Le donne hanno imparato a guardare il mondo “partendo da sé”. Hanno imparato così il valore dell’altra (e dell’altro). Hanno imparato il valore delle relazioni, che non sono solo i trattati di pace dopo le guerre, non sono solo gli accordi finanziari o la partita a carte la sera al bar.
Ma c’è un “manuale” per imparare (e soprattutto insegnare) a stare con gli altri, in una società parcellizzata come la nostra dove solamente i social sembrano essere terreno d’incontro, e non soltanto per i più giovani? Volendo, c’è. Si chiama “Relazioni creative” (ed. ultraLIFE, euro 17,50), è stato scritto da 4 donne, una psicologa e psicoterapeuta (Stefania Carè), una archeologa specialista in comunicazione aumentativa e nelle visite didattiche per disabili psicosensoriali (Karen Ilardi), una pedagogista counselor a orientamento gestaltico - che significa, più o meno, che esplora emozioni e comportamenti - (Marisa Marotta), e una educatrice professionale, pedagogista e formatrice (Consuelo Minati). E che siano quattro donne non è un caso: c’è una elaborazione comune, proprio nelle diverse pratiche di intervento.

È un libro “di lavoro”, teoria e pratica, ci sono anche i puntini nelle pagine su cui scrivere le risposte, come nei libri delle elementari, ed è consigliato avere a portata di mano delle matite colorate, magari anche una gomma. Si fa così a imparare. Loro li chiamano “atelier”, che alla fin fine significa “laboratorio di artigiano”, e di quello si tratta: fare gli artigiani di sé stessi. E per segnalare le diversità dei contributi ogni intervento è firmato, rimanda all’autrice, alla sua esperienza educativa.
I capitoli (a più firme), secondo quanto spiegano le autrici, seguono le tappe di un sentiero evolutivo: il primo insegna a mettere in relazione mente, corpo e cervello; il secondo invita a riflettere sul dovere di crescere, dove la dimensione sociale è fondamentale; il terzo affronta il problema dei modelli di riferimento, tra diversità e crisi; il quarto infine tratta dei condizionamenti culturali e delle vie per riconoscerli e superarli. Non è materia semplice, le matite colorate aiutano… E aiuta il racconto delle esperienze.
Stefania Carè, per esempio, racconta di un corso a scuola e di come una allieva ne abbia riportato in un elaborato le conclusioni, quando ragazze e ragazzi si sono confrontati direttamente: “Un po’ ci faceva ridere – dice la ragazza - forse per l’imbarazzo; ma a ripensarci, quando dici quello che pensi e gli altri ti ascoltano tutto sembra più semplice. Insieme abbiamo rappresentato la gioia, la rabbia, la tristezza, la paura e il disgusto con un colore, un disegno o una frase. Ci siamo divertiti durante la condivisione in gruppo e abbiamo riso, soprattutto quando Paolo ha detto che ha paura di avere le basette come Fabio e quando molti hanno scritto di avere paura di farlo per la prima volta”.

Altro che TikTok… Sono proprio questi appunti biografici a facilitare anche il lettore nell’affrontare un tema che si suppone banale – avere relazioni con gli altri – e che si rivela complicatissimo. Come quando Consuelo Minati affronta il problema di “gabbie e chiavi”: “In ogni periodo della nostra vita – scrive - ci troviamo ad affrontare momenti in cui ci sentiamo in trappola, in cui un problema ci appare insormontabile e non vediamo vie d’uscita all’orizzonte. Ma ogni volta, in qualche modo, la situazione trova una soluzione, a volte inaspettata e sorprendente”. Quella da mettere in moto è la consapevolezza delle risorse, i nuovi punti di vista.
Il libro è uno strumento di autoformazione ma soprattutto di supporto alla formazione per i professionisti, considerando che comunicazione e relazioni abbracciano tutti i rami dello stare insieme. Nei luoghi più disparati. Per relazioni, come vuole il titolo, “creative”.