Trento e Rovereto simbolicamente unite per contrastare il drammatico scioglimento dei ghiacciai più caratteristici al mondo. Due città, altrettanti musei, la scienza e la cultura, pure l’arte cinematografica e quella della fotografia, unite per salvare distese bianche inesorabilmente devastate dal cambiamento climatico. Una mostra - è il caso di dire - 'liquida' tra le sale del Mart - Museo di arte contemporanea - di Rovereto e il Muse - Museo della scienza - di Trento, con una propaggine tra gli eventi dell’imminente Filmfestival della montagna ‘Città di Trento e Bolzano’. Il tutto basato sulle straordinarie immagini di Sebastiâo Salgado, celeberrimo fotografo brasiliano, da tanti anni mirabile osservatore che denuncia e documenta l’inesorabile restrizione dei territori da millenni occupati dalla coltre ghiacciata.

La documentazione visiva è di grande impatto e invita a riflettere sull’importanza di questi ambiti ancestrali, da preservare per onorare il domani. Giganti fragili quanto monumentali, simboli ecologici di un habitat duramente contrastato. Salgado presenta delle foto/gigantografie - alcune inedite, stampate per le rassegne trentine - per rispettare la stessa 'personalità' del ghiaccio. Lo ha ribadito in un video collegamento all’anteprima della mostra. “Il ghiacciaio ha una sua precisa personalità, supportata da una enorme, gigantesca forza, in grado di movimentare ogni componente solido del territorio che occupa. Non ha un linguaggio umano, ovviamente, ma si muove, e si esprime. Diventando il termometro della Terra”. Parole riferite alle sue foto, immagini che 'fermano' l’urlo di masse glaciali assolutamente spettacolari. Rese ancora più affascinanti dagli scatti fotografici, immagini rigorosamente in bianco e nero.
‘Siamo in una fase drammatica - ha anche sottolineato il famoso fotoreporter - e molti di noi lo ignorano. Così uccidiamo la biodiversità dell’habitat in una competizione decisamente autolesionista. Non solo: ci esponiamo a problemi che nemmeno possiamo immaginare’.

- foto courtesy dell'artista )
La mostra, come detto, si articola in due sedi, appunto tra Rovereto - con 50 foto esposte al Mart - e una decina di scatti posizionati in una sala allestita al Muse, dove è stata realizzata un’installazione negli spazi del ‘Grande Vuoto’ ideato da Renzo Piano. Pure il manifesto dell’imminente Trento Filmfestival ha l’immagine del ghiacciaio Kluane, nella sperduta riserva canadese. La rassegna cinematografica dedicherà un serie di documentari proprio ai ‘ghiacciai che muoiono’.
Le fotografie mostrano fascinosi contrasti che catturano l’abbagliante scintillio, la maestosità dinamica delle forme glaciali di varie zone terresti, dai poli antartici, sulle Ande, per poi soffermarsi tra le vette più alte al mondo o alle zone georgiane di un Caucaso ancora troppo dimenticato. Il progetto espositivo è dotato di un ricco catalogo - curato da Contrasto, agenzia fotografica milanese di fama mondiale - che stampa in apertura alcune frasi di Primo Levi: ‘E ci si sciolse il vigore nel petto - come quando si perde una speranza’. Ghiacciai come icone, da studiare per cercare ardite soluzioni di tutela. Da anni proprio al Muse di Trento opera un team glaciologico. Lo sottolinea il direttore del Museo, Massimo Bernardi: "I ghiacciai non sono masse algide e distanti, ma luoghi di vita, dinamici, vicini alla nostra esperienza quotidiana. Che vanno narrati con un racconto transdisciplinare. Proprio come si nota nelle immagini piene di luce presenti nelle esposizioni".

Isole Sandwich australi, 2009 - foto courtesy dell'artista )
Tante le azioni in corso per cercare almeno di frenare l’erosione tra i ghiacciai dolomitici, Adamello in primis - per esempio coprendo d’estate la coltre ghiacciata con enormi teli. Le prospettive rimangono comunque nefaste: tra qualche decennio il ghiaccio sarà solo nei ricordi. E nelle foto di Salgado.
Le rassegne rimangono aperte al pubblico fino all’11 gennaio del prossimo anno.