MIAMI
QUELLA LUNGA
GUERRA
FRA CUBANI

(Il Capitolio a Cuba)

Due vite vicine fisicamente e lontane politicamente che sono finite negli stessi giorni e nella stessa città, Miami. Il primo a morire è stato Lincoln Diaz Balart, cubano americano, figlio dell’Ambasciatore del dittatore Fulgencio Batista all’Onu e fratello di Rafael, già vice ministro degli interni dello stesso Batista negli anni ’50, ma soprattutto cognato di Fidel Castro. Nel 1948 infatti l’allora leader studentesco della Facoltà di legge all’Avana aveva sposato Mirta, bellissima sorella di Lincoln, morta pochi mesi fa. La famiglia Diaz Balart si era opposta risolutamente a quella unione politicamente scorretta, e per questo gli amici avevano soprannominato Castro e la Diaz Balart Romeo e Giulietta. Ma nessuno era morto, alla fine l’amore aveva trionfato e il rassegnato padre della ragazza aveva persino pagato il viaggio di nozze a Miami e New York ai due sposini.

Il matrimonio con Fidel era durato solo fino al 1955, anche se allietato dalla nascita di un figlio, Fidelito. Al trionfo della Rivoluzione tutta la famiglia Diaz Balart aveva scelto l’esilio a Miami, come decine di migliaia di altri cubani, e i due fratelli erano diventati attivisti nella comunità anticastrista. Lincoln e Rafael erano stati eletti parlamentari repubblicani a Washington, anche se era stato soprattutto Rafael ad essere il più violento e deciso nella battaglia contro l’ex cognato.

La famiglia, già ricchissima ai tempi di Batista a Cuba, aveva allargato i suoi affari anche a Miami. Rafael, oltre che parlamentare, era anche un azionista e dirigente di banche, il terzo fratello, Mario, un giornalista di successo. Il prestigio di Lincoln e della famiglia è stato chiaro l’altro ieri al funerale nella chiesa di Miami dove, tra le personalità presenti, spiccava il neo Segretario di Stato di Donald Trump Marco Rubio, anche lui cubano statunitense.

Ma nelle stesse ore a Miami moriva Max Lesnik, nato a Cuba nel 1930 in un paesino nella provincia di Villa Clara e protagonista della complessa vita cubana di questi decenni. Figlio di una cubana e di un ebreo polacco fuggito dalle persecuzioni antisemite, giovanissimo era entrato nel Partito Ortodosso nel quale militava anche Fidel Castro. “Ci eravamo conosciuti su una panchina dell’Università dell’Avana, dove si riunivano gli studenti per discutere e progettare le manifestazioni”, raccontava. Poi aveva preso parte alla Rivoluzione in un gruppo il cui leader era Eloy Gutierrez Menoyo che passò all’opposizione dopo la vittoria rivoluzionaria perché non condivideva la svolta socialista. Lesnik se ne andò in esilio a Miami, sostenendo l’idea che Cuba dovesse essere indipendente sia dall’Urss che dagli Usa. Era un giornalista e quando nel 1960 i controrivoluzionari cercarono l’invasione alla Baia dei Porci dalla sua radio condannò duramente quell’assalto. Il giorno dopo alcuni armati fecero irruzione nella emittente durante il suo programma, gli puntarono una pistola alla tempia e gli ordinarono di “cambiare registro” e di fare autocritica in diretta. Max si rifiutò. Quelli, per fortuna, se ne andarono.

Da allora il suo lavoro è stato favorire una distensione tra Usa e Cuba. Fondò il settimanale Replica che ebbe successo, riprese i contatti con Fidel. “È stato sempre un amico, ma ho condannato la sua svolta filo comunista”, diceva. Fu lui a promuovere un avvicinamento con il Presidente Jimmy Carter e grazie soprattutto a lui Papa Giovanni Paolo II andò a Cuba. La sua vita a Miami non è stata semplice, per 11 volte ha subito attentati dinamitardi ai suoi uffici, alla sua casa, alla sua persona. La sua rivista ha dovuto chiudere perché gli inserzionisti se ne andavano, minacciati di morte dai controrivoluzionari. Tra quelli che lo hanno attaccato duramente e per anni anche Rafael e Lincoln Diz Balart. Chissà se salendo al cielo insieme si chiariranno.

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