Vista da lontano sembra una tartaruga che affiora dalle acque dell’Egeo. È Pano Koufonisi (Koufonisi di sopra), che, insieme alle due consorelle – Kato Koufonisi (Koufonisi di sotto) e Keros –, forma un microarcipelago nelle Piccole Cicladi. In tutte loro il turchese del mare ha sfumature oniriche che nessuna parola umana può degnamente descrivere senza rischiare di diventare stucchevole. Eppure è così: in questo tratto di Grecia c’è un mare inimmaginabilmente bello, in un contesto naturale quasi incontaminato. Le spiagge di sassolini bianchi, gli scogli aguzzi dai riflessi multicolori, le calette incastonate tra le rocce vanno conquistate giorno per giorno, camminando lungo i sentieri o, in alternativa – se il Meltemi tace o soffia altrove – in barca.

Sotto il sole rovente Pano Koufonisi, l’unica delle tre isole ad essere abitata, brilla di ruvida bellezza. I gatti si aggirano incontrastati nel silenzio delle strade (solo i residenti possono circolare in automobile). Sul bianco accecante delle case della Chora si stagliano nitide le siepi di buganvillea; sullo sfondo un mulino a vento a picco sul mare crea lo scenario perfetto per il tramonto.

L’abitato si compone di poche strade strette che la sera si animano tra taverne, bar, rivendite di specialità tipiche come i loukoumades (frittelle al miele), negozietti di prodotti gastronomici locali o manufatti artigianali. Il fascino dell’isola sembra fare presa soprattutto sugli italiani; ve ne sono diversi che sono diventati degli habitué e qualcuno che ha addirittura deciso di trasferirvisi stabilmente come Francesca e il suo compagno Stefano, entusiastici koufonisioti adottivi, che hanno aperto in una delle stradine del centro la galleria 'Spigolo' dove propongono opere di artisti ellenici che realizzano oggetti originali di design e decorazione molto diversi dai souvenir kitsch e massificati che imperversano in molte località della Grecia, balneari e non. È una tradizione di famiglia, visto che a “scoprire” l’isola trent’anni fa e a innamorarsene perdutamente è stata la mamma di Francesca, Carla Virili, che, senza lasciarsi scoraggiare dall’aspetto brullo del posto in cui, secondo la vulgata, “l’albero più alto è un pomodoro”, si è fatta conquistare dall’atmosfera dell’isola e ispirare per la redazione della sua “guida insolita per turisti curiosi” (editore Affinità elettive).


Visitatori e abitanti (questi ultimi circa 400 in tutto) condividono le serate nelle poche strade del centro, in una taverna si accenna qualche passo di danza al suono di ritmi greci, i brindisi con ouzo e masticha si sprecano e a regnare è la spontaneità. La mattina si fa la fila al forno “paradisiaco” di Georgulia dove è in vendita ogni sorta di prelibatezze, dolci e salate, da portare in spiaggia o mangiare a colazione.

Le origini delle isole Koufonisia risalgono alla notte dei tempi, probabilmente al 3500 circa avanti Cristo, l’epoca in cui ebbe inizio la civiltà cicladica. Lo rivela il ritrovamento di antichi reperti come le aggraziate statuine o “figurine” cicladiche, a cui si sono ispirati millenni dopo artisti come Picasso e Modigliani. La maggior parte di queste figurine proviene da Keros, l’isola di fronte a Pano Koufonisi con cui, secondo molti, costituiva inizialmente un tutt’uno. Tra le più belle si annoverano “Il suonatore di flauto” e “Il suonatore di arpa”, ora custodite nel Museo archeologico di Atene. Per anni le statuine o i loro frammenti sono stati saccheggiati e venduti di contrabbando a trafficanti d’arte, per cui lo Stato greco è stato costretto a vietare l’accesso all’isola autorizzando solo gli archeologi ufficialmente riconosciuti e i proprietari delle capre che vivono lì e che, di tanto in tanto, si recano da Pano a Keros in barca per prendersene cura e, con l’occasione, raccogliere un po’ di sale.

Nei secoli il microarcipelago ha visto succedersi governi e dominazioni (tra cui quelle dei saraceni e dei veneziani) secondo lo schema consueto di più o meno tutte le isole cicladiche. L’indipendenza e l’integrazione nello Stato greco sono state raggiunte nel 1830 ed interrotte solo dall’inglorioso capitolo dell’occupazione tedesca durata fino al 1945. Pano Koufonisi è nota per la sua flotta di pescherecci, tra le più corpose di tutta la Grecia, e la pesca è sempre stata l’attività principale dei suoi abitanti. Non sorprende perciò che a fine maggio vi si celebri addirittura un Festival dei pescatori con danze rituali e fuochi d’artificio.

Le comodità della vita moderna sono arrivate molto tardi. Il primo telefono pubblico, a cui facevano capo tutti gli abitanti dell’isola, è giunto nel 1964; nella stanza in cui fu installato si trova ora una locanda molto frequentata, al cui centro troneggia ancora il vecchio telefono a ricordare un momento epocale. L’elettricità è arrivata ancora dopo, alla metà degli anni ’80.

Il terzo grande avvenimento che ha cambiato la vita dell’isola sottraendo i suoi abitanti al secolare isolamento è stato l’avvento dello Skopelitis Express, il traghetto che collega Naxos con le piccole Cicladi, una vera e propria istituzione. Piccolo e impavido, ogni giorno il battello sfida i venti e i marosi mentre a bordo risuona imperiosa e allegra musica greca a tutto volume.
Un sentiero percorre il litorale seguendo l’andamento zigzagante della costa e offrendo innumerevoli possibilità balneari, dal tuffo dagli scogli alla sosta in piccole calette solitarie scavate nella roccia e nelle spiagge vere e proprie, ombreggiate dalle immancabili e provvidenziali tamerici e spesso provviste di una taverna. Bellissima la spiaggia di Platia Pounta universalmente nota come Italida (l’Italiana). La curiosa circostanza è dovuta al fatto che la proprietaria del terreno adiacente alla spiaggia e di una villa - vicina, ma fortunatamente non visibile dalla spiaggia -, pur essendo in realtà greca, è così soprannominata per i lunghi periodi trascorsi nel nostro paese. A quel che si dice, è a lei che si deve la strenua difesa del territorio dagli abusi edilizi.

Proseguendo tra i cespugli di macchia mediterranea lungo la costa si raggiunge la scenografica Pisina, una sorta di vasca naturale circondata da rocce cangianti. Immergervisi è un’esperienza da non perdere: si ha quasi l’impressione di rigenerarsi.

Non può mancare un’escursione in barca a Kato Koufonisi, rimasta miracolosamente quasi intatta. A popolarla vi sono asini e capre, qualche campeggiatore libero occasionale e un po’ di hippy di passaggio. Nella piccola baia che funge da porto c’è una taverna in stile figli dei fiori e poi nulla più. La natura regna sovrana, un sentiero seminascosto tra gli arbusti della gariga conduce a splendide cale, come la stupefacente Laki dalle acque smeraldine e la spiaggia di sabbia e piccoli ciottoli chiamata Nero (“Acqua”) e circondata da costoni di roccia.

Al tramonto, quando l’orizzonte si tinge dei colori dell’acquerello, si può salutare il sole in uno dei caratteristici bar sulla scogliera alternando un drink a un tuffo nel mare oppure al chiosco, che ora occupa un antico mulino.

Poi il tempo di una cena, e il sipario si apre sul carro dell’Orsa maggiore.