DONNE
DI LEONOR FINI
ONIRICHE
PROTAGONISTE

È in corso al Palazzo Reale di Milano, prorogata fino al 20 luglio 2025, "Io sono Leonor Fini". La mostra offre una delle più rilevanti e complete retrospettive mai dedicate all’universo visionario dell’artista italo-argentina (Buenos Aires, 1907 – Parigi, 1996). È curata da Tere Arcq e Carlos Martín, ed è promossa dal Comune di Milano - Cultura, patrocinata dal Ministero della Cultura e prodotta da Palazzo Reale e MondoMostre. A ispirare il titolo dell’esposizione è una citazione della stessa Fini: "Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: 'Io sono' ", un’affermazione identitaria che riflette la sua personalità umana e artistica sempre coerente nello stile e nel pensiero. Leonor Fini ha incarnato la libertà creativa e intellettuale dell’artista ribelle, lontana dalle convenzioni, che ha dato forma a un immaginario visivo e concettuale capace di parlare ancora oggi. Le sue opere celebrano l’eclettismo e il genio di un’artista poliedrica in un percorso intellettuale che intreccia Italia e Francia, ricostruendo le tappe principali della sua carriera artistica e le influenze che hanno plasmato la sua visione.


(Rasch, Rasch, Rasch, meine Puppen Warten!, 1975, Oil on canvas, 113,8 x 145,5 cm
Private Collection © Leonor Fini Estate, Paris)


Con questa mostra si vuole riscoprire la figura dell’artista, approfondire l’analisi dando nuova luce al suo lavoro, oggi più che mai attuale grazie ai temi che ha affrontato e messo in discussione: dal genere all’identità, passando attraverso i modelli consolidati di famiglia, il maschile e il femminile. L’esposizione presenta oltre 100 opere tra dipinti, disegni, fotografie, costumi e video, in un percorso di nove sezioni tematiche attraverso le quali restituisce un ritratto completo dell’artista, testimoniando la versatilità della sua personalità, innanzi tutto, e quindi la sua produzione, estranea a ogni rigida classificazione. Leonor si muove tra pittura e moda, tra letteratura e teatro (in una delle sezioni sono esposti bozzetti, figurini e un costume disegnato da Leonor Fini provenienti dall’archivio Storico Artistico del Teatro alla Scala), svelando un potente immaginario a partire dagli incontri e dalle impressioni che hanno avuto luogo nella sua giovinezza, attraverso gli anni della formazione tra Trieste, Milano e Parigi, dove stringe relazioni durature con intellettuali e artisti. Nell’opera della Fini, decisamente all’avanguardia, si intrecciano arte, moda, letteratura e spettacolo in un percorso libero da ogni convenzione. I temi, molto attuali, sono ricorrenti: il macabro e il minaccioso, il rapporto con la sessualità e la famiglia, la rappresentazione del corpo e ancora l’interesse per gli aspetti rituali e i fenomeni di metamorfosi. Oltre alla pittura, Leonor Fini gioca con la sua immagine in un esercizio bizzarro e concettuale attorno al tema dell’identità. "Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: IO SONO".


(Sphinx - orange, 1973, Mixed media on arches mounted on canvas, 76,2 x 57,2 cm
Private Collection © Leonor Fini Estate, Paris)


Con queste parole Leonor Fini sintetizza la visione della sua identità artistica. Una dichiarazione di esistenza piena e senza compromessi che non manca di una sana autoreferenzialità. Ricca di talenti, nella vita ha sperimentato molte attività: pittrice, costumista, scenografa, illustratrice e performer. Per lei l'essere rappresenta la somma delle infinite possibilità del fare. Artista enigmatica e visionaria, Leonor Fini è riuscita ad affermarsi in un contesto prevalentemente maschile grazie al suo straordinario talento e a una personalità unica e mai convenzionale. La sua forza risiede nell’individualismo e nella capacità di creare un linguaggio artistico originale, in cui la donna non è musa, ma protagonista. La sua pittura esprime un universo onirico e simbolico, tra reale e immaginario, dove le figure femminili appaiono come forze primordiali e indomabili, misteriose: sono sfingi, donne-gatto e gli uomini appaiono ambigui. Un viaggio nell'inconscio, una seduta psicoanalitica, per studiare le molte stratificazioni culturali e le influenze letterarie. Da Freud a Piero della Francesca, a Michelangelo e ai pittori manieristi dai quali Fini assorbe le lezioni sul colore e sulla figura umana, utilizzandole per veicolare messaggi rivoluzionari.


(Autoportrait à l’hibou, 1936, Oil on canvas, 63,8 x 51,4 cm
Private Collection © Leonor Fini Estate, Paris)


Nella scena artistica del XX secolo Leonor Fini è una figura magnetica, che ha intrecciato rapporti profondi e complessi con molte personalità artistiche dell’epoca, frequentando i circoli artistici di Trieste, Parigi, Roma, Milano e oltre. Entra in contatto con Max Ernst, che la definisce "la furia italiana", con Man Ray, Dora Maar, Salvador Dalì e il Surrealismo. Pur condividendo con questi un'affinità sui temi del subconscio e del sogno, Fini costruisce un universo artistico unico, che sfida ogni convenzione, mantenendo una visione autonoma e rivoluzionaria, libera da etichette rigide, inclusa quella del Surrealismo. Tra le sue relazioni più significative, spicca l'amicizia con Leonora Carrington. Le due artiste si incontrano a Parigi, dove nasce un legame profondo di stima e amicizia. Nonostante la differenza di età di circa dieci anni, Carrington vede in Fini una "strana combinazione di grazia felina e potere amazzone". La loro unione – affettiva, emotiva, artistica – rappresenta il segno tangibile di una comunanza di intenti che si nutre dell’incontro tra anime femminili. In modo simile a quanto accade nelle opere di Remedios Varo, il loro sguardo controcorrente attinge dai desideri inconsci, dando forma all'invisibile e rendendo visibile una forza che sfida ogni pregiudizio. Leonor Fini intreccia un legame significativo anche con il mondo della letteratura, dimostrando profonda sintonia con alcune delle personalità più influenti del suo tempo. I contatti e il rapporto con André Breton, leader del Surrealismo, sono complessi e distanti perché Fini rifiuta le rigide convenzioni del movimento, preferendo un percorso autonomo che le permette di esplorare liberamente la sua visione artistica. Parallelamente, frequenta intellettuali italiani come Alberto Moravia ed Elsa Morante, instaurando con loro rapporti di amicizia e scambio creativo.


(La Cérémonie, 1960, Oil on canvas, 111 x 79 cm
Fondazione Ghisla Locarno © Leonor Fini Estate, Paris)


Con Elsa Morante, in particolare, nasce un’intensa affinità, testimoniata da un ricco scambio epistolare e da parole cariche di ammirazione, come nella celebre dedica della scrittrice: "Poi viene Leonor. Le finestre diventano luce, le ragnatele tende preziose di nuvole e stelle, i rami secchi doppieri accesi, e la sera una grande serata; perché Leonor (come le ho detto mille volte e come non mi stancherò mai di dirle) unisce in sé due grazie: l’infanzia e la maestà". Questo rapporto, basato su una stima reciproca e una comune sensibilità poetica, si colloca nel fervido contesto culturale romano degli anni di guerra, arricchendo l’universo creativo di Fini con suggestioni letterarie e filosofiche. Anche la frequentazione di Jean Cocteau, con cui condivide il gusto per l’arte visionaria e il simbolismo, sottolinea l’ampiezza del dialogo intellettuale che caratterizza il percorso artistico di Fini.


(Cappello per Otto e mezzo di Federico Fellini, 1963, Cotton 25 x 59 x 70 cm
Cinémathèque Française/Jaïme Ocampo Rangel © Leonor Fini Estate, Paris)


Dalla letteratura al cinema e al teatro, Leonor Fini lascia un segno indelebile anche nel mondo del cinema, dove ha collaborato con alcune delle figure più iconiche del panorama cinematografico del XX secolo. La sua amicizia con Anna Magnani era caratterizzata da una profonda affinità, condivisa anche nella passione per i gatti. Con Federico Fellini collabora alla realizzazione di costumi per una scena di 'Otto e mezzo' (1963). Inoltre, il personaggio di Dolores, previsto nella prima stesura di 'La dolce vita', era ispirato a lei: una scrittrice matura e intellettualmente stimolante, simbolo di guida e riflessione per il protagonista, che Fellini immaginava interpretata da Luise Rainer. Il rapporto intellettuale con Pier Paolo Pasolini è altrettanto intenso. I due condividono un viaggio a Parigi, in visita a gallerie e musei, dove Pasolini rimane affascinato dalla capacità di Fini di cogliere l’essenza delle opere d’arte. Tra le loro conversazioni emerge l’idea di un film, poi mai realizzato, incentrato su un’artista che sfidava le convenzioni sociali e artistiche del suo tempo, e che avrebbe visto Fini come consulente artistica.


(Le Bout du Monde, 1948, Oil on canvas 35 x 25 cm
Private Collection © Leonor Fini Estate, Paris)


Anche Luchino Visconti riconosce il talento di Fini, coinvolgendola nella creazione dei costumi per produzioni teatrali e liriche come 'La Vestale' e 'Il Trovatore'. La componente teatrale è un ulteriore nutrimento alla sua ricerca pittorica, nel gioco delle parti tra mascheramento, vestizione e svestizione, e si concretizza anche nella collaborazione con decine di produzioni teatrali, operistiche, di balletto e cinematografiche. In mostra gli splendidi costumi per 'Tannhaüser' (1963) e gli originali bozzetti per le scenografie del Teatro alla Scala - partner della mostra. Anche la moda è parte della vita e del talento di Leonor Fini, che collabora con stilisti e figure del mondo della moda, capace di ispirarli attraverso il suo approccio unico e visionario. Al celebre caffè 'Les Deux Magots' di Parigi Fini incontra Christian Dior, che le propone di esporre nella Galerie Jacques Bonjean da lui diretta. È Dior a presentarle Elsa Schiaparelli, celebre per il suo stile moderno e le sue collaborazioni con artisti surrealisti, con cui stringe un’amicizia proficua e creativa. Schiaparelli la veste con abiti vistosi, che contribuiscono alla sua immagine e mito, mentre Fini disegna per lei l’iconica boccetta del profumo 'Shocking', ispirata al busto di Mae West, e che anticipa il celebre design di Jean Paul Gaultier.


(Autoportrait au chapeau rouge, 1968, Oil on canvas, 84 x 61 cm
Archivio fotografico del Museo Revoltella - Galleriad'Arte Moderna, Trieste © Leonor Fini Estate, Paris)


Yves Saint Laurent, pur non collaborando direttamente con Fini, trova in lei una fonte di ispirazione per le sue creazioni ribelli ed eleganti. Tra le figure più affascinate da Fini c’è anche Simonetta Colonna, stilista di spicco tra gli anni ’40 e ’70, che ricorda la sua amica come "bruna, istrionica, con uno stile sorprendentemente personale". Al termine del percorso espositivo il pubblico, entrato nella vita e, direi, nell’animo della artista, viene accolto dal dipinto 'Autoritratto con il cappello rosso', quasi invitato a “diventare” Leonor Fini, in un ambiente che gioca con specchi, fotografie e scritte che ne evocano il carattere rivoluzionario e libero e che coinvolgono i visitatori in un atto di riflessione sulla molteplicità dell’io.

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