CASAMASSIMA
AGLIANICO
E SCARCEDDE

Casamassima, aglianico e scarcedde

Casamassima, provincia di Bari, sulla direttrice che porta a Conversano, Polignano e Monopoli: il cosiddetto paese azzurro, così definito negli Anni Sessanta dal pittore milanese Vittorio Viviani, che ne rimase colpito e lo immortalò nelle sue tele. Meno noto di altri borghi, la nostra passeggiata è nata a metà aprile dall’occasione di un Festival, 'Borgo Oltremare', una rassegna di giovani, anzi giovanissimi per giovani, che in realtà ha saputo coinvolgere tutta la cittadinanza, e che è promossa dall’Associazione Simpoesia. Il paese, di chiara impronta medievale, sviluppatosi nell’VIII secolo attorno ad una imponente dimora padronale detta “Castello”, è d’altronde da alcuni anni sul trampolino di lancio, consapevole di una identità da raccontare, piena di storie e aneddoti, oltre che di ricette da assaggiare, anch’esse in un progetto di rilancio da parte della Proloco.

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(Uno scorcio del paese azzurro)

La prima degustazione è stata con la vista, nel segno del colore azzurro con il quale sono dipinte molte case del centro storico e che un progetto vorrebbe incentivare per realizzare un piano colore che sorprende in mezzo alla campagna (anche con l’abolizione della Tari per chi vi aderisce). Un caso non isolato, tanto che la ricerca di altri villaggi con le stesse caratteristiche architettoniche ha portato a definire alcuni gemellaggi, primo tra tutti quello con la cittadina di Chefchaouen nel nord del Marocco. Se la leggenda locale faceva risalire la tinteggiatura delle case al manto della Madonna del Soccorso che avrebbe salvato Casamassima dalla peste, in realtà sembra che a promuovere il colore sia stato un facoltoso ebreo, legando la tinta a un passaggio della Torah. Perché a Casamassima? Perché qui si rifugiarono molti ebrei ashkenaziti cacciati dal Portogallo e dalla Spagna, in particolare il Duca Waaz. Se un tempo una volta l’anno le case venivano ritinteggiate semplicemente a calce, con un effetto poco duraturo (lavoro primaverile affidato alle donne) oggi si sta pensando appunto una progettazione organica, che ancora è variegata e discontinua, però regala una certa piacevolezza.

Quest’idea potrebbe rivitalizzare il centro storico, con negozi e ristoranti, oltre che botteghe artigianali e alcuni studi d’artista che stanno cominciando a diffondersi; già qualcosa si muove, ad esempio con il concorso della Proloco per il miglior Balcone fiorito, insignito di una targa; e ancora per l’iniziativa della “cena azzurra” nelle contrade dove si mangia tutti insieme, portando tavoli, sedie e stoviglie da casa, rigorosamente plastic free, possibilmente in azzurro.

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(La chiesa del Purgatorio)

La cittadina, come quasi tutti i piccoli e medi insediamenti in Puglia, ha un borgo centrale le cui mura per lo più sono state abbattute per far spazio alle nuove costruzioni che occupano la cintura intorno al centro, dove le attività commerciali si sono diffuse e dove anche l’offerta culinaria è diventata più internazionale, fusion, qualche volta confusion.

La grande piazza Aldo Moro con il monumento ai caduti – presente in ogni paese della Puglia, regione che ha dato purtroppo un grande contributo di vite nella Prima Guerra Mondiale – presenta una Chiesa del Purgatorio, primo edificio religioso allora fuori dalle mura, dove poi si sono visti proliferare i palazzi nobiliari, dalla quale attraverso la Porta dell’Orologio si accede al Borgo antico lungo quella che era un tempo la via dei Molini. Passeggiando tra le strade tortuose, ancora lastricate come in origine con le cosiddette ‘chianche’ o basole in pietra, si incontrano la Chiesa matrice di Santa Croce risalente al 1321, il Monastero di Santa Chiara (in restauro), l’Arco di Santa Chiara sotto il quale si trova l’affresco settecentesco della Madonna di Costantinopoli, al cui mantello secondo alcune fonti si sarebbe ispirato Vaaz.

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(Le scarcedde pasquali)

Casamassima era in origine un’area rurale, per cui la tradizione culinaria è legata alla terra, non al pesce, e a piatti poveri contadini. La toponomastica ci dà qualche indicazione come il 'Chiasso buongustai' – struttura urbanistica di origine araba come il Vico – dove vi era l’antico forno del Duca di Vaaz o via 'Il forno'; o ancora 'il Rione Scesciola', nome di reminiscenza araba che significa “labirinto”, frazione di piccole case contadine caratterizzate da un locale a piano terra chiamato “soltano”, un locale al piano rialzato detto “soprano” raggiungibile da una scala esterna in pietra e il “vignale”. Al lato delle finestre, mensole a in pietra che sostenevano assi di legno per essiccare fichi, pomodori e vari prodotti del territorio.

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(Uno scorcio di via il Forno (FILEminimizer).jpg)

Tra i piatti più tipici il “cazzomarro”, un involtino di interiora di agnello per lo più, piatto pasquale come l’agnello al forno. Nel periodo pasquale passeggiando è bene guardare in alto perché ai balconi sono appese le Pupe della Quarantana, di pezza, sette bambole, ognuna con un proprio nome, che vengono appese all’inizio della Quaresima e tolte una ad una al passare delle settimane finché non resta Pasqua, la sposa, vestita di bianco.

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(I 'taralli pazzi')

Piatto locale eletto a simbolo è il Coniglio ripieno di uova, formaggio e pane al quale la Proloco ha dedicato una sagra e che sta conquistando un certo successo, servito con i lampascioni, una variante della cipolla, per la festa di San Rocco di Montpellier, protettore della città e molto amato dai Casamassimesi. La seconda domenica di settembre il Santo viene vestito interamente d’argento e addobbato con i gioielli che i promessi sposi regalavano alla fidanzata quando il matrimonio andava a monte. In quei casi infatti le ragazze preferivano non restituire la parure al fidanzato ma donarla al Santo; una scelta alla quale non si poteva obiettare. E ancora ricordiamo la Focaccia di patate e lo Spumone, un semifreddo a strati con Pan di Spagna bagnato con l’Alchermes alternato a gelato di vaniglia, cioccolato e mandorle tritate.

Diffusi anche i Biscotti “a tuttuovo”, in doppio strato ricoperti di glassatura.

Dolci pasquali sono i Bocconotti, di pasta frolla con marmellata, pan di Spagna e “Gileppo” o “Scilep”, glassa colorata; alcuni di pasta di mandorla e amarene. A Casamassima, in modo particolare, per Pasqua si preparano poi le Scarcedde o scarcelle e i Taralli pazzi o glassati. Le prime hanno diverse forme, simboli della rinascita alla vita: colomba, campana, coniglietto, cestino, con al centro sempre l'uovo sodo e le codette colorate. I Pazzi invece sono taralli molto semplici rivestiti di bianco, anche questo simbolo di purezza e rinascita.

La vocazione agricola offre olio di qualità, una buona varietà di verdure, protagoniste anche della Tavola dei Morti preparata per Ognissanti. Si dice che le anime del Purgatorio vengano a visitare le case seguendo le luci delle candele lasciate accese dai parenti per la città e si preparano tavole imbandite con le migliori cibarie del mondo contadino, fra cui maccheroni al sugo, fave lesse, fichi secchi, noci, melograno, funghi, mosto cotto, pane e vino rosso, pizza dolce e calzone di cipolle, frutta di stagione.

A Natale invece ricordiamo i Calzoncelli, chiamati anche cuscino di Gesù Bambino o cuscino degli angeli, ricetta che ha origini molto antiche; risale infatti al decimo secolo quando i Saraceni conquistarono la Sicilia e l'Italia meridionale. Nonostante gli invasori abbiano combattuto la cristianità questo dolce tipico è legato per i pugliesi al Natale. Gli ingredienti per la farcia sono vincotto, zucchero; olio, mandorle, noci, bucce di arancia e limone e marmellata. L’impasto invece richiede farina, olio, vino caldo e una spolverata di cannella.

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(La Tavola dei Morti)

Tra le particolarità dei prodotti della campagna le ciliegie, in particolare le cosiddette “Ferrovia” che maturano già a maggio, così chiamate perché crescevano e si coltivavano parallele alle longarine dei binari anche se ci sono diverse versioni riguardo all’origine. Si parla sia di San Michele sia di Turi come patria, borghi vicino a Casamassima. Particolarmente apprezzata, presenta la buccia rosso vermiglio e una la polpa rosa, di forma a cuore con un peduncolo allungato. La consistenza della polpa è forte e croccante, il sapore intenso, dolce e succoso, il frutto è capace di mantenersi fresco per giorni.

Per quanto riguarda i vini, protagonista tra i vitigni è il Primitivo, così chiamato perché è il primo a maturare, ricco di antociani che rendono il colore particolarmente vivo e ricoperto di pruina che lo difende dall’intensità dei raggi del sole. Considerato autoctono, lo si è scoperto identico allo Zinfandel coltivato in California ma non è da lì che proviene, bensì dai Balcani e a Casamassima, in particolare, dalla Serbia.

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