche nell’etichetta per il sentore che sprigiona con note di miele. Vino giovane in tutti i sensi che incontra anche una tendenza di mercato senza essere modaiolo.