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ALDO, GIOVANNI
E GIACOMO
UNA MACCHINA
DA SPASSO

di ANDREA ALOI

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“Siamo tre clown che in scena diventano un clown solo. Ognuno di noi è gregario e leader”. Così Giovanni Storti, amico più che collega di Aldo Baglio e Giacomo Poretti, incornicia la mirabile verve comica e mimica di una “macchina” da spasso amatissima in viaggio da quarant’anni per teatri, tv e sale cinematografiche. Il segreto di questi tre incalliti adolescenti prossimi alla settantina sta qua. Complicità, felice immaturità e una chimica speciale, perché “non ci vediamo per mesi e poi di colpo scatta la magia e ricominciamo a funzionare insieme”. Aggiungiamo pure tanta gavetta, qualche musata utile a vaccinarsi contro qualsiasi complesso di superiorità indotto dal successo e le tante sliding doors che riserva la vita.



Le racconta in abbondanza la francese Sophie Chiarello, assistente alla regia per diversi film del trio, in un documentario affettuoso venato di malinconia, scalfito dal tanto tempo che è stato e destinato a rievocazioni miste a rimpianti. S’intitola “Attitudini: nessuna”, come da testuale, crudele giudizio su Aldo messo nero su bianco in una pagella delle elementari. Una benedizione all’incontrario, mentre quella propizia sarebbe arrivata per Baglio e Storti, amici fin da bambini, nell’oratorio con teatro della parrocchia milanese di Sant’Andrea. Un classico, le recite amatoriali. Idem per il giovanissimo Poretti, impegnato a calcare il palcoscenico dalle suore poco lontano, a Villa Cortese, paesetto vicino a Legnano, ma sempre nell’orbita di Milano. Aldo figlio di immigrati da Palermo, Giovanni e Giacomo nati in famiglie operaie, vicino alla parrocchia di Sant’Andrea oggi c’è la Fondazione Prada, nella seconda metà degli anni Cinquanta si arrivava con fatica a fine mese causa i magri salari di chi, come s’usa dire in meneghino, tirava la lima, ovvero si arrangiava appena. Case col bagno fuori, pallone per strada e s’impara a guardare le cose dal basso, tic, debolezze e virtù della gente, senza riverenza per i “signori”, con dignità. Parole del padre di Giovanni: “Finché ci sono operai a spasso senza lavoro, non faccio straordinari”. Un’altra Italia, eccome. Il trio è nato in quel brodo lì.



Giovanni e Aldo frequentano la scuola serale di mimo e recitazione all’Arsenale di via Cesare Correnti, Giacomo da infermiere all’ospedale diventa un mago delle punture e si sente già un re, poi molla e salta nel vuoto, dando vita con Marina Massironi (sua fidanzata e quindi moglie, sono separati da tempo) al duo comico “Hansel&Strudel”. Un buon incontro è quello con la regista Paola Galassi, Giacomo si è aggregato a Giovanni e Aldo, debuttano a teatro, cominciano a forgiare un repertorio stralunato ed efficace, fresco. Dalla troupe dei bulgari alla presa in giro degli svizzeri italiani tonterelli, alla strepitosa gag di Aldo-Ajeje Brazov, migrante senza biglietto sul tram perseguitato dal controllore Giovanni. Il pubblico se li gode, Paolo Rossi li chiama nel suo “Circo”, arrivano a teatro i “Corti” con la regia di Arturo Brachetti, che li accompagnerà negli spettacoli con tutto esaurito da “Tel chi el telùn” a “Ammutta Muddica”, vanno a mille allo Zelig di viale Monza e in tv con “Mai dire Gol” della Gialappa’s.



Cabaret circense e teatro, un mix unico. In scena i tre improvvisano, sfruttano con tempi teatrali formidabili e una fisicità unica pure gli incidenti, dalla quinta malferma al Giovanni che dimentica la battuta. Nel documentario Brachetti testimonia il singolare metodo di lavoro dei tre: arrivo in ritardo alle riunioni, abbondanti chiacchiere sull’Inter e si può partire col cazzeggio creativo. Sono intimamente anarchici, o così o niente. Sfilano in “Attitudini: nessuna” tanti capelli bianchi, Santin, Gherarducci e Taranto della Gialappa’s, Gino e Michele, Walter Veltroni accompagna Giacomo in visita privata a Botteghe Oscure con obbligatoria citazione di Tafazzi e del tafazzismo, virus incurabile della gauche italiana. Si ricorda chi non c’è più, come il produttore Paolo Guerra, legato ai successi cinematografici di Aldo, Giovanni e Giacomo da “Tre uomini e una gamba” del ‘97 a “Odio l’estate” del 2020, col ritorno di Massimo Venier, loro regista storico.



Il trio grazie al cinema diventa un’istituzione. Senza crepe, a parte l’inguardabile, stentato “Il cosmo sul comò” e il flop di “Fuga da Reuma Park”, filmaccio che, a onor del vero, Aldo non avrebbe voluto fare. Il critico Gianni Canova spende giudizi lusinghieri sull’insieme del loro lavoro cinematografico, dal finale spiazzante di “Tre uomini e una gamba” alla buona scrittura di “Chiedimi se sono felice”. Film articolati sul viaggio, l’amicizia, il melting pot razziale, la grettezza opposta a una solidale umanità, gli amori, le abbondanti ghignate, qualche lacrima, tanto gusto artigianale per i particolari (“Tre uomini e una gamba”: Giacomo all’ospedale in colica renale usa come pigiama la maglia nerazzurra del mezzo bidone Sforza, comprata perché quella di Ronaldo era esaurita). In più colonne sonore di forte impatto emotivo, dai Negrita a Samuele Bersani a Brunori Sas. E mettiamoci anche la suggestiva puntata nell’onirico di “Così è la vita”. Il botteghino ha sempre dato risposte positive e calamitare tanta attenzione con un divertissement garbato, vivace e intelligente è cosa degna.



Aldo, Giovanni e Giacomo nel doc lasciano intravedere una linfa onesta e popolare, sono pure capaci di autocriticarsi come stupidi per aver riservato un trattamento inconsapevolmente brusco a Marina Massironi, “tagliata” dopo i primi tre film quasi senza spiegarle il motivo. Si valutano reciprocamente: Aldo è un uomo non codificato, imprevedibile, Giacomo un collante indispensabile, Giovanni una sicurezza, se dice che un’idea non funziona, è sicuro che ha ragione. Al momento sono in pausa, Baglio vive in Sicilia con la moglie attrice Silvana Fallisi e dipinge, Storti è impegnato a spiegare su Instagram che senza alberi e natura siamo fottuti, Poretti si dà da fare nel Centro culturale “San Fedele” di Milano e ha un podcast. Lavoreranno ancora insieme, s’immagina e si spera, a dispetto di rughe e cigolii.



“Attitudini: nessuna”, quasi due ore di piacevole visione, è distribuito da Medusa.






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