Che gli USA, insieme ad Israele, fossero sulla lista nera dell’Iran era noto da tempo, ma se Netanyahu poteva (lontanamente) avere un motivo per attaccare i nascondigli nucleari dell’Iran, rimane da spiegare il perché Trump abbia deciso di farlo proprio ora. È probabile che la causa sia da ricercare nei recenti colloqui tra “the Donald”, Putin e Xi Jin ping. Nei giochi economici e politici, alcune decisioni vanno prese e concessioni date se si vuole che decisioni e concessioni vengano prese anche a tuo favore. Da qualche giorno, sulle prime pagine dei quotidiani non appare più la guerra in Ucraina e nemmeno la tragedia nella Striscia di Gaza, bensì l’Iran con il suo rischio nucleare. Ad esempio, sulla prima pagina del Corriere della Sera del 21 giugno non si faceva alcuna menzione delle due tragedie e, per di più, non se ne parlava nemmeno nelle altre 55 pagine.
Gli americani preferiscono i fatti alle parole. Alle parole, preferiscono anche il denaro. “Tempo è denaro”, “gli affari sono affari” e così via. Il grande disegno di Trump che ha come finalità il MAGA (Make America Great Again) deve fare i conti con l’enorme debito pubblico accumulato negli anni; e una delle voci che detraggono una cospicua fetta di fondi (oltre agli “sprechi”) è il costo di tenere alta la tensione politica-militare nel mondo. Se si sommano, ad esempio, le percentuali di PIL destinate ad armare la sola NATO, sappiamo già che si arriva a cifre notevoli, e non solo per il nostro paese. Trump sperava in una risoluzione veloce del conflitto ucraino, ma l’interesse di Putin, sfruttando sia la volontà degli USA di volersi tirare fuori dal conflitto sia l’incapacità europea a sostituirsi agli americani nella fornitura di armi e intelligence, è invece di prolungarlo il più possibile. Sia per infliggere il maggior danno possibile al nemico sia per costringere gli USA a fornire quanto necessario agli ucraini. Non a caso, l’interesse maggiore di Trump durante gli incontri con Zelenski era di accaparrarsi le famose “terre rare” necessarie per l’industria bellica. Non è un caso nemmeno che Trump e Xi, pochi giorni fa, abbiano stretto un accordo sui reciproci dazi dove entrambi i paesi hanno dato e ricevuto concessioni su due fronti essenziali per la stessa industria bellica americana: semiconduttori e (udite udite) le terre rare, su cui la Cina, in entrambi i casi, esercita un potere (esagerato) di controllo.

La storia ci ha insegnato che la logistica dietro le guerre è tanto importante quanto il denaro, i soldati, gli armamenti e la tattica da seguire. Ogni fattore deve combaciare alla perfezione per far girare l’ingranaggio. Se c’è un fattore che può scombussolare questo equilibrio è il tempo, non quello meteorologico ma quello cronometrico. Pensate agli antichi assedi attorno alle mura delle città. Sotto la presidenza Biden, e ora anche di Trump, gli Usa stanno fornendo ogni tipo di armamento possibile all’Ucraina. Idem per l’Europa. Tutti possono stare tranquilli, perché un altro business delle guerre è la ricostruzione post-bellica. Su cui tutti si preparano a fiondarsi. Ma per Trump la questione trasborda nella “sicurezza nazionale” perché il magazzino degli armamenti non è infinito. A drenare lo stock di missili, aerei, carri armati, droni e proiettili, già sotto tiro in Europa, si è aggiunto Israele, prima nella guerra contro Hammas e ora contro L’Iran. Israele non dispone di un magazzino infinito e gli USA non possono fornire armi all’infinito anche su questo fronte. Più durano i conflitti e più è a rischio la sicurezza nazionale degli USA. Più si prolunga questo rischio e più si allontana il disegno MAGA. Vale a dire che sia Putin che Netanyahu hanno trascinato Trump in due guerre di cui “the Donald” avrebbe fatto molto volentieri a meno.
Dopo lo sgancio della super bomba “Bunker Buster” GBU-57 da parte degli USA sugli impianti nucleari in Iran, nella conferenza stampa Trump ha apertamente detto che se Teheran non ferma immediatamente ogni sforzo di proseguire nell’arricchimento dell’uranio altre ne verranno lanciate. Disturba, naturalmente, l'assonanza con la decisione di sganciare le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945. Ma il tempo scorre e i due fronti aperti (Ucraina e Gaza) stanno rallentando i suoi piani. Per questo era necessario aprirne un terzo. Putin e Xi pare non abbiano posto alcun veto per questo azzardo. Non risultano veti nemmeno dall’Europa, dichiaratamente ostile all’idea che l’Iran si munisca di capacità nucleari, e nemmeno da altri paesi arabi. Almeno non finora. Forse è ben distribuita la convinzione che un paese ricco di petrolio (forse il più ricco) di fatto non ha bisogno di energia nucleare. Oppure forse la convinzione prevalente è che i venti di guerra che ormai si sono sprigionati in Europa e in Medio Oriente devono calmarsi, e che per riuscirci è necessario che gli USA prendano parte in un disegno di riequilibrio dell’ordine mondiale, in cui USA, Russia e Cina, vista l’incapacità in questo momento per l’Europa di partecipare, siano i principali attori.

Questa via di uscita è l’unica che rimetterebbe Trump sulla sua strada del MAGA. Gli consentirebbe di riallacciare i rapporti commerciali e politici con Cina e Russia, costringerebbe l’Europa a decidere sul suo ruolo in Ucraina e in Medio Oriente, gli permetterebbe di liberare risorse economiche per altri scopi sociali, si calmerebbero le turbolenze sui mercati finanziari. Il tutto sconvolgerebbe lo status quo, se non creato, fortemente voluto dai suoi acerrimi nemici Biden-Obama-Clinton. In pratica uno scenario vincente per Trump. Sul fronte cinese, Xi Jin ping riceverebbe una spinta per un’economia interna in rallentamento. Putin potrebbe vedere prevalere la sua visione sull’Ucraina. L’Europa potrebbe allentare i freni sui rapporti economici con la Cina e, soprattutto, con la Russia. (Dove però l’unico modo per non uscirne politicamente indebolita è di aumentare la sua spesa pubblica in armamenti). In questo scenario, il Medio Oriente rimarrebbe in uno stato di indecisione, diviso tra chi pretende il riconoscimento di due Stati e chi no. Di sicuro arriverebbero fondi per una ricostruzione, che, al costo di una, probabilmente temporanea, pace porterebbe una fine, forse altrettanto temporanea, alle ultime sofferenze inflitte da entrambi i lati.
Sarà stato questo scenario a convincere Trump all’uso della super bomba? Assisteremo a altre ritorsioni da parte dell’Iran. Seguiranno risposte di Israele. Se venissero prese convintamente di mira basi militari americane, il problema assumerebbe un’altra dimensione con un probabile obiettivo di rovesciamento di regime. Un film già visto in Iraq, Libia, Siria e altrove. C’è chi ritiene che sia già iniziata la de-globalizzazione, ma, come si vede, i legami internazionali sia politici che economici sono più globali e più solidi che mai.