e
di
MASSIMO CECCONI
alla NEWSLETTER di foglieviaggi
Due premesse. In assoluto, l’argomento “sentimenti” è un terreno minato nei confronti del quale accade spesso di commettere errori fatali. Di converso, spesso il cinema francese con quell’argomento se la cava bene, a volte persino molto bene.
Mettici anche che il film “L’attachement - La tenerezza” è tratto dal romanzo “L’intimitè” di Alice Ferney e che a dirigerlo sia Carine Tardieu, regista francese con pochi film in carniere seppure di un certo interesse, e le credenziali aumentano in attesa della controprova.
Siamo a Rennes, nobile capoluogo di Bretagna, ai giorni nostri.
Sandra (Valeria Bruni Tedeschi) è una libraia impegnata intorno ai cinquant’anni. Single convinta, fumatrice accanita, resistente all’alcol e, sembrerebbe, alle tentazioni subdole della vita.
All’inizio della storia, in qualità di vicina della porta accanto, le viene affidata suo malgrado la cura di Elliott, un ometto di cinque anni la cui madre incinta deve recarsi in clinica essendosi rotte le acque.
Ad accompagnarla in ospedale c’è Alex (Pio Marmaï), padre della nascitura ma non di Elliott che ha un altro genitore naturale.
Il dramma della quotidianità è però dietro l’angolo: durante il parto la donna muore dando alla luce la piccola Lucille.
Da questo tragico antefatto, senza però che la storia vi indugi più di tanto, ha inizio un crescendo di situazioni, scandito dai mesi di crescita di Lucille, vissute da una famiglia molto allargata nella quale prendono corpo, ognuno con le proprie miserie e le proprie nobiltà, le figure del padre di Elliott, della madre e della sorella di Sandra e della nonna svanita di Elliott e Lucille, senza trascurare il ruolo di Emilia, una pediatra a cui Alex si rivolge per necessità, che con lo stesso Alex arriva sino al matrimonio, salvo successivi imprevisti.
Una sequenza scoppiettante di scene di vita spariglia le carte dei personaggi e le ricompone in un gioco di affetti o di presunti tali, in cui ricoprono un ruolo narrativo significativo ironia e fragilità, superficialità e profondità, partecipazione ed egoismo.
Poco prima che appaia la parola “fine” si manifesta apertamente l’attaccamento di Sandra per i due bambini se non addirittura la sua voglia di maternità, sempre repressa.
Per dirla con Brecht: “Quando gli si danno due manate di terra, quasi ognuno ha amato il mondo”.
Film corale in cui domina la scena la Sandra di Valeria Bruni Tedeschi che si esibisce credibilmente nelle sue piccole e grandi manie, anche verbali, crogiolandosi nella neutralità nei confronti delle scelte di vita, temendo di affezionarsi troppo ai personaggi che le stanno intorno, ma cedendo inesorabilmente a due campioni impareggiabili di empatia come il piccolo César Botti, persino troppo perfetto nella parte di Elliott, e della sorellina.
Mentre la prima parte del film fila via con un suo perché, più ci si avvicina al finale più la vicenda si incarta e un po’ si infiacchisce. Rimangono in sospeso alcuni elementi narrativi il che non porta completo giovamento alla buona causa del lavoro.
In conclusione verrebbe da pensare che anche gli autori francesi, in caso di sentimenti, devono stare attenti ai campi minati.
Con la solita pedanteria, i distributori italiani hanno appiccicato (verrebbe da dire, attaccato) il sottotitolo “La tenerezza” che serve solo a banalizzare.
Da invidia, invece, la degustazione di ostriche di Concale accompagnata da un ballon di vino rosso.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI FOGLIEVIAGGI
© Tutti i diritti riservati