DIMENTICARE
CRETA
O FORSE NO

(foto di Gianni Viviani e Manuela Cassarà)

Questo non vuole e non può essere un reportage in stile Lonely Planet, perché Creta ha tanto da offrire e quel tanto noi lo abbiamo visto in parte e altrettanto parzialmente lo abbiamo affrontato. Noi che siamo tipi da spiaggia, che non siamo trekkers, che non cerchiamo cultura a tutti costi, che non ci estasiamo davanti ad una rovina, noi che il fascino di un monastero ci tocca fino a un certo punto, noi che ci siamo limitati a cercare di stare comodi, abbiamo visitato solo il lato ovest, quindi diremo solamente la nostra, ma garantiamo e documentiamo con onestà. Chi troverà da ridire ne tenga conto.

A consuntivo diciamo che tutto è bene quel che era iniziato male, con un autonoleggio che ci è costato il doppio: A) perché il beneamato preposto alla guida ha raggiunto l'età di quelli che imboccano l'autostrada contromano e quindi gli autonoleggiatori gliela fanno pagare a prescindere e B) perché siamo diventati paurosi e pusillanimi con una propensione alla sfiga, da cui ci siamo fatti fregare, vittime consenzienti, con il costo di una assicurazione Kasko che persino il Sultano del Brunei avrebbe trovato esosa.


(Venditore di conchiglie)


Consigliati da amici/conoscenti ex abitué ci siamo insediati a Kissamos, un paesone cresciuto a forza di sistemazioni a tre stelle e seconde case in affitto, con un breve lungomare affollato di tavernette. Una cittadina di servizio, che una trentina di anni fa forse non esisteva, una località preposta a visitare le tre principali attrattive di questo gettonatissimo lato Ovest dell‘isola: Balos, Falassarna ed Elafonissi.

LE TRE GRAZIE

Quelle per le quali noi Italiani siamo disposti a patire e pagare pur di non perdercele. Da notare che sto usando la prima persona plurale.

Frequentare la pagina Facebook 'Viaggiare a Creta' è stato bello e istruttivo. Bello perché abbiamo trovato utili spunti e consigli di gentili volenterosi che hanno allargato i nostri orizzonti. Istruttivo perché si capisce di che razza siamo fatti, ancora una volta, noi italiani. Meno bello quando ho deciso di dare anche il mio contributo, con un reportage verità sulla nostra escursione ad Elafonissi. Documentata con tanto di foto. Diciamo che è stato istruttivo e illuminante. Mi sono presa la mia bella dose di insulti e per lenire il mio ego acciaccato, per fortuna non è mancato qualche battimano.


(Un traghetto nel porto di Loutro)


Altro che popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori, e trasmigratori, come si legge sul Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur.

Siamo un popolo di pecoroni.

Andiamo dove ci dicono di andare, noi inclusi.

Ma procediamo con ordine. Iniziamo da dove NON siamo andati e perché. Qualcuno non ce lo perdonerà.

BALOS, vista in foto è un paradiso secondo forse solo a Morea. Arrivarci però richiede fisico, soldi e dedizione. Le alternative: arrivarci via mare, con un democratico barcone che vomitava turisti e li depositava per due orette sotto il sol leone, durata totale incluso andirivieni dalle 5 alle 7 ore, compresa sosta all’isolotto di Gramvoussa con visita al castello, costo a persona €45ca.

Fattibile.Ma…


(Maestrale a Paleochora)


Oppure, potendoselo permettere, con un più esclusivo catamarano, pranzo incluso, durata tutta la giornata, per meno modici €120 cad. O addirittura, in stile avventura, con un gommone fuoribordo. O meglio ancora con una barca privata, dai €600 a €1000 se affittata da un gruppo di amici.

Il tutto mare e vento permettendo.

Quanto sopra, non sono stata ad indagare i dettagli, aveva il grandissimo difetto di togliere a Balos la sublime spettacolarità di Balos, vedibile e godibile solo dall’alto, pagata con il sudore e l’usura delle proprie giunture, con una camminata di mezz’ora a seconda del fitness, pensando che ti tocca rifarla anche in salita.


(Portachiavi cretesi)


Questo dopo essersi fatti, dita incrociate, 9 km di una molto impegnativa strada sterrata, mettendo in conto che per farli, tra via vai di veicoli e di pietre rotolanti, ci vorrà circa un’ora, e che i rent a car vietano di farli di default, a meno che uno non sfidi il destino e rischi una penale di €500 se ti beccano, oppure abbia affittato una 4x4.

O un Quad, che però costa circa €150 al dì e bisogna averci il fisico. Per i più pavidi, transfer in pulmini 4x4 offrono quanto sopra con un molto abbordabile costo di €20 a persona

Come per tutte le cose, o te lo puoi permettere economicamente, o te lo puoi permettere fisicamente. O sei masochista.


(Folla di turisti))


Per noi, non ci abbiamo più l’età e tanto vale confessarlo, non potendo farla nel modo spettacolare che ci sarebbe piaciuto, ovvero scapicollandoci, Balos rimarrà nei sogni. Assieme a tutte le altre migliaia di cose che non faremo, l’Antartide, le Svalbard (anche se non è detto), Machu Pichu etc etc. C’est la vie.

Consiglio per chi va a Balos. Tornando, fate una sosta ristoratrice nella gettonatissima e raccomandatissima taverna Gramoussa; posso dire che eravamo prevenuti a forza di sentirne parlare, invece signori miei vale un eventuale detour. Il beneamato ha affrontato con piglio da morto di fame uno stinco di maiale degno di Obelix ed è anche riuscito a passa’ a nuttata indenne.


(Lungomare con spiaggia a Paleochora)


E alla fine, dopo il buffet di frutta all you can eat, e credetemi c'è sempre chi eat come un pig, ti danno il raki, un liquorino buca budelle che, qui a Creta, è un rito fine pasto. Un'apparentemente innocua bottiglietta piena di un liquido incolore simil grappa, solo più insapore. Il raki, mi ha fatto notare uno stizzito commentatore, però, dice lui, è femmina, quindi va declinato al femminile, tipo la raki! Invece no! Raki, lo garantisco, è maschio, quasi macho come l’animo di molti cretesi, chiedetelo a Wikipedia.

Comunque, gender a parte, lo danno accompagnato da un dolcetto e gratis, a fine pasto.


(Il mare di Creta, trasparenze)


Spezzo invece una lancia a favore di FALASARNA, pure se certi racconti per gli esosi prezzi dei lettini a luglio e agosto, anche €80 per la prima fila, ci avevano scoraggiato. Già assicurarsi un’ultima fila a € 30 arrivandoci all’alba pare strappasse esclamazioni di tripudio. Vista dall’alto, la spiaggia grande, si potrebbe anche pensare: insomma...

Un lungo nulla glabro, spesso battuto dal vento, con bianche file di serre (ecco perché i pomodori a questa parte sono davvero frutti del dio Sole) che certo non aggiungono charme, anzi.


(Baby beach a Falasarna)


Alla fine nella Big Falasarna, non ci abbiamo messo piede, se non per un ultimo sguardo dall’alto, ma BABY BEACH, l’ultima insenatura in fondo alla baia, è decisamente più a nostra misura; un piccolo paradiso abbastanza protetto dal vento, che per 5 giorni ci ha graziati con una leggera e molto piacevole brezza. Carpe diem che domani non è detto, ci dicevamo ogni mattina, dopo aver dato un’occhiata a Windfinder (app indispensabile) perché a Creta, come già a Mars Salam in Egitto, meglio mettere agli atti che il vento raramente lo sfanghi. Ma, quando non supera i 20 km l’ora, può diventare persino un simpatico compagno. Tutto molto soggettivo, ovviamente.


(Baby beach dall'alto)


Sarà che i radi ombrelloni e i lettini su tre file erano ben distanziati, che in seconda e terza costavano €18 – per questa zona praticamente regalati - e che Angelos il ragazzo che li gestisce ha lo sguardo gentile, verde e limpido ed è pure belloccio, sarà che l'acqua è puro cristallo, con una trasparenza che solo in Sardegna e ai Caraibi, sebbene sia freschina, a detta non solo del beneamato, che vuole la broda come a Cuba, Baby Beach ce la siamo altamente goduta.


(L'Orange Blue bar)


E poi c’è Orange Blue, il baretto sovrastante, che offre pranzetti veloci, un ottimo caffè frappé, del succo di arancia spremuto di fresco e ultima ma non da ultima, al bisogno, una margarita o una birretta gelata con la supervisione di Bob Marley, perciò a consuntivo, senza timore di smentite, vi dirò: questa spiaggetta merita.

ELAFONISSI. La verità, tutta la verità. Della serie viaggiare informati.

E anche: se la conosci magari la eviti?


(Elafonissi, la taverna)


Non l’avessi mai fatto.

A testimonianza che ero una disfattista e stavo sbagliando tutto, le foto postate, quasi per sfida, da coloro che volevano ribadire “Noi no, guardate invece che bello, che acqua fantastica che c'era, oggi, quando c’ero io…” Vedete, dicono, gridano, sfidano, le fotogeniche inquadrature, che vale pur sempre la pena di subire la calca, i torpedoni, di ritrovarsi pressati sotto gli ombrelloni ravvicinati, a scapicollarsi su e giù sotto il sole per impervi sentierini scoscesi, per non perdersi queste meraviglie?


(Elafonissi, l'attesa)


Ma certo che si.

Ma anche no.

È sempre così, quando arrivi in certi posti magici. Gli unici che hanno retto, se ben ricordo, erano stati il Gran Canyon e la Monument Valley, posti così fuori scala che fanno rimanere a bocca aperta, anche se li hai visti fotografati migliaia di volte. La delusione l’avevamo provata ovunque arrivassero le escursioni di massa: Krabi, Phang Nga Bay, Phi Phi Island in Thailandia, le spettacolari calette della costa di Orosei, Voithokoilia nel Peloponneso... In certi momenti vorresti essere un drone. O altrove.


(Elafonissi, ci si arrangia)


"Che giorno è oggi?" aveva chiesto il beneamato, parcheggiata la macchina, là dove ci era stato perentoriamente indicato. "Giornata da dimenticare!" aveva aggiunto, tombale.

E dire che l'avevamo appena iniziata.

Gli era bastata un'ora e qualche spicciolo di minuti da Kissamos su una strada nuova di pacca. Si, qualche strettoia nell'ultimo tratto, ma non era stato questo il problema. Il problema era stata l'infinita distesa di macchine ammassate sotto il sole rovente, suddivise in un numero indeterminato di parcheggi, che non li ho nemmeno contati, ma che erano tutti iper-affollati. Costo €3, quindi ragionevole, anche se noi, obbedienti, ci siamo infilati nell'unico che ne costava €5, per non smentire il fatto che siamo un po' fresconi. Unico nonché ultimo, da cui la scarpinata pure più lunga e impegnativa. Il problema sono i torpedoni che scaricano turisti senza soluzione di continuità. Il problema è che la spiaggia diventa un troiaio e un carnaio. Il problema è che, quando siamo arrivati noi belli belli, erano già le 11 e 46. Puntualmente qualcuno aveva commentato, ma ce lo siamo meritato: "Ma alzatevi prima! lo sanno anche i cretini che a Elafonissi ci si va al cantar del gallo, se no inutile stare a menarsela". Oppure: “Sciocchini, dovevate dormire in zona, alzarvi all’alba, godere della solitudine e del silenzio di quella meraviglia quando è tutta per voi”.


(Elafonissi, uno dei parcheggi)


Certo, fino a quando non arrivano tutti gli altri. Tipo già alle 10. Finita la pace.

Gruppi di persone di ogni età e nazionalità, a frotte, scendevano dagli autobus che arrivavano senza soluzione di continuità, per unirsi a quelli che, dopo aver parcheggiato, sciabattavano smarriti e rassegnati, percorrendo la discesa che portava alla spiaggia che s'intravedeva in lontananza in tutto il suo scenografico splendore, sapendo già, come noi del resto, quello che li attendeva.


(Elafonissi)


Zombi sotto il sole, come in una scena de "La notte dei morti viventi", solo di giorno.

Una volta arrivati in fondo, com'era prevedibile, di posti sotto l'ombrellone, €20 per la cronaca quindi accettabili, manco mezzo, ma non veniva da rimpiangerli, visto come erano ammassati e disordinati. "Potevate portarvi il vostro" avevano commentato spietati certi virtuali bontemponi, frequentatori del suddetto 'Vacanze a Creta', quando avevo osato postare il mio spietato reportage fotografico. “Giusto!” Avevo risposto, Solo che io se mi sdraio per terra, quando provo a rialzarmi, ho l'agilità di un dugongo spiaggiato”.

Erano seguiti i suggerimenti, dei “so tutto mi", i benevoli consigli che trasudavano superiorità: c’è pur sempre la possibilità di ritagliarsi il proprio posto al sole, se sei disposto a scarpinare un pochino, a non fermarti al primo avamposto di ombrelloni già occupati e accatastati in ordine sparso, se ti porti il tuo e te lo scarrozzi su per le dune, via dalla pazza folla, se ti fai un’altra mezzoretta di camminata, oltre quella che ti è toccato fare a partire dai parcheggi affollati, dove hai lasciato la macchina tra una marea di altre identiche, bianche per lo più, e auguri a ricordarti dove.


(Elafonissi, a riva)


“Bastava fare come noi, camminare 15 minuti in più, (o venti o una mezzoretta) e vi trovavate un angolino dietro le dune, il vostro posto in paradiso”.

Questi i più gentili, altri ci andavano giù pesante: “Se non sapete come viaggiare, andatevene a Gabicce”.

Suggerimento che, andando di questo passo, più prima che poi ci toccherà praticare. È incredibile constatare la gratuita ferocia dei social. Peggio per me, frequentandoli avrei dovuto saperlo.

Come se il problema, poi, fosse conquistare il proprio bel posticino al sole. E non il degrado intorno.

Ora, io sono buona e cara, una settuagenaria signora ben educata, ma se c’è una cosa che ho fatto nell’arco della mia lunga vita è stato girare il mondo ma vedermi trattare con sufficienza da un aitante giovinastro e da qualche premurosa signorina di buona volontà, lo confesso, mi ha davvero fatto girare le balle. Ero persino stata tentata, l’ammetto, di rispondere elencando tutti posti dove siamo stati, chessò le Fiji, il Madagascar, Mauritius, le Isole Vergini, Los Roques, etc etc, ma per amor di innata eleganza mi ero trattenuta.


(Elafonissi beach)


Lo faccio qui, ma solo per dare credibilità alle mie parole. Non per vantarmi.

Voglio dire, siamo viaggiatori navigati. Quando è arrivata anche la maestrina, non ci ho visto più: “Elafonisi si scrive con una esse” aveva sancito e ribadito la sconosciuta, dopo una serie di botta e risposta che mi avevano lasciata sfinita: “Chiedilo a un greco se non ci credi” aveva aggiunto. Vero, così lo scrivono i greci. Con una sola “s”. Valle a spiegare che chi scrive in italiano deve mettercene due. Non ce l’ho fatta. Alla fine, entrambe abbiamo gettato la spugna.

Questo per dire ancora una volta: i social!


(Il traghetto in porto a Paleochora)


IL SUD OVEST

Dopo i primi stanziali otto giorni al nord, ci siamo spostati a sud, dove sempre i social ci garantivano vere meraviglie. Da Kissamos, fino ad un bivio pressappoco a metà, la strada, è la stessa che porta ad Elafonissi, poi per Paleochora si svolta a sinistra, e qui il percorso si fa interessante: stretto, tortuoso, un su e giù di curve a gomito che taglia l’isola in verticale, 43 km che sembrano tre volte tanto, fino a quando l’orizzonte si allarga e si intravede il mare. Un panorama mozzafiato punteggiato di arnie, perché queste parti sono famose per il loro miele di timo selvatico.


(Downtown Paleochora)


PALEOCHORA è un paesino molto carino, con uno spirito finalmente vacanziero, turistica certo; un dedalo di scenografici angolini con negozietti pieni di quelle carabattole inutili e identiche che fanno tanto vacanza. Quando soffia il maestrale impetuoso, quel vento che ti fa incedere a balzi, che ti fa traballare e ti sospinge, aggiunge una dimensione vibrante. Urla e biancheggia il mare, diceva il poeta. Emozionante. Quando è così, di andare in spiaggia dove c’è sabbia non se ne parla. Meglio godersi la luce! Sublime. Mistica. Magica. All’ora dell’aperitivo la cittadina si anima, i caffè si popolano e lo struscio va avanti fine a tarda notte.


(Paleochora)


Se a Kissamos la predominanza era italiana, qui direi che siamo pari merito con i francesi, anche se tedeschi e scandinavi non mancano. Anziani abbienti e altri con fisici da camminatori, famigliole con passeggini e creaturine sonnacchiose in braccio alle loro giovani mamme. Locali affaccendati a soddisfare un turismo che si protrae fino a fine ottobre. Paleochora, detta anche Pelekanos per confonderci le idee, offre tanto, inclusa la bella e ampia spiaggia attrezzata di Pachia Amnos e, sempre per chi fosse appiedato, una serie di suggestive calette, Chalikia Beach a sinistra, Psilos Volaka a destra, prima di Gammeno, in direzione Krios.


(Tramonto a Paleochora)


Parentesi su GAMMENO, a 4 km ad ovest, perché che la merita. Anche quando spira un allegro venticello con qualche sorprendente folatina, l'acqua rimane calma e cristallina, il fondo sabbioso crea iridescenze alla Pollock. Gammeno è anche bifronte; a ridosso dell’Ammos Beach bar, dall’altro lato della piccola lingua di terra, la spiaggetta diventa sassosa e il mare si fa blu intenso e profondo. Con Grammeno stai sereno, ovunque spiri il vento, un angolino riparato lo si trova. Attenzione però se si hanno piccoletti, perché l’acqua è subito profonda.


(Grammeno beach)



(La battigia a Grammeno)


E poi c’è GIALISKARI, che ha il suo bel club di aficionados.

Ce l’avevano tanto decantata, ma quando siamo arrivati l'acqua era, mi viene persino difficile a scriverlo perché so che partiranno gli accidenti, ebbene era sporca! Sapete quella schiumetta che non si sa bene cosa la procuri e perché? Troppo presto e troppa poca gente per i famigerati prodotti solari. Quindi, colpa della taverna tra le tamerici?


(Gialiskari beach)


Fatto sta, quale che fosse la causa, il beneamato - tipo più accomodante e pacifico di quanto io lo racconti - è uno che quando vede la schiuma non ci vede più e pianta una piva. Ovunque, fosse pure una fascinosa isoletta tropicale, per lui è come costringerlo a fare il bagno tra i liquami.

Iconoclasta per natura, animo da reporter per professione, avevo tutta l’intenzione di fare un pubblico je accuse pronta a sfatare un altro mito. Già pregustavo gli insulti dei trekker, i vaffa dei nudisti, lo sdegno dei puristi, i vituperi di quelli che devono nu poco soffrì per sentirsi alternativi, e invece mi sono dovuta ricredere.


(Gialiskari, sotto le tamerici)


Per raggiungerla, usciti da Paleochora, prepararsi a un paio di chilometri di sassosa e tortuosa strada sterrata lungo il mare, che già ti fa sentire tagliato per l'avventura. Tragitto condiviso con energetici camminatori di tutte le età, equipaggiati di tutto punto: fondamentale scorta di acqua, scarponcini e cappellini, zainetti e bastoncini, diretti, come avrei scoperto dopo aver visto il cartello, non a farsi un bagnetto, ma ad inoltrarsi con passo deciso, sul sentiero E4 che porta, dio li benedica e gli dia la forza, a Sougia, distante - e qui Chatgpt mi ha rifilato una delle sue approssimate panzane - 14,5/16 km, subito smentita dal bagnino, che li ha ridimensionati a 6km, perciò più fattibili, ma che in realtà sono 9,5km in base all’affidabile cartello che anticipa il percorso.


(In fila indiana sul sentiero E4)


Vederli passare in fila indiana con piglio garibaldino, ignorando le tette al vento e i falli in mostra della congrega di salutisti nudisti stesi a prendere il sole nella porzione finale della spiaggia (che non ho fotografato, onde evitare di venire giustamente lapidata) mi ha lasciato basita e ammirata. Atmosfera post fricchettona, complice il negozietto di vestitini indiani, che a me fanno sempre tanta nostalgia e simpatia, perché mi ricordano quando c'ero andata overland nei lontanissimi anni '70.

Costo di un paio di sdraio, volendo anche sotto le tamerici, €12.


(Gialiskari)


Standing ovation alla location, a ridosso di colline rocciose, punteggiate dalla macchia mediterranea, dalle quali si alza, con la brezza, il profumo del timo. Un balsamo per il cuore e i polmoni.

Tornando, all'acqua, ERRATA CORRIGE a caratteri cubitali, chiedendo molto umilmente venia: l'acqua, e se lo conferma il beneamato è una garanzia, nel frattempo era diventata pulitissima. Una meraviglia smeraldo con sfumature turchesi, i colori di quelle famose piscine californiane dipinte da David Hockney, che tanto mi piacciono.

Per chi fa trekking nei paraggi le gole non mancano, le camminate impegnative nemmeno, e vanno avanti anche a tutto novembre. “Ormai” mi dice con tristezza la titolare di una boutique, “piove sempre meno, la raccolta di olive ne soffre. Il tratto E4 Elafonissi/ Paleochora costeggia il mare, in un su e giù di calette mozzafiato, come la meravigliosa Kedrodados, dove coloro che scappano da Elafonissi si rifugiano, certi di aver trovato il paradiso. Volendo, camminando e costeggiando si può arrivare dall’altro lato dell’isola, toccando posti da cartolina.

Noi, ormai l’avrete capito, siamo dei tiratardi goderecci, per cui abbiamo scelto il traghetto. €35 a persona per un’andata e ritorno in giornata (volendo avremmo potuto pernottare) con destinazione il fotogenico porticciolo di Loutro.


(La spiaggia di Agia Roumeli)


Scalo veloce a Sougia, e poi sosta di un'ora e mezza ad AGIA ROUMELI dove siamo sbarchiati tutti, trekkers e pickup con i rifornimenti, in attesa del traghetto successivo puntualmente in ritardo, che ci porterà a Loutro.


(In canoa a Agia Roumeli)


Agia Roumeli, in novanta minuti me ne sono innamorata. L'unico paese dove ho visto ben quattro cani, tutti indigeni, il che è strano perché Creta, la Grecia oserei dire, è un Paese per gatti, pasciuti e viziati, coccolati e stanziali, che la fanno da padrone nelle taverne, invasivi e sfacciati. Ad Agia ci si va per scarpinare e affrontare la gola di Samaria; gente equipaggiata fino ai denti, dalle gambe glabre e tornite, anziani anche, ma allenati e determinati, disposti a soffrire per scoprire le meraviglie di quell'entroterra aspro e roccioso.

Loro.


(Allontanandosi da Agia Roumeli)


Mentre a me che sono pigra è dispiaciuto lasciare quel paesino che si risveglia con l'arrivo del traghetto, dove il resto del tempo gli abitanti lo passano ad attendere, uomini dall'aria scontrosa e lo sguardo ceruleo e gentile, ruvidi nell'aspetto, accoglienti nella sostanza, con i corpi di una razza antica. Ci sarei rimasta, ad Agia Roumeli, per bagnarmi in quelle acque limpide e quel giorno calme, per immergermi anch'io in quei ritmi ancestrali.

Quando c'è il meltemi potrebbe fare il gemellaggio con Pitcairn, l'isola dei rifugiati ammutinati del Bounty.


(Loutro, la spiaggia)


LOUTRO. Valeva la pena farsi una giornata in traghetto e ore di attesa per prendere il battello di ritorno, cambiando 3 barche o navi che dir si voglia, costeggiando una terra che si alza ruvida e pietrosa, con un mare che raggiunge sfumature di blu profonde e arcane, per accendersi di una luce turchese ipnotica presso la riva? Un mare misterioso dove, di sicuro, nelle profondità più insondabili, abitano le sirene.


(Loutro)


Ne valeva la pena, certo.

Si parte alle 8,30, per noi un'alzataccia. per arrivare in una quarantina di minuti, a Loutro, che si pronuncia accentato sulla o; un posticino di charme impeccabilmente dipinto di bianco e di un blu oltremare identico in ogni dettaglio, che presuppone un RAL comunale, tanto è perfetto. Un’insenatura a mezzaluna di bianche casette che si scopre essere inevitabilmente alberghi, con baretti accoglienti che offrono spritz e mojito e, sospetto perché sono maligna, piccole tapas piuttosto che mezès. Loutro a fatica si è ritagliato una doppia fila di ombrelloni vergognosamente corpo a corpo, per dire quanto sono vicini. L'acqua color smeraldo brilla come un gioiello, ma è pur sempre un porto, per cui noi l'agognato bagnetto non lo abbiamo fatto, rimpiangendo le acque limpide e pure e solitarie di Agia Roumeli.

È tutto molto chicchettino e carino, se vi piacciono le cartoline e lo stile Saint Tropez.


(Loutro beach)


Ce lo siamo goduto sorseggiando un ouzo con vista, dalla tranquilla terrazza che offriva un ottimo toast e poco altro, ma che la sera vantava i cocktail della tradizione. Avremmo voluto fare di più ma c'era poco da fare se non guardare il via vai di barchette di ritorno dalle escursioni. In lontananza, dietro un promontorio, le bianche case di Hora Sfakion, anche detta Sfakia, da dove si arriva anche da Chania, attraverso una strada di 17 o 19 tornanti, dovrei controllare, dalle curve a gomito a strapiombo sul mare libico, davanti alle quali quelle famigerate dello Stelvio impallidiscono. Ma è tutta scena, la percorrono in tranquillità gli autobus della KTEL; potremmo, forse, farcela anche noi, pavidi anziani.

E infine CHANIA. Da dove eravamo partiti ma dove non ci eravamo fermati, ultima tappa di questo nostro parziale primo approccio a Creta, limitato dalle nostre energie e dalla nostra non più tenera età. Chania anche detta Hanià, aspirando bene la "h". Un paio di giorni. Quindi poco, niente, per giudicare. A prima vista, sul taxi che ci portava nella zona di Portou, al nostro B&B nell’antico quartiere veneziano, bloccati in un traffico stanziale, procedendo a fatica tra doppie file di auto parcheggiate, circondati dalle vetrine di Zara e similari, dopo le paciose giornate al sud, io e il beneamato abbiamo pensato, in tandem, ma dove siamo finiti, ma quanti sono gli abitanti? Centoventimila sono. Me lo ha detto il tassista.


(Chania, un negozio)



(Chania, il faro)


Senza contare i turisti e i crocieristi che sbarcano a frotte dalle meganavi attraccate nel limitrofo porto di Souda, anziani per lo più, accaldati e traballanti che procedono a rilento intasando le stradine del centro, che è un gioiellino invaso da negozietti di abbigliamento e di souvenir, carichi di merce, con prezzi più cari che altrove, ma con scelte più varie e ricercate che altrove. Quindi, così a prima vista l’avevo paragonata ad un girone dantesco, quello in cui si vedono i dannati in moto perenne, camminare in cerchio. E ancora una volta mi sono dovuta ricredere.


(Turisti a Chania)



(Chania, il porto)


Meglio chiarire se no c’è chi penserà; eccola là, nemmeno Chania le va bene. E invece mi va bene, mi va moltissimo bene, è carinissima Chania, solo che anche a fine settembre eravamo sempre tanti. Troppi. Noi l’abbiamo presa con calma, l’abbiamo girata a piedi in lungo e in largo, fermandoci a riposare sulle panchine davanti al faro che fa da punto esclamativo ad una skyline di edifici bassi e pastellati, inebriati dal sole e dal vento, sorseggiando un succo di melograno appena spremuto, felici di esistere e di aver concluso la nostra vacanzina, accompagnati dalle note di Mai di Domenica, strimpellate dall’anziano suonatore di bouzuki.


(Turisti a Chania)


C’era tanto fare e da vedere, a Chania, c’è persino chi la usa come base per le spiagge limitrofe, chi per una dilettabile immersione nella cultura, chi non si perde il museo Archeologico e quello Marittimo, di cui a noi poco importava, mentre ci siamo goduti quello del Folklore. Piccolino, si è faticato a trovarlo, ci siamo riusciti perché condivide il cortile con quello di una piccola Chiesa Cattolica dove si celebra la messa. €3 per entrare. Poca cosa. Un'iniziativa privata, di un tizio, giovane abbastanza, simpatico poco e disponibile altrettanto, che se ne stava lì a bere il suo freddo espresso con aria seccata, ma non per questo meno lodevole per aver raccolto e raccontato con un godibile e scenografico percorso casareccio, sceneggiato in stile presepe, la storia di un paio di preziose tradizioni insulari, il ricamo e la tessitura. Non me li faccio mai mancare, i musei del folklore, ovunque essi siano, sono quelli che mi rimangono dentro perché mi permettono di curiosare nella storia e nelle vite del luogo, che nel frattempo è diventato un'altra, perché le tradizioni si perdono, e ahimè spesso addirittura scompaiono. Una cosa so per certo, a Creta torneremo. A Paleochora senz’altro. Ma la prossima volta andremo anche all’Est. È una promessa.


(Il Museo del Folklore)



(Il Museo del Folklore)



(Il Museo del Folklore)





QUALCHE UTILE INDIRIZZO

KISSAMOS

Dietro Aphrodite Beach, il ristorante Stelios e Katina. Sul Lungomare, la Fish Tavern 1960: linguine ai gamberi e ai frutti di mare, volendo. Sulla strada che porta a Balos, la già citata Gramboussa. Prenotare che è meglio. Specie in piena estate.

FALASSARNA

Stabilimento Macaya Beach Club, per chi vuole esagerare. Golden Sunset Tavern, buona la moussaka, così mi dicono. Taverna Spilios, questa molto gettonata. Acropolis Restaurant (vicino all'acropoli di Polyrrhenia): vista spettacolare al tramonto nel silenzio totale tra le colline e le rovine di un'antica acropoli. Si mangia tanto e bene come a casa della nonna.

PALEOCHORA

En Lefko, decisamente, per una seratina stilosa ma a prezzi ragionevoli e tenete un posticino per il dessert, che ve ne offriranno ben quattro. Prenotare. Metheskis, molto rinomato, ma non l’abbiamo provato. Caravella, pesce. Pretenziosetto e caruccetto. Zephiros, sul lungomare, lato la spiaggia principale. Votsalo, in fondo al lungomare sulla sinistra, ci si va per fare una ricca colazione. To Scholeio (old school) in Anidri, una taverna vecchio stile che sorprende per il menu. Lungo la strada, dare un’occhiata al sorprendente Sculpture Garden.

CHANIA

The green eye, vegetariano e vegano Tamam, da non perdere, prenotare che è preso d’assalto. Fresch Point i migliori succhi di frutta dell’universo. Specie quello di melograno. Anassa, fronte porto, è anche un piccolo albergo di charme. Piccolino,

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