Mettiamola così. Il cinema di Wes Anderson è divisivo per definizione. Piace o non piace, difficile se non impossibile che ci siano mezze misure.
Per quanto surreali e, spesso, compiaciuti, i film di Anderson attingono a un raro patrimonio culturale di visione della realtà che li spinge sempre, o quasi, verso l’irrealtà attraverso dialoghi e immagini in continuo precario equilibrio con la provocazione. Un cinema che chiede di essere accettato e accolto per quello che è, astenendosi dalle classificazioni e persino dalla comprensione.
Una sorta di “Helzapoppin'” permanente a cui lo spettatore affida il proprio piacere di cogliere le immagini e i colori, i pieni e i vuoti, i suoni e i silenzi.
L’esile trama di “La trama fenicia” (“The Phoenician Scheme”) racconta le peripezie di tale Zsa-Zsa Korda (Benicio Del Toro), magnate di non si sa cosa, che si impegola in un progetto improbabile, alle prese con mondi e capitali che gli si ritorcono inevitabilmente contro.
Contestualizzata dai titoli di testa nell’anno 1950, ma potrebbe essere collocata cento anni prima o duecento dopo, la vicenda partecipa alle disavventure del citato Korda che, coadiuvato dalla presunta figlia quasi suora Liesl, sfugge ad attentati e minacce vari per sostenere le sue tesi strampalate che coniugano capitalismo con socialismo in un mondo dove, per fantasia estrema, nessuno deve essere sfruttato da alcuno.
Si procede quindi per episodi come fosse un’esplosione di colori e di sapori nel più che collaudato menu del regista che, in questa occasione, fa un po’ fatica a tirare le fila di una narrazione stiracchiata che, anziché épater le bourgeois, tende ad avvolgerlo in una sottile nebbiolina a tratti noiosa.
Certo si susseguono colpi di scena eclatanti ancorché fini a se stessi, che restituiscono le tematiche preferite da Anderson, senza però fornire una chiave di lettura, sia pure antitetica, che conforti minimamente lo spettatore. Sembra lontana l’età dell’oro di “Grand Budapest Hotel” (2014) o anche la malinconia calligrafica di “The French Dispatch” (2021 )in cui l’affabulazione dispersiva di Anderson si affidava a idee ben più originali e spiazzanti.
Bravissimi gli interpreti che affiancano il talento istrionico di Benicio Del Toro.
Tom Hanks, Benedict Cumberbatch, Mia Threapleton e Scarlett Johansson stanno al gioco con divertita, e divertente, partecipazione.
Mentre, in un siparietto in bianco e nero che simula un tribunale dell’aldilà, si cimentano Bill Murray (nella parte di Dio), Charlotte Gainsbourg, William Dafoe e F. Murray Abraham.
Quindi, come sempre, dovizia di interpreti ben felici di sostenere la causa.
Certo ci sono tutti gli ingredienti del cinema di Anderson, i colori sgargianti, il gusto del particolare, l’attenzione maniacale al design e, non ultimo, l’uso narrativo del surreale che qui però sembra non graffiare come in precedenti esperimenti.
Insomma, se dovessimo consigliare a un neofita l’approccio con il cinema di Wes Anderson forse “La trama fenicia” la eviteremmo.
Il fascinoso rutilante mondo dell’ingegnoso autore sembra qui un po’ appannato. Attendiamo riprova.
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