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LA FINE
DEL MONDO
NELLA VITA
DI CHUCK

di MASSIMO CECCONI


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Il valore del tempo rappresenta il centro narrativo di “The Life of Chuck”, un film che il regista Mike Flanagan ha tratto dall’omonimo racconto di Stephen King.

Le opere dello scrittore americano si misurano spesso con il fantastico senza però mai dimenticare la realtà, storica e sociale, in cui si collocano.



Miscelando il tempo, il prima con il poi e il poi con il prima, Flanagan ricostruisce un racconto empatico attraverso la grazia intrinseca dei personaggi che configurano gli scenari nei quali si muovono.



Scandito in tre atti a ritroso, il terzo atto, che viene servito per primo, racconta proprio la fine del tempo del mondo in un susseguirsi di eventi apocalittici che rappresentano il blackout della tecnologia e calamità naturali che preludono all’apocalisse, prima che il firmamento si spenga definitivamente.



Riducendo a ventiquattro ore il calendario cosmico, assistiamo impotenti agli ultimi attimi di vita sulla terra.

Prima della fine però ripetuti e misteriosi messaggi visivi ringraziano tale Charles “Chuck” Krantz per 39 anni fantastici…



Atto secondo. Mentre cammina per le strade di una cittadina che si appresta a fare festa, Chuck adulto, sollecitato dal ritmo di una batteria suonata da una ragazza, inizia a danzare coinvolgendo una giovane donna e un pubblico sempre più numeroso e partecipe.



Il ritmo sfrenato prende il sopravvento e sembra riconciliare gli elementi.

Il ballo liberatorio prelude però a un passeggero stato di malessere la cui gravità verrà scoperta in seguito.



Nell’atto terzo entra in scena Chuck da bambino quando, dopo la morte dei genitori in un incidente automobilistico, viene affidato alle cure amorevoli dei nonni paterni.

Il ragazzo ritrova la felicità soprattutto attraverso la pratica del ballo che condivide a scuola con un gruppo di coetanei.



Significativa è poi una riflessione, indotta da una insegnante, sul verso “… contengo moltitudini” di Walt Whitman, poeta americano per antonomasia.

La morte della nonna e il divieto del nonno di oltrepassare la soglia della stanza che sta nel sottotetto della casa in cui abitano preludono a un ulteriore shock temporale dove il passato si manifesta come futuro nel rivelare ciò che accadrà.



L’immagine clou è quella di Chuck sul letto di morte dopo 39 anni di esistenza per la quale molti gli sono grati.

“The Life of Chuck” è un film poeticamente spiazzante dove le piccole cose e i piccoli gesti rivestono un’importanza assoluta, declinati con sapienza narrativa che dalla parola scritta trasmigra alla visione senza che ci siano cedimenti o trasdimentui emozionali.



Quello che si vede è quello che è, oppure no. Essere e non essere si palleggiano l’interpretazione della realtà senza che nulla possa prevalere.

Ma le parole non bastano a rendere giustizia a questo film anomalo in cui gli interpreti svolgono un ruolo di rappresentazione pudica e condivisa.



Cast di spessore con Tom Hiddleston, Mark Hamill, Karen Gillan, Chiwetel Ejiofor e Jacob Tremblay, straordinario Chuck ragazzino.

Scovatelo dove sia possibile vederlo, “The Life of Chuck” vi ricambierà con grande generosità.

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