50 ANNI
DA ELFI
ARTE
E BENE COMUNE

Alla pagina 448 di un vecchio Zingarelli si legge: "Elfo, Esseri demoniaci della mitologia germanica, ora benefici ed ora ostili all’uomo, che amano la musica e la danza”.

Il 13 marzo 1973, presso il Centro Culturale Lepetit di Milano, debutta lo spettacolo “Zumbì, ballata di vita e di morte della gente di Palmares”, regia di Gabriele Salvatores, scene di Thalia Istikopolou, costumi di Ferdinando Bruni, musiche di Gabriele Salvatores e Sandro Usuelli, con Ferdinando Bruni, Bruno Bigoni, Cristina Crippa, Antonio Donato (poi Elio De Capitani), Daniela Piperno, Luca Toracca, Jemina Zeller.

È l’atto ufficiale di nascita del Teatro dell’Elfo, per la prima volta in scena dopo le prove in uno scantinato di via Gherardini a Milano.

Secondo Salvatores la compagnia intende esprimere un teatro che parli di tutti a tutti, nella misura più emozionante possibile. Vasto programma.

La storia del teatro dell’Elfo, che nella stagione 2023/2024 ha compiuto cinquant’anni di attività, è soprattutto, se non esclusivamente, una storia milanese.


(La compagnia dell'Elfo)


Una storia che, nella stagione in corso presso il teatro nella sua odierna sede di corso Buenos Aires, è stata in più occasioni ricordata, evocata, risognata e persino rimpianta da migliaia e migliaia di spettatori che, oggi come ieri, hanno seguito e seguono questo viaggio lungo cinquant’anni.

Nel 1973 il teatro a Milano era rappresentato soprattutto dal Piccolo Teatro, ma giusto in quegli anni alcuni operatori che avevano comunque fatto i conti con il Piccolo stesso avviano esperienze che hanno collaborato e ancora collaborano a rendere Milano l’indiscussa fucina primaria del teatro nazionale.

Il Salone Pier Lombardo (poi Teatro Franco Parenti) con Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah e il CRT-Centro di ricerca per il teatro con Sisto Dalla Palma e i suoi sodali sono con l’Elfo la fondamentale risposta di Milano alle nuove crescenti esigenze culturali della città, alle sue inquietudini di anni poi definiti di piombo, alla voglia di cambiare nel segno dell’impegno e della ricerca.

Dai vagabondaggi di quegli anni (al Teatro Uomo di Milano viene ospitato da Fiorenzo Grassi che qualche anno dopo entrerà a pieno titolo nella compagnia), l’Elfo nel 1978 trova casa presso la sala ipogea dell’ex cinema X Cine di via Menotti che diventa il fulcro operativo della sua attività.

Sono anni di strabordante creatività con spettacoli come “Dracula il vampiro”, il loro primo “Sogno di una notte di mezza d’estate” che per l’occasione viene ribattezzato “Sogno di una notte d’estate. Un musical da William Shakespeare” con un cast in cui, oltre agli Elfi conclamati, appaiono anche Luca Barbareschi, Claudio Bisio, Giuseppe Cederna e Renato Sarti (musiche di Mauro Pagani), “Nemico di classe” e “Comedians”. Alle regie si alternano Gabriele Salvatores, Ferdinando Bruni, Elio De Capitani con l’apporto dell’intera compagnia ormai stabilizzata con Corinna Agustoni, Cristina Crippa, Ida Marinelli e Luca Toracca.


(L'allestimento di "Moby Dick alla prova")


Il cast di “Comedians” (1986) con la regia di Gabriele Salvatores prevede, tra gli altri, Paolo Rossi, Renato Sarti, Claudio Bisio, Antonio Catania, Silvio Orlando, Bebo Storti, Giovanni Palladino e Gigio Alberti. Quasi un ponte tra teatro e cinema che, per alcuni di questi attori, diventerà presto la principale occupazione.

Al cinema si dedicherà ben presto anche Gabriele Salvatores lasciando principalmente a Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani la conduzione artistica del teatro. Gli anni ’90 del secolo scorso sono dedicati alla ricerca e alla definizione di tematiche e poetiche, attraverso il confronto con autori e testi che indagano l’ampio sentire internazionale, fuori dagli schemi un po’ angusti della cultura e della drammaturgia di casa nostra.

Vanno in scena, in un crescendo di proposte spesso anche provocatorie, spettacoli come “La bottega del caffè” (1991) in cui Goldoni viene espressivamente rivisitato da Rainer Werner Fassbinder, “Resti umani non identificati e la vera natura dell’amore” (1992) il cui manifesto intreccia corpi maschili e femminili al naturale suscitando qualche brivido pruriginoso, “Alla greca” (1993) e “Roberto Zucco” (1994). Testi duri, urgenti, spesso sopra le righe nel bisogno di indagare il presente e comprenderlo.

Esemplare, e siamo nel 1996, “Lola che dilati la camicia” (titolo bellissimo grazie alla storpiatura poetica di Alda Merini) con la regia “anomala” di Marco Baliani e l’interpretazione intensissima di Cristina Crippa. Teatro, teatro, teatro con autori scomodi come Fassbinder (su tutto “Le lacrime amare di Petra von Kant” con una tormentata Ida Marinelli), Koltès, Ginsberg, Pasolini, senza trascurare la lettura di grandi classici che hanno sempre la pretesa, a ragione, di affermare pensieri risolutivi.


(Elfo, maestranze)


Ed ecco allora Shakespeare, soprattutto, ma anche Eschilo, Marlowe, Goldoni, Fo, Williams.

Oltre ai territori della prosa, l’Elfo si misura anche con altre espressioni di spettacolo. Nel 1986, in collaborazione con il Teatro di Porta Romana di Fiorenzo Grassi e Gianni Valle, per certi versi suo concorrente diretto, dà vita all’esperienza di “MilanOltre”, rassegna che troverà poi nella danza la sua naturale peculiarità.

Sono anche gli anni in cui i due teatri confluiranno nel progetto comune dei Teatridithalia.

Oltre alla danza, spesso anche la musica viene ospitata, come nel caso dell’annuale rassegna di musica classica contemporanea di Sentieri Selvaggi.

Il nuovo millennio traghetta gli Elfi alla ricerca di altri traguardi, sempre più ambiziosi.

Nel 2010 viene inaugurata la nuova sede di corso Buenos Aires, ricostruita sulle fondamenta del vecchio e glorioso Teatro Puccini. Il nuovissimo Elfo Puccini-Teatro d’arte contemporanea arricchisce il suo viaggio regalandosi tre sale di capienza diversa (Shakespeare, Fassbinder e Bausch), un foyer e altri spazi ancora dove poter esercitare appieno il proprio ruolo di teatro di produzione di “rilevante interesse culturale”, come recita la denominazione escogitata dal Ministero della cultura per attribuire fondi alle attività.

In questa sede, con una accresciuta presenza di pubblico, si consolida il lavoro sulla drammaturgia contemporanea affidandone la realizzazione al duo Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani che, con un diversificato bagaglio personale, coniugano al meglio il loro estro.


(Lola che dilati la camicia)


Ai due, spesso anche interpreti, si devono alcuni spettacoli che si possono definire epocali senza essere accusati di piaggeria. Giusto per citarne alcuni, a partire dal 2011 vanno in scena, “The History Boys”, “Angels in America”, “Frost/Nixon” e “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”.

Bruni, in sodalità con Francesco Frongia, importante new entry nella factory, dirige “Il vizio dell’arte”, in cui recita Elio De Capitani che, a sua volta, dirige e interpreta “Morte di un commesso viaggiatore”.

Difficile poi negare alla memoria più edizioni di “La tempesta” di Shakespeare diretta da Francesco Frongia e da Ferdinando Bruni che ne è anche sulfureo interprete.

Il coté femminile invece continua a essere svolto con rigore e passione da Ida Marinelli, Cristina Crippa ed Elena Russo Arman che, dagli anni ’90, è componente stabile della compagnia.

In questo crescendo di proposte che definiscono, stagione dopo stagione, il carattere poetico degli Elfi, si arriva ai giorni nostri quando, per chiudere in bellezza un anno intero e abbondante di celebrazioni, viene presentato il libro “ELFOLOGIA. 50 anni di Teatro dell’Elfo” a cura di Alessia Rondelli.


(The history boys)


Volume enciclopedico che in oltre duecento pagine ospita testimonianze, approcci critici, considerazioni di docenti universitari, operatori teatrali, giornalisti, cultori convinti della materia e, va da sé, tutti gli Elfi in carica.

Dal testo, estrapoliamo senza stravolgere in alcun modo il significato più completo dell’intervento, alcuni frammenti.

Scrive Alberto Bentoglio, professore in Discipline dello spettacolo all’Università degli Studi di Milano: "L’Elfo è molto più di un semplice teatro: è una solida struttura d’impresa al servizio dell’arte e del bene comune. Potremmo definirlo un collettivo di pensiero e un ensemble artistico che ha sviluppato, nei suoi cinquant’anni di ininterrotta e gloriosa attività, un modello di gestione partecipata unico nel suo genere".

Gli fa eco la scrittrice Nicoletta Vallorani: "Le bambine cattive, si sa, vanno dappertutto: non sono interessate al paradiso né al galateo, ma alla vita, che è bella e brutta, ma comunque appassionante. Così per me sono le donne dell’Elfo: figure magiche che viaggiano leggere in un mondo infestato di guai e di uomini".



E ancora: "È interessante osservare come gli Elfi, locuzione che sa di bosco shakespeariano quindi di un testo amato dall’inizio, colmo di quegli entusiasmi di gioventù, abbiano molto lavorato proprio sul progressivo passaggio di consegne e sulla costanza della ragione generazionale. Non accade tutto e subito, ovvio, ma col trascorrere del tempo delle repliche, centinaia di locandine e migliaia di titoli e nomi di artisti, il trasloco di un’idea di spettacolo, anche per verificarne l’attualità e la validità, è diventata una metodologia.” afferma Maurizio Porro, più che saggio decano dei critici milanesi.

E per accomiatarci da questo omaggio ai cinquant’anni del Teatro dell’Elfo la scelta cade su una considerazione sul loro stesso lavoro dovuta a Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, che chiude anche il libro: "Una casa aperta agli incontri, agli scambi e alle contaminazioni, un luogo dove mettere in comune esperienza, mezzi e aspirazioni, dove accogliere forze nuove in cui riconoscere la stessa nostra tensione verso un’idea dell’arte teatrale come strumento di lettura e di analisi della realtà e delle nostre storie di uomini… Una casa dove vivere un’esperienza comune, da cui in qualche modo si esca tutti, artisti e pubblico, con un piccolo frammento di conoscenza in più, conoscenza di sé, del mondo, della storia".

Si dice che gli Elfi siano anche un po’ dispettosi ma mai veramente dannosi, anzi esercitati a interpretare il sottile confine fra l’essere e il non essere, tra il dire e il fare, tra il sogno e la realtà.

E tutto il resto non è silenzio.

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