Viaggiare in Giappone senza muoversi da casa e senza navigare in rete. A Genova è possibile visitando il museo di arte orientale, il più ricco di reperti giapponesi in Italia, tra i principali nel mondo fuori dal Giappone per l’arte nipponica. I reperti che custodisce e propone a rotazione sono stati raccolti dal genovese Edoardo Chiossone, che nella seconda metà dell’ Ottocento visse nel paese del Sol Levante per oltre vent’anni e lasciò in eredità le sue collezioni di oggetti rari alla città natale. Edoardo Chiossone era un incisore diplomato all’Accademia ligustica di belle arti. Dopo il diploma lavorò in Italia e in Germania, e nel 1875 fu chiamato dal governo giapponese su suggerimento tedesco a fondare e dirigere il primo istituto poligrafico del lontano paese. L’incisore si trasferì nel 1875, visse e lavorò in Giappone fino al 1898, anno della morte. Nel testamento diede disposizioni affinché il suo prezioso patrimonio fosse donato all’Accademia ligustica di belle arti, cui nel 1940 è subentrato il Comune.


Il tesoro donato da Edoardo Chiossone fu esposto per la prima volta a Genova nel 1905 ma soltanto nel 1971 le importanti raccolte dell’incisore, che spaziano dai reperti preistorici alle stampe e alle pitture su seta e carta, alle armature antiche dei soldati dal XV al XIX secolo, hanno trovato casa nel museo di arte orientale, un edificio che vale la pena di conoscere e visitare non soltanto per il contenuto ma anche per il contenitore, una struttura razionalista progettata dall’architetto genovese Mario Labò. Il museo è spesso visitato da studenti di architettura che vogliono conoscere da vicino l’opera forse più importante di Labò. Il museo si trova in cima alla collina urbana del parco di Villetta Di Negro, nel pieno centro della città. In questo periodo il parco è particolarmente fiorito ma in ogni stagione dell’anno vi si possono osservare specie botaniche provenienti da tutto il mondo, Giappone compreso.


Il “Chiossone”, diretto dalla giovane Laura Canepari, si sviluppa su quattro livelli, uniti alle estremità di destra e sinistra da rampe di scale laterali. Ogni piano è una sorta di terrazza affacciata a sud su vetrate che offrono una vista panoramica notevole sul porto di Genova, sulla città, sul mare. È un museo inondato di luce naturale e dove, a prescindere dalle opere che vi sono esposte, si respira un’atmosfera silenziosa e tranquilla. Ci si può soffermare ad ammirare il panorama e a farsi contagiare da un misterioso senso di pace. Il pavimento è rivestito da un parquet marrone scuro, una scelta che richiama le abitazioni tradizionali giapponesi e risale a un periodo nel quale il parquet non era ancora di gran moda nelle ristrutturazioni edilizie nostrane. Lo spazio di ogni piano è aperto , senza suddivisioni in stanze, e i piani sono collegati l’uno all’altro dalle scale laterali, mentre il lato rivolto a sud, quello affacciato sulle vetrate, è delimitato da ringhiere di ferro scuro come sui terrazzi.

Dal 2023, anno in cui è stato riaperto dopo lavori di ristrutturazione , è fruibile per eventi anche la terrazza aperta sul tetto, naturalmente nella bella stagione. Purtroppo invece - ed è una delle mancanze “irrimediabili” - l’edificio è privo di ascensori interni per i visitatori disabili, carenza che limita l’accesso a chi ha difficoltà nel camminare o si muove in carrozzella. Anche il parco di Villetta Di Negro è piuttosto ripido e quindi poco accessibile. In compenso il Chiossone ha ampi e e adeguati depositi sotterranei che consentono di conservare al meglio le opere non esposte. La famosissima onda di Hokusai ad esempio attualmente si trova nei depositi del museo che ne possiede due esemplari (stampe, perché l’onda non è un dipinto) che sono state al centro di una mostra genovese alcuni anni fa e sono state poi “prestate” ad altre città.

In questo periodo, fino al’11 maggio, il “Chiossone” ospita “L’alba del Sol Levante”, che propone reperti antichissimi di sua proprietà e permette di conoscere aspetti poco noti degli scavi compiuti da archeologi dell’Università di Torino, capofila di un progetto europeo, nel paese asiatico. Gli archeologi italiani hanno scavato e lavorato a Okayama. Al primo piano del museo, tra bronzi giapponesi, cinesi, coreani, dedicati al Buddha (in quella area del museo è in corso la mostra “Imago Buddha” a cura del Celso) si possono notare lame, ciondoli e raffinati specchi circolari da toilette, lavorati in Giappone in epoca preistorica, forse ai tempi dell’età del bronzo, comunque quando i giapponesi della preistoria fondevano i metalli con abilità.


Gli specchi, la lama, i ciondoli sono dell’epoca Yayoi che si concluse intorno al 300 dopo Cristo. Le punte di pietra risalgono addirittura al 14.000 avanti Cristo, al periodo cosiddetto Jomon. Peccato che la cronologia della millenaria civiltà sia leggibile su due pannelli piuttosto distanti dai reperti stessi, uno si trova all’ingresso, l’altro, il più dettagliato, al quarto piano, ma gli oggetti preistorici sono esposti al primo. La distanza tra gli uni e gli altri rende un po’ difficile al visitatore profano tenere a mente le date e attribuire a ciascun reperto la corretta collocazione temporale.

Non ci si può sbagliare invece davanti alle teche del terzo piano dove sono esposte 12 magnifiche armature in cuoio, seta e paglia risalenti a varie epoche storiche, complete di elmi e calzari. Oltre ai cartoncini che descrivono i materiali di cui sono fatte e spiegano a quale secolo risalgono, sulla vicina parete vi sono utili cartelli illustrati che descrivono le varie parti e i relativi nomi dell’armatura tradizionale giapponese, le particolarità degli elmi e delle maschere che le hanno caratterizzate nei secoli.


Pochi giorni dopo la chiusura dell’esposizione sugli albori della civiltà giapponese, il “Chiossone” inaugurerà (il 16 maggio) la mostra più importante dell’anno, “Muse ed eroine” dedicata alla figura della donna dal 1600 al 1800, nelle quattro fasi del periodo Edo. Resterà visitabile fino a novembre ma nei prossimi mesi, probabilmente ad agosto, le opere in mostra, soprattutto disegni e dipinti, saranno sostituite con altre a tema. Così i visitatori, se vorranno, potranno tornare al museo e conoscere pezzi nuovi, diversi da quelli ammirati la prima volta. Il materiale per la rotazione non manca, sono ricche le raccolte di Edoardo Chiossone. L’incisore genovese non era un “banale” collezionista, ma un vero amante dell’arte giapponese.