FASCISTISSIMUS.

Da quando la destra è ritornata a guidare alcune nazioni europee ― e dove non governa ha però trovato consensi elettorali di massa ― la questione del fascismo e dell’anti-fascismo è tornata a galla prepotentemente.

Il sospetto dei democratici è che le correnti di fascismo presenti oggi siano strettamente imparentate a quelle che avevano portato al secondo conflitto mondiale. Che abbiano covato sotto la cenere, si siano travestite per riuscire a fare politica sotto mentite spoglie nell’Europa postbellica democratizzata, e che il fuoco sacro del loro ”credo” (qualunque esso sia) arda ancora vivo e vegeto, e sia lo stesso di tanti anni fa.

Questa, fra l’altro, sarebbe l’interpretazione più forte della presenza di una “fiammella” tricolore sul simbolo del partito “Fratelli d’Italia”: quella che ardeva sulla bara (la base, con su scritto MSI nelle precedenti versioni) di Benito Mussolini.

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L'evoluzione del simbolo della destra italiana

Ora, una delle difese retoriche utilizzate dalle destre europee per rintuzzare questi sospetti (e queste accuse neanche tanto velate) e mandare la palla in calcio d’angolo, consiste nell’equiparare il fascismo al comunismo. Così, quando qualcuno chiede ad un (ex) fascista di dichiararsi “anti-fascista” ― vale a dire: di abiurare pubblicamente al suo credo passato o ancora presente ― l’immancabile risposta è quella di rivoltare la frittata: mi dichiarerò antifascista un secondo dopo che tu ti dichiari anti-comunista.

Gli “anti”- hanno un portato storico. L’anti-comunismo rievoca il maccartismo, una stagione brutta e feroce della lotta politica in Occidente e negli Usa in particolare, con la caccia alle streghe, la ricerca spasmodica delle spie del Cremlino, che si andava a saldare alla lotta contro il comunismo dei regimi fascista, franchista e nazista. Ancora: la legislazione che impedisce ai “comunisti” di partecipare legalmente alla gestione dello Stato sia negli Usa che nella Germania postbellica, all’epoca del terrorismo della Rote Arme Fraktion, con il “Berufsverbot”. Lì la storia della (non) democrazia ha toccato il suo punto più basso in Occidente.

Orban giorgia
L'Europa che guarda a destra

Dichiararsi quindi anti-comunisti e accomunarsi alla parte di coloro che di quel vessillo hanno fatto una pratica terribile, dovrebbe essere impossibile per qualsiasi persona sinceramente democratica. E quindi l'abiura desiderata, la dichiarazione di anti-fascismo, non arriverà mai.

D’altra parte, pur essendo stato l’anti-fascismo un cemento politico per tutte le forze che si sono coalizzate durante il regime mussoliniano, e soprattutto verso la fine della guerra, nel tentativo di far terminare il governo fascista ― dai comunisti fino ai monarchici (sì, esatto, c’erano anche i monarchici!) ― il termine in sé non indica nulla di positivo. E in alcuni tragici episodi ha evocato atti di ferocia inaudita e di vera e propria barbarie. Atti che spesso sono stati sottaciuti da una sinistra in vena di censure e di lavaggio di panni sporchi in casa propria. Sbagliando.

Forse allora è il caso di dire due parole sull’argomento.

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Riunione del CNL e del CNLAI nel settembre 1943

Ciò che mi accingo a scrivere credo che dispiacerà a qualcuno. Ma in questi casi ― per fare chiarezza, come dicono i filosofi ― occorre dire la verità, vale a dire occorre dichiarare “esistente” ciò che è (o ciò che è stato), e dichiarare “inesistente” ciò che non è, o non è mai stato.

kapital

Il comunismo filosofico, o teorico, nasce da una elaborazione originale che si deve quasi interamente a Karl Marx. Il quale, va ricordato, era un filosofo prestato alla contesa teorica, che sentiva il bisogno di dare una mano per “cambiare il mondo” in meglio, non limitandosi solo a “interpretarlo” con sistemi logico-teoretici.

L’opera di Marx, per l’epoca, è straordinaria. Provenendo dalla sinistra hegeliana, cioè dalla astrazione più raffinata di quel tempo, ha avuto la capacità di immergersi nell’economia, con le armi della raffinatezza deduttiva e dialettica, per comprendere il fenomeno della produzione capitalistica, svelandone molti dei processi oscuri o impliciti (“Das Kapital”). Così come è avvenuto per l’indagine sull’origine della moneta e sul suo uso (“Gründrisse”, un testo ancor più corposo e forse più intrigante del Kapital).

Grundrisse

A mio modestissimo giudizio, questa immersione nei numeri ha nuociuto non poco alla filosofia di Karl Marx, perché ne ha inaridito l’aspetto umano a favore di una sorta di “oggettività”, e ha fatto deviare Marx verso un meccanicismo insensato. Il problema non è il capitale, con le “sue” leggi, o della moneta, con le “sue” pratiche. Il problema sono sempre e soltanto gli uomini, che usano qualunque cosa, ma soprattutto il potere dato loro dal denaro, per controllare gli altri uomini e obbligarli a fare quello che riescono ad imporre loro. Il problema è lo sfruttamento dell’uomo da parte dell'uomo. Ben venga la comprensione dell'economia e della finanza, ma poi i processi devono essere riportati sulle gambe degli uomini.

È la stessa cosa che vale oggi per l’Intelligenza Artificiale, che è uno strumento infinitamente più potente del denaro, e che è già in grado ― ma lo sarà straordinariamente di più nei prossimi anni ― di generare ricchezze e mettere nuove classi al potere.

manifesto

È vero che nel suo “Manifesto del Partito Comunista” (1848), scritto insieme all’amico e sostenitore Friedrich Engels, Karl Marx aveva previsto vari stadi di sviluppo della sua idea di società, passando dallo stadio medievale in cui si trovava quasi tutta l’Europa della Restaurazione ai suoi tempi, agli albori del capitalismo, ad una fase di organizzazione democratica della società, nella quale i partiti socialisti si sarebbero dovuti alleare con quelli borghesi in nome della conquista dei diritti individuali, delle libertà civili e di altre cose del genere. Detto per inciso, noi siamo ancora a questo secondo stadio. Anzi, stiamo regredendo da una fase iniziale di questo stadio verso un moderno medioevo, ritornando di un passo indietro. Colpa delle destre? Forse. Anche.

Per Marx, una volta raggiunto e completato il secondo stadio, ed instaurato un regime sociale democratico-borghese con uno stato di diritto ben radicato, i partiti socialisti avrebbero dovuto proseguire nell’allargamento della democrazia, nell’estensione delle potenzialità umane, usando la ricchezza prodotta dall'industria e dall'agricoltura (la famosa falce e martello) per riconoscere i meriti ed i talenti individuali con ricompense tanto finanziarie quanto sociali, economiche e riconoscimenti morali. In questo terzo stadio — fatta salva una garanzia di cibo, abitazione e accesso alla cultura e al lavoro per tutti i cittadini — i maggiori talenti potevano così manifestarsi in tutte le loro capacità senza che censo, ricchezza e caste ne ostacolassero l'evoluzione. Migliorando la società. In questa fase la proprietà dei mezzi di produzione (leggi: proprietà privata) rimaneva a disposizione dei singoli, ma la ricchezza da questi generata sarebbe stata ridistribuita nella società mediante un efficiente sistema fiscale ed un governo di tipo appunto socialista.

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Prima riunione dell'Assemblea Costituente (25 giugno 1946)

Più o meno a questo fine puntava la Costituzione Italiana quando venne redatta e approvata. Democrazia, giustizia, pari opportunità, valorizzazione delle capacità e del talento individuale, in un panorama sociale di solidarietà, dove la proprietà privata risultava garantita — ma non a prescindere dalle necessità sociali, che venivano prima.

Infine, Marx prevedeva un ulteriore stadio, il quarto, dove a suo dire vi sarebbe stata una ulteriore spinta propulsiva verso lo scatenamento della libera creatività umana, individuale e di gruppo, senza più alcuna relazione con il denaro e il potere. In una situazione sociale e individuale del tutto nuova, inedita, mai sperimentata prima, e molto probabilmente insopportabile per l’uomo di oggi. Per la semplice ragione che l’umano attuale non è educato e pronto per vivere in un modo completamente diverso. Quella, e solo quella, sarebbe stata la società “comunista” (nella quale preconizzava anche costumi sessuali completamente diversi, e organizzazioni familiari o associative ancor più inusitate). I mezzi materiali di produzione sarebbero diventati patrimonio di tutti (socializzazione) e gestiti da macchine automatiche (oggi diremmo dall’Intelligenza Artificiale) senza bisogno dell’intervento umano.

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La rivisitazione di Karl Mark nel nono episodio del gioco Assassin's Creed: Syndicate

Si trattava di una idea utopistica, allora, ma pur sempre fondata su una sorta di concezione di un nuovo umanesimo. A vantaggio dell’uomo in tutte le sue forme e in tutti i suoi aspetti, e non di un singolo, o di gruppi ristretti, o di apparati separati (partiti).

Marx ― a mio giudizio ― avrebbe dovuto concentrarsi molto di più su come definire regole di comportamento umano in grado di agevolare chi partecipa alla lotta per la costruzione di una società di giusti, di eguali o di aventi uguali diritti ed uguali potenzialità. In modo tale da evitare con chiarezza, e senza mezzi termini, involuzioni totalitarie. Non lo ha fatto, e questo ha costituito una “scusa” per i criminali che in nome della sua teoria (mai praticata) hanno poi compiuto stragi e disastri.

Avendo trascurato questa parte, quasi tutti coloro che si sono messi sulla scia di Marx, e che spesso lo hanno idolatrato ― segno questo inequivocabile di un qualche difetto ― ne hanno fatto strame.

Per cui alla fine è uscito un mostro orribile, lo stalinismo sovietico, che sarebbe meglio definire come si diceva una volta, "socialismo reale". O, peggio ancora, il comunismo in salsa asiatica. Entrambi davano una risposta militarista e di inquadramento totalitario delle masse, liberate dai vincoli medievali che li legavano alla terra e ai suoi proprietari, giunte nelle nuove città industriali e disposti a tutto pur di sopravvivere. Ne trovate una bella ricostruzione nel film "Il giovane Karl Marx".

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Il capo dei Kmer Rossi della Cambogia, Pol Pot
Navalny

Chi non era d’accordo, doveva essere espunto immediatamente dalla società. Gli staliniani l'attuarono coi processi farsa denominati “purghe” (milioni di morti) negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, e poi si 'addolcirono' usando i gulag per rinchiudere dissidenti e oppositori (fino ai giorni nostri, come dimostra la vicenda di Navalny).

Ritorniamo al fascismo. Tutti ricordano un Benito Mussolini ante-fascismo direttore dell’“Avanti!”, il giornale del Partito Socialista, fare un salto dall’altra parte, per fondare il fascismo.

Già, ma cosa c’era dall’altra parte?

C’era un movimento rivoluzionario che non aveva nulla da invidiare al movimento socialista.

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Il nucleo fondatore del fascismo riunito a Piazza del San Sepolcro a MIlano, 1919

Il programma politico presentato all’assemblea dei “Fasci italiani di Combattimento”, nel congresso di Palermo nel 1919, era di chiaro stampo rivoluzionario. Chiedeva una costituente per riformare lo Stato, chiedeva il diritto di voto ai diciottenni e alle donne (suffragio universale), chiedeva di abbassare la giornata lavorativa a 8 ore per tutti e il salario minimo (a questo ci dobbiamo ancora oggi arrivare), chiedeva la nazionalizzazione delle fabbriche di armi e una patrimoniale secca ai ricchi con imposizione di una tassazione progressiva.

Marinetti

Insieme a Benito Mussolini, e ai cosiddetti “fascisti della prima ora”, c’era anche Filippo Tommaso Marinetti e molti dei futuristi, favorevoli ad una rivoluzione che superasse lo stato monarchico, fondasse una repubblica e procedesse spedita verso una società futura.

Il programma completo, che viene denominato “Programma del Sansepolcro” (dalla Piazza di Milano dove venne stilato e approvato) lo trovate perfino sul sito dell’ANPI, qui. Per dire come quel programma sia ritenuto di "sinistra".

Non che i socialisti, e in particolare i membri del neonato “Partito Comunista d’Italia” (fondato poco dopo a Livorno nel 1921) non se ne fossero accorti già allora, e non lo conoscessero a menadito. Mussolini era stato un loro dirigente di spicco fino a poco tempo prima, per poi fondare il Popolo d’Italia, dare vita al movimento dei Fasci e imbarcare sostenitori e finanziatori fra la gente importante, i ricchi e gli imprenditori. Pronto a deviare dai sacri principi del '19, come poi fu.

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La prima Autogestione si tenne al Liceo Morgagni e fu inaugurata dal sen. Umberto Terracini
Terracini

Prova ne sia che quando, sul finire del 1975, inventammo al liceo Morgagni di Roma la prima Autogestione, dopo un anno di "lavoro politico" nei collettivi di classe e di sezione, ad inaugurarla venne il Sen. Umberto Terracini, uno dei fondatori del PCd’I insieme a Gramsci e Bordiga. Nell’assemblea (autorizzata) che apriva la settimana d’autogestione, Terracini tenne una lezione magistrale proprio sul Programma dei Fasci di Combattimento del 1919, e ricordo che fece accapponare la pelle a tutti i presenti, dicendo la verità e riportando il punto di vista del suo Partito, che era di estrema apertura e interesse (salvo contrastare le squadre di manganellatori fasciti usate in funzione antisocialista).

Panunzio

La soluzione alla lotta di classe che dava il programma dei Fasci era una nuova teoria, alternativa a comunismo e capitalismo, denominata “corporativismo”. Allora era solo un abbozzo. Ma grazie all’opera successiva di Sergio Panunzio (che ne divenne il principale teorico, scrivendoci sopra ventisei volumi) la teoria economica del fascismo divenne qualcosa di ben fondato e di ben documentato. Non venne attuata che parzialmente, molto parzialmente, perché il regime ebbe una forte involuzione, e da fascismo si trasformò in “mussolinismo”. Abbandonando le teorie iniziali e abbandonandosi a pratiche meno nobili, fino a diventare una dittatura assoluta.

I neonati comunisti, come dicevo poc’anzi, se ne avvidero e per un po’ stettero al balcone a guardarli, anche con un certo interesse. Valutando se non fosse il caso perfino di creare una qualche alleanza con loro in funzione anticapitalistica, visto che i fasci erano composti soprattutto dagli Arditi e dai reduci della Grande Guerra, un elemento popolare pronto ad intervenire in massa in caso di insurrezione armata.

Quindi le origini del Fascismo sono molto simili, programmaticamente, a quelle del socialismo.

Ci sono ulteriori similitudini anche nelle traiettorie di quei Paesi che ad essi si ispirarono, e che ne tradirono totalmente i presupposti.

Lenin

Il partito bolscevico di Lenin riuscì, con un colpo di mano, a guidare l’insurrezione anti-zarista russa e, in una serie di fasi molto serrate, a prendere le redini del governo in una Russia disfatta dallo sforzo bellico, determinando uno sconvolgimento dell'assetto istituzionale del Paese in senso rivoluzionario.

Similmente, con un altro colpo di mano, Mussolini riuscì furbescamente a prendere le redini del governo italiano con la Marcia su Roma. Marcia che fu non più di una scampagnata e che l’esercito avrebbe potuto interrompere e disperdere in pochi minuti. Anche Mussolini riuscì a prendere le redini del governo italiano, e nelle successive elezioni ad assicurarsi la maggioranza parlamentare. Poi cambiò anche lui forma di governo e di rappresentanza, e instaurò un bivacco in parlamento e un regime nello Stato, deviando completamente dalle origini, e finendo sulla sponda opposta.

Lenin aveva avuto un presentimento di come sarebbe andata a finire, prevedendo una involuzione statalista e russocentrica, indotta anche dalla guerra che tutte le monarchie europee fecero subito contro il governo bolscevico nei primio anni successivi alla Rivoluzione d’Ottobre.

Lenin
Un irriconoscibile Lenin pochi mesi prima della sua morte.

Lenin lascò un suo “testamento” prima di morire, nel quale chiedeva ai membri del partito di evitare che un tipo come Stalin potesse giungere al potere. Ma quando gli altri bolscevichi lo lessero, Stalin aveva già piazzato tutti i suoi uomini nei gangli vitali del Partito e dello Stato, e aveva già vinto.

Per questo Lenin venne imbalsamato e la Russia iniziò l’involuzione totalitaria, feroce, stragista, del lugubre potere staliniano, che nulla aveva a che fare con il Manifesto di Karl Marx, pur alzandolo come un vessillo propagandistico. Trotzkij, che era il delfino di Lenin, fece una brutta fine. Poi le purghe e i gulag. Ma il popolo non era contrario al regime, in massa aderiva alle indicazione del “capo”.

Stalin

Gli stessi inquisitori sovietici che Stalin aveva usato per effettuare le sue purghe, e che avevano mandato a morire migliaia e migliaia di genuini comunisti della prima ora, eroi dell’Unione Sovietica, patrioti, caddero sotto la scure che avevano usato.

Ripeto, tutto questo non aveva nulla a che fare con il comunismo teorico e filosofico, non più di quanto ne abbia l’attuale Cina, essendo diventato il Paese più capitalista del mondo e forse anche uno dei più corrotti.

Anche il “Mussolinismo” ― che è il fascismo diventato Stato ― non aveva più nulla a che fare con il Programma del Sansepolcro, né con la raffinata evoluzione del corporativismo teorico (la cui teoria oggi è studiatissima nelle università nordamericane e nord europee).

D’altra parte, se ― come è probabile ― l’impianto neocapitalistico non dovesse reggere alla scommessa dei tempi, in barba alla proclamata “fine della storia”, qualche formula nuova di convivenza sociale e produttiva bisognerà pur trovarla. E che non sia la collettivizzazione dei mezzi di produzione materiale di stampo comunista.

Dunque, Comunismo e Fascismo delle origini sono in realtà molto simili, e a metterli a confronto si può solo dire che il comunismo ha un impianto teorico poderoso di analisi dei fenomeni economici e sociali, molto superiore a quello del concorrente, mentre il fascismo ha un miglior impianto teorico-pratico sulla organizzazione sociale dei mezzi di produzione e della struttura della cogestione produttiva e sociale molto più avanzato con il corporativismo, nel senso di un superamento del capitalismo e una ricomposizione dei conflitti sociali di classe con la partecipazione dei lavoratori alla guida delle stesse industrie.

Questo nella teoria.

L’applicazione delle due teorie alla realtà è stata invece un disastro di proporzioni bibliche.

Probabilmente perché è avvenuta in tempi troppo precoci, rispetto ai loro presupposti e alle possibilità concrete di realizzazione. Questo ha determinato la ricerca di una scappatoia che è diventata poi una trappola mortale, concedendo i "pieni poteri" ad un’unica persona, il Duce, il Führer, il Segretario Generale, militarizzando la società e mettendo operai e civili in riga, a bacchetta ai loro ordini, sorvegliati da una milizia arbitraria, una polizia segreta torbida e corrotta che rispondeva personalmente solo al capo supremo.

Nate come teorie di allargamento del benessere e del potere per il popolo, la loro precoce e prematura instaurazione ha determinato una involuzione (forse inevitabile) dittatoriale. Ma non per questo quelle teorie erano sbagliate. Non è detto.

Lenin
Renzo De Felice

Sempre ad onor del vero, Renzo De Felice ha ampiamente documentato come, durante il regime fascista, la grandissima maggioranza della popolazione italiana fosse solidale al regime e contenta delle sue realizzazioni. Su questo non ci sono dubbi.

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Solo una piccola minoranza di intellettuali e di militanti politici gli era contraria. In genere, veniva esiliata o ristretta in confinamenti politici, spesso su isole, per impedire loro il contagio ideale e il contatto con la popolazione asservita al regime.

C’è da dire che la stragrande maggioranza degli italiani era allora ignorante, molto più di oggi, e non aveva alcun accesso alla cultura e alle facoltà umane superiori allo stato brado.

Il fascismo ha ispirato (non generato) il nazionalsocialismo, che si basa su un impianto molto più avanzato di totalitarismo e di controllo delle masse (anche in modo allucinatorio, con la propaganda e la teoria della superiorità della razza). Incarnato nello spirito del popolo tedesco, ha determinato un enorme corto-circuito che è terminato solo con la distruzione dell’Europa per mezzo della Seconda Guerra Mondiale.

Da quel momento l’Europa non esiste più.

Lenin
Altiero Spinelli (sx) insieme ad Ernesto Rossi (dx), due degli estensori del Manifesto di Ventotene che si considera l'atto di creazione dell'Unione Europea

Sebbene, su una delle isole del confino, Ventotene, Altiero Spinelli ed altri esiliati stessero progettando nientemeno che l'Unione Europea.

La suddivisione dell'Europa postbellica fra le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale venne sancita formalmente a Yalta. Sciaguratamente, la sua unificazione è ancora lontanissima, sebbene il patto fondamentale di nascita dell’Unione monetaria risalga al lontano 1957.

defelice

Sembra essersene accorto recentemente perfino Mario Draghi. Se ho compreso bene i suoi propositi, suppongo si stia facendo promotore di una decisa sterzata, una accelerazione verso l’unificazione politica di una parte almeno dei suoi membri, dopo la baraonda susseguita al caos del Covid, poi della Guerra in Ucraina, e infine con il disastro del Medio Oriente. L'Europa non può essere, come è oggi, assente sullo scenario mondiale e sui conflitti alle sue porte.

Ciò che deve aver avvertito Draghi nei palazzi di Bruxelles è che, ritornando al nostro solito piccolo cabotaggio, alle regole finanziarie del 3%, alle sanzioni, ai teatrini dell’elefantiasi burocrratica unionista che conosciamo fin troppo bene bene, ci vorranno ancora mille anni per creare una reale federazione che assomigli a qualcosa che possa essere definito “Stati Uniti d’Europa”. Forse anche duemila, di questo passo.

Sempre se reggerà alle prossime bordate della storia, cosa che non sembra lecito sperare.

O si cambia passo o si muore, sembra sostenere Draghi.

Ma torniamo ai nostri anti-fascisti.

La Costituzione italiana supera con un salto l’anti-fascismo. Naturalmente nasce dalla coalizione antifascista, ma poi — come abbiamo visto — delinea uno scenario propositivo che assomiglia molto al terzo stadio evolutivo del Manifesto di Karl Marx. Delinea infatti un patto fra forze politiche che, nell’ambito di una società borghese, definisca una serie estesa di diritti irrinunciabili come valori comuni. E alcune dichiarazioni di principio molto avanzate, la cui realizzazione affidava alla prosecuzione della storia della Repubblica.

Chi non gradisce, ha due strade davanti a sé. La prima, consiste nel vivere e prosperare all’ombra delle protezioni garantite dalla Costituzione stessa, pur non apprezzandola. E poi magari tentare di convincere la stragrande maggioranza della popolazione a modificarla nel senso di un ideale differente. Ci ha provato Berlusconi, e gli è andata male. Ci ha provato Renzi, e gli è andata ugualmente male. Ora è il turno della Meloni, che vorrebbe provarci anche lei con una variante presidenzialista assoluta dalla natura molto sospetta.

L’altra strada è quella di abbandonare il Paese e rifarsi una vita altrove. Lo hanno fatto in molti. Lo fanno ogni anno oltre 100 mila giovani italiani di cultura elevata, nella speranza di vivere una esistenza all’altezza delle proprie potenzialità, qui neglette o negate. Questo riporta in segno negativo la nostra bilancia demografica e anche l'indice di cultura nella popolazione e fra i dirigenti pubblici. Che mancano proprio nella qualità e nella spinta ideale.

Per concludere, dichiararsi "fascisti" o "anti-fascisti" sembra del tutto insulso. Solo una facciata, nominalismo puro. Contano i fatti. E i fatti sono preoccupanti, comunque li si rigiri. La discussione è passata dai contenuti alle etichette. E questo non porta a nulla. Se non alla evidenza che si sta sfilacciando il sostrato connettivo di base dei politici, dei giornalisti e ora disgraziatamente anche degli intellettuali nostrani.

Amen. Bisognerebbe tornare a parlare di idee, di visioni, di soluzioni brillanti.

Certo, quando è in discussione la stessa libertà di esprimere il proprio pensiero, è difficile parlare di concetti elevati. Eppure occorre battersi perché le idee di tutti possano essere messe sul tappeto, valutate, soppesate e giudicate. Sto dicendo che non vedo nulla di male ad aderire ad un progetto utopico come quello del comunismo teorico, ma non vedo neanche nulla di male nello studiare a fondo la soluzione del corporativismo di marca fascista per scoprire se al suo interno possano essere individuati moduli in grado di aprire prospettive future ad una società che va rifondata di sana pianta.

Infatti, preroogativa delle società democratiche avanzate è che tutte le idee, ma proprio tutte, per quanto strane e bislacche, da qualunque parte provengano, vadano prese in esame. Proprio perché sappiamo già benissimo che il nostro modello sociale neoliberista andrà a sbattere contro un muro, e che la teoria marxista della prima fase è stata superata dagli eventi evolutivi del capitalismo finanziario, dell’automazione, dello sviluppo delle tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale inimmaginabili qualche secolo fa. Mentre queste evoluzioni paradossalmente avvicinano l’utopia di Karl Marx, se vengono controllate in maniera positiva ed in senso favorevole alla maggioranza dell’umanità.

Viceversa, diventano armi formidabili per il controllo di massa, e possono portare ad una regressione di tipo feudale se messe nelle mani di élite finanziarie ciniche, gerarchiche o di stampo totalitario.

Il problema è tutto qui.

E stiamo arrivando rapidamente al dunque.

Lasciamo perdere le etichette e guardiamo la sostanza. Dobbiamo ritornare ad un medioevo autoritario, con diseredati tecnologici e consumatori barbarici, elite arroccate in castelli digitali presidiati da Intelligenze artificiali onnipresenti, o vi è una strada per proiettarsi in un futuro da scoprire? E se una tale alternativa esiste, la qualità dei dirigenti dell'area progressista è adeguata alla scommessa che abbiamo davanti?

Che fare? Che cosa ci manca?

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