DIVINE COMEDY
VESPA E IRONIA
COSÌ SI ELUDE
LA CENSURA A TEHERAN

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In anteprima all’Anteo di Milano il nuovo film del regista iraniano Ali Asgari, "Divine comedy", applaudito all'ultima Mostra di Venezia e in uscita nelle sale il 15 gennaio 2026: prodotto da Teodora Film con Bahram Ark, Sadaf Asgari, Hossein Soleimani, Mohammad Soori, Amirreza Ranjbara, Faezeh Rad; scritto da Alireza Khatami, Ahman Ark, Ali Asgari; fotografia di Amin Jafari.

Il regista, tra le voci più apprezzate del cinema iraniano di oggi e conosciuto in Italia per film come 'La bambina segreta' e 'Kafka a Teheran', si conferma un maestro nell'usare l'umorismo come strumento di denuncia del regime degli ayatollah, confermando stile raffinato e ironia. Il film è un esempio di minimalismo corrosivo e arguto, tinte leggere da commedia, toni quasi dimessi, personaggi così comuni all’apparenza da essere non solo credibili ma incarnazioni di storie di cronaca quotidiana. Guardando il cinema del paese si ha l’impressione che la feroce autorità senza autorevolezza del regime abbia un controcanto agguerrito e coraggioso che permea la quotidianità anche quando manchi l' attivismo nel significato più comune.



Bahram è un regista turco-iraniano quarantenne, sincero e intellettualmente onesto, i cui film non hanno mai ricevuto il permesso per essere proiettati in Iran. Quasi impacciato, da tutti definito cocciuto, sembra essere sorpreso da tanta ostilità per opere che non hanno nulla di indecente. Accompagnato in Vespa dalla sua compagna d’avventura Sadaf, ragazza dalla lingua tagliente, insegue il tentativo di far proiettare il suo ultimo lavoro, eludendo la censura istituzionale e grazie al disponibile salotto di una ricca ammiratrice. Ma la morsa del regime si chiude su di lui, e la vicenda procede fra sbalzi e tornanti verso un imprevedibile finale...

Il film è giocato su dialoghi semplici e profondi, taglienti senza grida. Le inquadrature offrono primi piani, esterni che richiamano quinte teatrali, nessun ampio orizzonte. Tutto si concentra sullo sguardo mirato ai particolari, un campanello da suonare, la sala di proiezione di un cinema, il salotto della casa. Il centro dell'azione sono il volto e la parola.



Originale e approfondita è anche la prospettiva con la quale viene analizzata la censura, a cominciare dall’uso della lingua, ‘preferibilmente’ se non obbligatoriamente il farsi; il regista turco viene continuamente rimproverato di usare la sua lingua materna, 'richiamato' anche dal funzionario turco che si ostina a parlare in farsi. Disarmante è la difesa del protagonista, che non capisce perché la sua famiglia e in particolare sua madre non debbano capire i film e per una volta non debbano essere ‘gli altri’ invece ad accettare di non capire.

Il dialogo del redde rationem con il rappresentante dell’istituzione che dovrebbe rilasciare il permesso - è una voce fuori campo, senza volto - procede in modo surreale. Opinioni prima accreditate vengono subito dopo rovesciate. La prima contestazione è sull’aver inserito un cane nel film con un ruolo da protagonista, e averlo reso simpatico per accattivarsi il pubblico. Ma il cane è animale impuro, e ciò costituisce un caso. Lo stesso personaggio che critica però, replicando al tentativo di difesa del regista prende le parti del cane, dicendo che non è morale costringere un povero animale a starsene chiuso in un appartamento.



Stesso schema anche per l’Intelligenza Artificiale. Più marginalmente invece il film cita stilemi più noti, come l'obbligo del velo - che la produttrice del film non solo non porta, esibendo addirittura dei capelli blu - o il fatto che la ragazza guidi il motorino e lui si faccia vedere con lei sulla Vespa in giro per la città. Il colloquio con l'istituzione naufraga in un nulla di fatto, che diventa anche un avvertimento. Barham, dopo l’ennesimo rifiuto da parte del Ministero della Cultura, decide di lanciarsi in una sfida e intraprende la sua missione clandestina per presentare finalmente il film al pubblico iraniano, eludendo la censura, l'assurda burocrazia del paese e i suoi stessi dubbi attraverso un finale quasi grottesco, eppure assolutamente realistico. Nello stesso tempo il fratello gemello, pure regista ma di film leggerissimi, non avrà difficoltà a ottenere il via libera: perchè la risata, quella facile e un po’ becera, il Regime la apprezza, e il divertimento vuoto distoglie il pensiero.

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