MINIERE DI M'FIS
CAPITALE
DIMENTICATA
DELL'EYELINER

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Ai margini dell’Erg Chebbi, che non è un distributore di benzina sull’Autosole, anche se qui di sole ce n’è davvero tanto, si sbriciola da decenni una città fantasma con una storia fantastica da raccontare. E allora te la racconto. Erg in arabo indica un’area ai margini di un deserto sabbioso, formata dall’accumulo della sabbia trasportata dal vento su un terreno che di suo è roccioso. Già qui ti fermo e ti invito a riflettere sul senso di praticità della lingua araba: per spiegarti il significato del monosillabo di tre lettere Erg ho dovuto impiegare una ventina di parole. Va be’, lo sai che divago mentre racconto le mie storie, però torno subito al punto. In questo Erg non lontano dalle dune di Merzouga, in Marocco, si trova la città mineraria di M’fis, dove fino alla metà del secolo scorso ferveva l’attività estrattiva dell’argento e, per molti secoli, anche del khol, polvere nera che le signore, ma anche moltissimi signori, da tempo immemorabile utilizzano per sottolineare il contorno occhi. In sostanza l'eyeliner, come si dice oggi.





Il khol, spiega internet, è composto tradizionalmente da minerali come galena o stibnite, ma molto più di recente nell’anima delle matite da trucco si trovano antimonio, malachite e grassi. Il primo aspetto che mi colpisce, appena sceso dal fuoristrada che ci ha condotti fin qui da Merzouga, è che questo luogo, dove si estraeva un minerale utilizzato per sottolineare la bellezza degli occhi, oggi sottolinea iperbolicamente la desolazione del deserto. Qui riesci a sentirti più solo che tra le dune del deserto sabbioso, perché questo è un deserto desertificato, un deserto dove una volta la vita c’era, per dura che fosse, e oggi non c’è più. M’fis è un deserto abbandonato, dove persino gli edifici in rovina, tirati su con mattoni dello stesso colore del paesaggio intorno, fanno fatica a rappresentare il ruolo che gli tocca, di ricordare quel che fu. La desolazione è così profonda che non riesci nemmeno a immaginare questi luoghi animati da persone reali: al massimo qualche fantasma sull’orlo pure lui di schiattare di caldo.





Gli ultimi abitanti di questa città in rovina sono stati i dipendenti di una società francese che qui aveva trovato l’argento, negli anni Trenta. Ma prima di loro, e fin dalla notte dei tempi, gli abitanti di M'fis erano famosi per la loro arte nell'applicazione del kohl, un cosmetico usato da donne e uomini non solo per mettere in risalto gli occhi, ma anche per proteggerli, come per magia, dal sole del deserto. Il regno di M'fis divenne rapidamente un centro nevralgico per il commercio del kohl: i mercanti di tutto il mondo venivano fin qui col cammello per assicurarsi il miglior eyeliner esistente sulla faccia della Terra, ma soprattutto dei terrestri. Gli artigiani locali erano venerati per la loro abilità nel creare i complessi ghirigori che adornavano le palpebre della corte reale ma anche dei suoi sudditi, in un impeto di cosmetica democratica. Oggi, il kohl di M'fis è ancora molto ricercato per il suo pigmento scuro e intenso, ma in questo luogo purtroppo resta soltanto la memoria sgualcita e diroccata di una storia che ha un brutto finale. Perché i francesi nel 1956, dopo aver concesso l’indipendenza al Marocco e aver rinunciato anche al protettorato, sbaraccano tutto. E si portano via pure i macchinari pesanti che nella miniera di M’fis servivano per estrarre l’argento da pozzi, profondi fino a 50 metri.





Per un po’ la popolazione berbera ha continuato a estrarre il minerale a mano, fino a quando è stato possibile, poi è stata costretta ad abbandonare l’impresa e quindi anche la città. Che è un luogo non soltanto desolato, ma anche davvero misterioso per chi di miniere sa nulla. E io so nulla. Per cui nel deserto del deserto posso soltanto descrivere questi improvvisi sprofondi mezzo insabbiati accanto a strutture di mattoni dalla forma geometricamente irregolare: erano forse i pozzi d’accesso allo storico belletto? Mah. E quell’edificio circolare con un palo in simil cemento conficcato al centro del suo diametro che cosa sarà mai? Inutile chiederlo al nostro autista: non lo sa. Lui sa solo che una volta qui c’erano i francesi e che poi se n’erano andati e che per lui e la sua famiglia per molti versi è stata pure una fortuna, perché oggi questa desolazione gli dà da vivere.




(La moschea di M'fis)


Visti a distanza, dal cucuzzolo riarso in cui aveva sede la direzione della miniera, i resti del villaggio sembrano disegnare la mappa di Olimpia, ma più disordinata; la pianta di Micene, però più rossa; le rovine di Paestum, ma con una piccola moschea al posto dei templi greci. Una moschea peraltro ancora frequentata dal manipolo di militari che sorveglia i confini con l’Algeria, perché sotto le sabbie contese del Sahara Occidentale cova una rivalità storica, sempre sul limite della crisi estrema, con conseguenze che coinvolgono tutto il continente africano. Dal 2021 le relazioni diplomatiche tra i due Paesi sono interrotte, si è scatenata la corsa agli armamenti e nel 2024 si è anche sentito qualche colpo di cannone. L’eyeliner del kohl si è ridotta a un’invisibile linea di confine infuocato, nel mezzo del deserto più deserto che c’è.

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