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COMMEDIA
UMANA
A RITMO
DI SBAGLI

di ANDREA ALOI

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Gianni Di Gregorio, il più maturo esordiente del cinema italiano, nel 2008 a quasi sessant’anni col fortunato e premiato “Pranzo di ferragosto”, ha portato a Venezia, alle Giornate degli Autori, la sua sesta commedia, “Come ti muovi, sbagli”, di cui è, come sempre, pure sceneggiatore (insieme a Marco Pettenello) e attore protagonista. Stavolta il suo Gianni, consueto alter ego del regista romano, indossa i panni di un solitario professore in pensione che subisce/riceve una imprevista visita dalla Germania. Gli capitano nella bella casa-tana con ogni comodità al posto giusto, la figlia Sofia (Greta Scarano) coi figli, l’adolescente Olga (Anna Losano) e il piccolo Tommaso (Pietro Serpi): Helmut (Thomas Wlaschiha), marito di Sofia e professore, l’ha tradita con un’allieva. Una bomba sul placido train de vie di Gianni, diviso pigramente tra bar-rosticceria sotto casa e studio pieno di libri dove dovrebbe scrivere un saggio sui Longobardi e invece sonnecchia beato dopopranzo. A sovrintendere su giornate sempre uguali è Rishad, un tuttofare meticoloso, impeccabile nelle pulizie e bravo cuciniere, insieme formano una “coppia” ideale per quanto detestano qualsiasi deragliamento dall’ordinario. A Gianni non manca niente, solo all’apparenza però, come si capirà alla fine.



Messa così sembra ed è la classica commedia garbata, ma si stacca dal gruppone delle storie zuccherine - nostrane e non - per una scrittura di sottile precisione, meticolosa nel disegno del pur minimo character, e un ritmo giocato sapientemente tra accelerazioni, pause divaganti e intelligenti twist narrativi. E il prologo del film con Helmut e la studentessa rapiti dallo spiritello dell’Eros dopo che il prof ha letto in aula il canto di Paolo e Francesca è un gioiello di regia. Poi c’è lui, Gianni con la sua immutata cifra di anzianuccio sornione incardinato in una Roma semi-immaginaria, dove si fa vita di quartiere, s’invecchia mica male e ci pensa la vita a spettinare anche la più quieta delle esistenze. È un gattone capitolino con borsoni sotto gli occhi, spesso in mano una sigaretta e più spesso un calice di bianco, indispensabile compagno di convivi, riflessioni e confessioni, di peripezie a misura di un fisico che mai ha conosciuto palestra. Il personaggio, immerso in storie permeate di una smagata leggerezza, non cambia, ha il suo pubblico, immaginabilmente di coetanei, è un piccolo eroe della quotidianità che trascina con sé in ogni film tic, indolenze e sguardi al cielo della serie “ma guarda che me tocca sentì”.



“Come ti muovi sbagli” in fondo è solo l’ultimo episodio di un’unica commedia umana, iniziata in “Pranzo di Ferragosto” al limitare della terza età con Gianni accudente figlio di una nobildonna in bolletta e proseguita con le tentazioni del viagra (“Gianni e le donne”), l’incipiente pensione (“Buoni a nulla”), l’illusoria fuga da una realtà angusta (“Lontano lontano”), una squassante passione tardiva (“Astolfo”, gran duetto con Stefania Sandrelli). Storie sempre azzeccate, se pur di valore ineguale, con Gianni puntualmente sbilanciato da eventi impensabili che gli offrono nuove prospettive.



“Ma dove pensate di andare?” chiede alla spigolosa Sofia, doppiamente furente perché ha sacrificato gli studi per il dottorato alla famiglia. “Qui”, risponde la figlia nell’ingresso della casa del padre, occupato da una trincea di valigie e borsoni. Gianni accetta la sorte, è un buonone, tollera i malestri del nipotino quando gioca a palla in corridoio o gli rompe un prezioso soldato in porcellana (“è un bambino”), assiste con sensibilità Olga preda di una cotta per il glaucopide figlio del rosticcere, si acconcia a rassettare casa e si mette disastrosamente ai fornelli quando il precisino Rishad prende e se ne va, sconvolto dal disordine portato dalla nuova tribù. Gianni, uomo in fuga da impegni e dagli occhi dolci dell’amica Giovanna (Iaia Forte) si scopre nonno full time e padre accondiscendente della spigolosa Sofia, che ha ripreso a studiare e rivede vecchi amici con la speranza di una relazione. In più è confidente e consigliere via telefono di Helmut, disperato e pentito, disposto a un vero pellegrinaggio a piedi da Heidelberg a Roma per espiare e riconquistare Sofia.



Non guastiamo il piacere di varie sorprese in arrivo, sotto l’egida di un “volemose bene” familiare per nulla banale e intimamente sentito. Insomma, nel mazzo dei lavori di De Gregorio, “Come ti muovi, sbagli” va messo tra le riuscite migliori. Di aurea lunghezza (97 minuti) e ben fotografato da Maurizio Calvesi, il film è prodotto da Bibi Fils e Rai Cinema, distribuisce Fandango.






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