Nella sua ormai lunga cavalcata tra i generi il cinquantasettenne François Ozon non si è mai fatto mancare alcunché e stavolta, dopo la commedia brillante “Mon crime. La colpevole sono io”, tocca ai 102 minuti di “Sotto le foglie” (“Quand vient l’automne”), un thriller malinconico graffiato dai sospetti, emotivamente governato da tre figure femminili di superbo impatto drammatico. Dalla spumeggiante Parigi anni Trenta passiamo all’odierna campagna di Borgogna, quieta e però gravida di segreti. L’anziana, vivace Michelle (Hélène Vincent) vive sola e la visita del nipotino Lucas (Garlan Erlos) e della malmostosa figlia Valérie (Ludivine Sagnier) è un avvenimento; così, accompagnata dall’amica tabagista Marie-Claude (Josiane Balasko), se ne va nel bosco a cercar funghi per ammannire agli ospiti una gustosa quiche.
Alla gioia di Michelle per il rendez-vous risponde l’umore scuro di Valérie, vive separata dal marito Laurent (Malik Zidi), è sempre trafelata, si capisce che ha con la madre un conto apertissimo. Alle vecchie ferite si aggiunge un “incidente”, i funghi la fanno star male, arriva l’ambulanza, si riprende e decide di ripartire immediatamente portandosi dietro il figlio, affezionato alla nonna, che doveva rimanere in Borgogna per una vacanza. Valérie accusa Michelle: volevi uccidermi. I dissapori diventano un baratro, il forte malessere causato dai funghi cade nel momento sbagliato e convince definitivamente Valérie che la madre è una pessima persona.

Possibile? Michelle è una vecchietta tranquilla, affettuosa col nipote, accompagna regolarmente l’amica Marie-Claude al carcere, dov’è detenuto suo figlio Vincent (Pierre Lottin), delinquentello sui trentacinque-quaranta. E quando il ragazzone malcresciuto esce di prigione Michelle lo assume come giardiniere-tuttofare. Ozon ci lascia al largo in un mare di dubbi, le acque, dopo la partenza della furibonda Valérie tornata in città, si sono calmate ma “sentiamo” che stanno arrivando altre ondate insidiose. Tutto, proprio tutto, ciò che il regista esibisce contiene il germe del sospetto, stimola congetture. E questa è classe.

Accogliere l’ex detenuto praticamente in casa non è un azzardo per Michelle? E cosa la lega così intimamente all’amica Marie-Claude? Perché solo Valérie è rimasta intossicata dai funghi? Se la minuta Hélène Vincent - già con Ozon nel potente “Grazie a Dio” del 2019 incentrato sulla battaglia giudiziaria di alcune vittime contro un prete pedofilo a distanza di molti anni dai misfatti - è, nei panni di Michelle, un’ideale “scatola dei misteri”, così tranquilla e determinata a preservare (a ogni costo?) il rapporto con l’amato nipote, il torbido Vincent lascia dietro di sé una scia di diffidenza. Cosa va a fare di notte nel parco del paese? E perché è andato in città, all’insaputa di Michelle e Marie-Claude, a trovare una Valérie sempre più tormentata? L’incontro promette guai, che puntualmente arrivano. Valérie cade dal terrazzino di casa e muore, mentre Vincent è in casa da lei. Accidentalmente?

Tempo dopo, rivediamo l’ex carcerato gestore di un bar, acquistato coi soldi di Michelle, senza remore nel destinare al figlio dell’amica, deceduta dopo un breve ricovero in ospedale, una bella somma di denaro, mentre ha promesso il suo appartamento in città dove viveva la figlia Valérie al nipote. Insomma, aveva accumulato un discreto capitale. Come? E riuscirà la polizia a far luce sulla morte di Valérie? L’ormai proverbiale provincia francese è culla di umanissimi misteri e in “Sotto le foglie” non si celano solo vecchi rancori pronti a esplodere come in un thriller di Chabrol, ma diversi passati destinati ineluttabilmente a riemergere per venire sepolti di nuovo. La Borgogna di Ozon giunge in sala pochi mesi dopo l’Aveyron di Alain Guiraudie. Il suo “L’uomo del bosco” con Catherine Frot, una fuoriclasse, e Felix Kysyl, è una fiaba noir anch'essa all’insegna di una fatidica foresta, innescata da un ritorno inatteso e dalla forza di un desiderio ingiudicabile.

Ozon, al solito anche sceneggiatore e qui affiancato da Philippe Piazzo, punta piuttosto su una tensione che cresce e poi continua ad aleggiare. Il colore non è il nero, ma il grigio. E se alza veli, tra toni agri e lampi di tenerezza, alla fine chiama lo spettatore a giudicare. Il cast è più che robusto, il regista è andato sul sicuro con Hélène Vincent e Josiane Balasko, mentre Pierre Lottin è la maschera ideale per un legno storto in cerca di una redenzione difficile e merita applausi Ludivine Sagnier, una Valérie nevrile e intimamente disperata, segnata da anni difficili con la madre. L’attrice è una presenza non infrequente nei film di Ozon fin da “Gocce d’acqua su pietre roventi” (2000), tratto da una pièce di Fassbinder, “nume” artistico direttamente evocato dal regista parigino anche nel recente “Peter von Kant”, rivisitazione al maschile di “Le lacrime amare di Petra von Kant”.

Melodramma, thriller, noir, commedia classica (che delizia “Potiche-La bella statuina” del 2010 con Catherine Deneuve), per Ozon, che produce in proprio con FOZ, stare sul set con libero spirito creativo è la vera felicità. Distribuisce da noi BIM.