Siamo a Nord-Est di Firenze, nella terra del Chianti Rufina, dove nella primavera del 2022 è stato lanciato il Progetto Terraelectae che ha riunito 13 produttori con l’idea di valorizzare il vitigno principe locale, il Sangiovese, esaltando le caratteristiche del territorio, a partire dalla vendemmia 2018. Vinificazione in purezza e da un solo vigneto, un Cru, che faccia un minimo di invecchiamento di 32 mesi, massimo della resa fissato a 70 quintali per ettaro. La scommessa è coraggiosa perché il territorio è molto circoscritto, relativamente poco noto, forse penalizzato da borghi non particolarmente belli anche se con realtà di ville e castelli di pregio, dalla Tenuta Bossi dei Marchesi Gondi ai Castelli di Nipozzano e Pomino dei Marchesi Frescobaldi al Castello del Trebbio, per citarne alcuni.
La sfida è mostrare la grande versatilità nelle interpretazioni di un solo vitigno in un’area contenuta grazie anche alla narrazione e allo studio e la formazione portati avanti. Naturalmente è sempre il vino a dover restare protagonista. Questa è la linea sposata dal presidente del Consorzio Chianti Rufina, marchese Gerardo Gondi, ribadita in occasione di un evento organizzato allo Spedale degli Innocenti di Firenze, con una degustazione dei vini legati al progetto che proprio per l’esclusività che vuole avere non consente di produrre tutte le annate con il marchio Terraelectae. Da sottolineare che il territorio in questione è certamente vocato e storicamente significativo, dato che lì già gli Etruschi vinificavano e che è stato ricompreso nel primo disciplinare del vino, legato al Chianti, voluto da Cosimo de’ Medici nel 1716.
Con il Marchese Gondi abbiamo degustato il suo Poggio Diamante, 2020 e 2022. Il vigneto, esposto a sud-sud-ovest, circa 3 ettari, è stato piantato nel Duemila dal padre con 5400 ceppi per ettaro su un terreno di galestro con sedimenti calcarei e argilla. La resa è piuttosto contenuta, 50 quintali per ettaro, da cui si ricavano 100 quintali per la selezione che alla fine del percorso di scelta si riduce a 40 quintali per la produzione di 2000 bottiglie, dopo la permanenza in botte di 24 mesi, altri 6 in barrique e infine un anno di affinamento in bottiglia.
Il 2020 è stata, ci ha raccontato il Marchese, un’annata climaticamente interessante con un autunno un po’ piovoso, inverno e primavera caldi ed estate secca; di conseguenza una vendemmia anticipata grazie all’avvenuta maturazione delle uve. Il risultato è la facilità di beva del vino anche giovane, forse, rispetto ad esempio alla vendemmia 2019, con una vita più breve. Il 2022 ha visto un inverno e primavera secchi e caldi e un luglio e agosto con una discreta presenza di piogge che ha riequilibrato il processo di maturazione con una qualità superiore al 2020. In sintesi sono state due annate calde che offrono sentori varietali di tarocco, ciliegia, ribes con una nota di speziatura morbida e liquirizia. Da notare la freschezza tipica del Sangiovese di altura, che sposa tra l’altro una tendenza sempre più presente nella produzione. La vendemmia 2025, già iniziata anche per le uve nere, è stata di grande qualità.
Per finire in dolcezza ma non troppo il Vin Santo Chianti Rufina Riserva “Cardinal de Retz”, vendemmia 2013, 100% Trebbiano, invecchiato in caratelli con la madre per dodici anni. Bouquet ampio, miele, note smaltate, sentore di acquavite, una nota sul finire di cacao; una dolcezza non stucchevole con finale sapido. Complesso senza essere ‘seduto’, più secco del tradizionale – è stata eliminata ad hoc la Malvasia – gourmand per essere abbinato anche al salato, più che vino da meditazione e fine pasto. Interessante ad esempio l’accordo con fois gras o fagiano.