ROMANTICA SCOZIA
IL VERDE DELLE HIGHLANDS
E LA LEGGENDA
DI LADY PENELOPE

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Sono in Scozia da giorni, ma continuo a pensare al Marocco. Che cosa hanno in comune questi luoghi agli antipodi? Probabilmente proprio il loro essere antitetici, come un negativo con la stampa cui dà origine, come due angoli complementari. Ma per uscire di similitudine e tornare nella mia realtà itinerante, è soprattutto una questione di colori e della loro estensione nello spazio: è un rosso ferroso e infinito in Marocco, è un verde pratoso e sterminato in Scozia. Le forme del paesaggio invece si somigliano: le colline scozzesi sono capaci di impennarsi all’improvviso come le dune del deserto.

Ma il clima è di nuovo al contrario: tra le Highlands, una pioggia così sottile che non te ne accorgi, come l’ago di una siringa per bambini, in tre minuti ti inzuppa come un savoiardo nel cappuccino; a Merzouga, ai margini del Sahara, il sole in tre minuti ti prosciuga come un polpo greco pronto per la griglia. E così anche il grande cinema, per esempio, si regola di conseguenza: a Glencoe gira '007 Skyfall' con Daniel Craig in giacca e cravatta (lui non si bagna sotto la pioggia), a Ait-Ben-Haddou gira 'Il Gladiatore' con Russel Crowe in canotta di cuoio (ché tanto lui non lo infilza nessuno); Harry Potter vola verso Hogwarts con lo Jacobite Steam Train in decollo dal viadotto di Glenfinnan, mentre Daenerys Targaryen, uno degli eroi magici del Trono di Spade, conquista Meeren negli studios di Ouarzazate.


(Tramonto a Edimburgo)


Okay, ma hai finito? Mi starai chiedendo a questo punto. Mi racconti la Scozia o che vogliamo fare? Va be’, dài: a parte che un bel pezzo di Scozia l’ho appena raccontato, lo sai che su Foglieviaggi mi piace divagare... Sbarco a Edimburgo aspettandomi freddo e pioggia, perché il pregiudizio c’è. Sbagliato: qui c’è il sole e la temperatura è mite. Il castello vigila sempre dall’alto della sua collina e la cattedrale gotica e presbiteriana di St. Giles sta sempre al suo posto, come negli ultimi 11 secoli. Pertanto, più rassicurato, dirigo la bussola verso le Highlands sconosciute, le torbe dell’isola di Skye, il tweed leggendario dell’isola di Harris, capace, in certi giorni, di mostrare paesaggi di spiagge degne dei Caraibi.

Viaggio fotografico, organizzato, proprio come quello in Marocco, da Fotocorsi. Siamo un piccolo gruppo: otto persone in tutto, ci guida il pluripremiato fotografo paesaggista Carlo Alberto Conti. Pulmino Ford Tourneo, diesel silenzioso come una piuma. Pronti, via. L’equinozio d’autunno è passato da un po', ma qui la stagione delle foglie che cadono è ancora parecchio indietro con i lavori, manco fosse un cantiere italico. Pertanto, il foliage esce giocoforza dal calendario delle attività fotografiche previste. Però castelli quanti ne vuoi: ce ne sono più di tremila in Scozia.


(Kilchurn Castle)


Il primo maniero storico nel quale ci imbattiamo è quello di Kilchurn che, secondo alcuni, è anche il più fotogenico. Certamente, tra le cose che ha in più rispetto agli altri c’è un aspetto geomorfologico: le sue mura, ora diroccate, fin dal 1450 si riflettono nelle acque del lago più lungo di Scozia: il Loch Awe, che misura 40 km di lunghezza. Il castello lo aveva voluto sir Colin Campbell - non quello dei fagioli in scatola che piacevano a Andy Wharol, un altro - su un’isola nell’estremità nord-occidentale del lago, nella Scozia centrale.


(Kilchurn Castle)


L’isola non è più un’isola dal 1870, perché in tutti questi secoli il livello del lago si è abbassato, collegando così il castello anche via terra al resto del mondo. Ma quando era ancora su un’isola, Kilchurn Castle, a rigor di leggenda, era stato la romanticissima dimora della Penelope di Scozia, ossia la Dama del Lago “Senza Nome”. Senza Nome lo dico io perché, a differenza del marito per il quale lei ha sofferto in attesa del rientro da una delle varie crociate, la signora moglie sulle cronache dal web dei giorni nostri è citata con il solo soprannome. E allora io, per ragioni evidenti di pari opportunità, il nome del marito, crociato fortunato, qui non lo scrivo.


(Kilchurn Castle)


Ti racconto invece la storia perché è graziosa. Il “Cavaliere Nero”, soprannome del lord di Glenorchy, parte per le crociate promettendo alla moglie di tornare prima di sette anni. Infatti, tornerà dopo. A quel punto un vicino di castello del Cavaliere Nero intuisce il business e induce la lady dolente a credere che il marito sia morto in battaglia, combattendo contro un qualche feroce Saladino. Poi le propone di convolare con lui a nuove nozze, col palese obiettivo di incorporare nel suo feudo le proprietà della vedova presunta. La quale non avrebbe potuto resistere a lungo a un vicino di castello potente, ma soprattutto tanto intraprendente sul piano “imprenditoriale”. Così Lady Nessuno accetta la proposta di matrimonio, ma a una condizione: non si sposerà prima della conclusione dei lavori del castello che si sta erigendo in onore del marito morto in battaglia.



La lady del lago aveva un piano, messo in atto con la benevolente complicità dei muratori impegnati a costruire la cinta muraria del castello turrito: di giorno avrebbero tirato su qualche metro di muro, ma in modo così approssimativo che di notte il manufatto sarebbe crollato, procrastinando all’infinito la data di fine lavori. Lo stratagemma funziona fino a un certo punto: il pretendente si stufa e fissa le nozze con tanto di banchetto. E proprio quel giorno chi si presenta? Il Cavaliere Nero, naturalmente. Il quale, stanco di guerra e capita l’antifona, si traveste pure lui da mendicante come Ulisse e si fa riconoscere solo dalla sua lady. La dama Senza Nome annuncia quindi pubblicamente, per il tripudio dei presenti, il ritorno del marito: sano e salvo, solo un po’ sporco.


(Le Highlands)


A quel punto, l’aspirante sposo e le sue guardie, più fortunati dei Proci, si allontanano scornati, ma senza spargimento di sangue. E il banchetto di nozze diventa una festa di bentornato per il Cavaliere Nero. Devi anche sapere che nel castello di Kilchurn si aggira ovviamente un fantasma: è quello di un’altra signora, la Dama Grigia, che non si dà pace per essere stata tradita dal marito. Inoltre, nelle notti di luna piena, pare si affacci, tra le mura diroccate della fortezza, anche la Regina delle Fate con i suoi seguaci, che forse plana nella piazza d’armi verdeggiante del castello per consolare la povera lady rimasta a spasso su e giù per i secoli. Tanto per non farsi mancare nulla, da qualche parte è persino nascosto un tesoro che molti specialisti del ramo hanno cercato, finora senza successo.


(Mucca di razza Highlander)


Noi per fotografare il castello dal punto di ripresa migliore, sulla sponda opposta del lago, scavalchiamo il cancelletto di un pascolo presidiato da una pastora che riscuote le royalty in caso di uso commerciale delle immagini del castello. Poi attraversiamo un acquitrino e arriviamo in un boschetto che termina proprio sulla riva lacustre: clic. Bella foto. Un momento... Che cos’è quell’obbrobrio sul pendio proprio dietro il Kilchurn Castle? Un traliccio dell’alta tensione, ben più alto della torre sgranocchiata del castello, dal quale si dipanano in file parallele i cavi elettrici diretti verso altri due giganti d’acciaio, ben visibili pure loro tra il verde del declivio, a qualche centinaio di metri l’uno dall’altro. Per fortuna, esiste Photoshop così i tralicci si possono rimuovere senza lasciare al buio gli abitanti dei dintorni. Usciamo dal pascolo scortati da un paio di cornutissime mucche a pelo lungo, tipiche di queste terre da cui prendono il nome.


(Ritratto di pecora scozzese)


Perché qui siamo nell’anticamera delle Highlands e stiamo per andarle a scoprire. Il panorama visto dal pullmino in viaggio verso Glencoe cambia non tanto nel colore, che è sempre verde con sfumature di verde e qualche chiazza più verde, ma nella forma dei rilievi, che da morbide colline si trasformano in montagne, nella silhouette tipica dell’immaginario dei bambini: qui i monti sono tutti triangolari. Cambia la misura della base, ma molto meno quella dell’altezza che non va oltre i 1.345 metri del Ben Nevis, la cima più alta delle Isole Britanniche, che si staglia nel cielo grigio a poca distanza dalla davvero graziosa città di Fort William. L’altro aspetto che colpisce è la quantità d’acqua che dirupa fragorosamente da centinaia di spaccature nella roccia - che segnano come rughe i pendii dei monti - e che poi a fondovalle si dispone a scorrere in fiumi placidi e anse tranquille, e piccoli laghi dalla superficie a specchio quando il vento si placa.


(Cascate a Glencoe)


Un luogo aspro, ma incantevole. E ciononostante macchiato del sangue della storia: queste valli intorno a Glencoe nel 1692 furono teatro di un massacro, frutto delle divisioni dei clan sull’opportunità o meno di assecondare le ambizioni di Guglielmo III d’Orange, re protestante subentrato a un sovrano cattolico sul trono d’Inghilterra. Siamo nel pieno della “Gloriosa Rivoluzione” che vede contrapposti, tra gli altri, i clan scozzesi MacDonald e Campbell. Ti risparmio i dettagli perché la vicenda è intricatissima. La sostanza è che per ragioni cavalleresche, nonostante la rivalità, i MacDonald ospitano nelle loro terre gli uomini del clan Campbell, impegnati in compiti di riscossione delle tasse feudali per conto del re. Dal quale, un brutto giorno, ricevono anche l’ordine di sterminare i MacDonald, accusati di infedeltà alla corona.


(Glencoe Valley)


Detto fatto: in un agguato notturno a tradimento, vengono uccisi nel loro letto 38 componenti del clan e nei giorni successivi ne moriranno di fame, di freddo e di stenti altre decine che avevano cercato di mettersi in salvo fuggendo sulle montagne: tra queste ultime vittime c’erano anche molti bambini con le loro madri. Per questo la zona intorno a Glencoe è stata ribattezzata “The Weeping Glen”, la valle del pianto. Uno pensa che sia a causa delle montagne rigate dai corsi d’acqua e invece la storia ha saputo essere molto più crudele.

(1. continua)

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