LA LUNGA
MARCIA
CONTRO
IL 25 APRILE

Ma, con il dovuto rispetto, chi lo guarda Antonio Scurati nel programma di Serena Bortone il sabato sera su Rai Tre? Meno dell’1 per cento degli italiani, 582 mila spettatori dice l’ultimo dato Auditel. E presupponendo che per abitudine, convinzione o nostalgia la gran parte del pubblico di Rai Tre sia ancora orientato a sinistra, il discorso di Scurati per il 25 aprile se lo sarebbero filato in pochi. Con il dovuto rispetto.

E invece ecco che scatta la censura che colpisce lo scrittore di “M” e che invece di silenziare, illumina, lancia e pantografa.

Intendiamoci. Servi in Rai ce ne sono sempre stati, ma la sensazione è che almeno un libro lo avessero letto. Quelli di oggi danno invece l’impressione che di libri ne abbiano scritti più di quanti ne abbiano sfogliati.

Cosa che capita, è stato detto e ridetto, un po’ a tutta la classe dirigente dell’invece abile presidente Meloni che il monologo lo ha pubblicato sui social ribaltando, novità, la colpa sulla sinistra e le sue fake news.



Quelli di oggi danno l’impressione di marciare non certo al ritmo di un eia eia alalà ma piuttosto di un gne gne cicca cicca: ora ve la facciamo vedere noi a voi con il sopracciglio alzato, l’egemonia culturale, la superiorità morale.

La messa in discussione di quella che è e resta una festa nazionale, comincia da lontano. Silvio Berlusconi iniziò dicendo che “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, mandava la gente in vacanza al confino”, passò per l’assenza alla festa della Liberazione del presidente Carlo Azeglio Ciampi (lui sì partigiano) e finì per qualche non indimenticabile calcolo elettorale a mettersi il fazzoletto tricolore al collo e a sgolarsi: “Viva il 25 aprile, la festa di tutti gli italiani, che amano la libertà e vogliono restare liberi! Viva il 25 aprile la festa della riconquistata libertà!”



Quando è scoccata l’ora di Matteo Salvini, da ministro dell’Interno ha sentenziato che il 25 aprile è “un derby tra fascisti e comunisti”. Poi, per il solito calcolo, lo scorso anno ha tirato una freccetta a La Russa impegnato a Praga a ricordare Jan Palach, simbolo della resistenza anti-sovietica: “Celebrerò la Festa della Liberazione. Starò un po' in famiglia e lavorerò come lavorerò il Primo Maggio e come lavoriamo ovunque siamo, perché gli italiani ci pagano per farlo”. Tranquillo ministro, per tanti italiani ormai il 25 aprile è solo un ponte e soprattutto i suoi elettori non si sarebbero certo indignati per un giorno di vacanza. Quest’anno? Salvini deve aver di nuovo cambiato idea perché il pomeriggio del 25 aprile, mentre si formerà il corteo che si spera tranquillo ma si teme agitato, presenterà proprio a Milano il suo ultimo libro intitolato “Controvento”. Peccato che (per il discorso dei libri di cui sopra) la locandina dell’imperdibile kermesse dia appuntamento alle 15 in via Vivaio 7 sede dell’Istituto dei Cechi. Mancherebbe una i, ministro.



Che c’è di meglio del 25 aprile con tutte le sue tradizionali polemiche e polemichette? Sempre più nelle scuole in cui mi chiamano per parlare del Memoriale della Resistenza che curo con Gad Lerner (una raccolta di interviste a quelli che, secondo me, il derby lo hanno giocato e vinto) trovo professori che a mezza voce mi dicono: ho fatto fatica a convincere il preside, sa mi diceva che il 25 aprile è una data divisiva.

Ingenuamente mi sono indignata. Poi ho capito: ma certo, hanno ragione i presidi cerchiobottisti! Il 25 aprile è una data divisiva.

O di qua, o di là. O si dice che l’omicidio di Matteotti, lo squadrismo, l’assalto alle Camere del Lavoro, il confino dei dissidenti, la morte di Gramsci, l’educazione totalitaria erano dei crimini o si condannano solo le leggi razziali come se fossero uno scivolone all’interno di un percorso netto (ci sarebbe anche l’entrata in guerra che ha provocato mezzo milione di morti ma, chissà perché, nessuno la cita mai).

O si dice che la Resistenza non avrebbe certo vinto la guerra, ma che senza la Resistenza non avremmo avuto la Repubblica e la Costituzione oppure la Costituzione la si vuole cambiare.

O si celebra il 25 aprile perché si è antifascisti o no. Quelli di oggi, cara sinistra mettiti il cuore in pace e smetti di chiederlo, no.

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