CRIOCONITE
"BUCHI NERI"
DEI GHIACCIAI
CHE MUOIONO

Come si sa il ghiaccio conserva. Meglio di tutti lo sanno i ricercatori antartici, che riescono a ricostruire il clima del nostro pianeta fino a 800 mila anni fa, e ci spiegano che stiamo vivendo il cambiamento climatico più importante da quel tempo. I ghiacciai sono archivi di informazioni climatiche legate a processi atmosferici ma anche una fonte secondaria di contaminanti, rilasciati nel passato e immessi in atmosfera nei secoli. Lo stesso procedimento viene utilizzato per studiare la presenza di sostanze di origine antropica, perché tutto quello che immettiamo in atmosfera, prima o poi, raggiunge anche i ghiacciai.


(Cryoconite - foto da astroparticelle.it)


Il ghiacciaio dell’Adamello, il più profondo d’Italia e il più a sud delle Alpi, nel Parco naturale omonimo tutelato dall’Unesco, rappresenta uno degli archivi più potenti della storia climatica, ambientale e umana delle Alpi Italiane, per grandezza e posizione. È rivolto verso la pianura padana e offre una qualità di carotaggi differente rispetto a quelli che provengono dal versante settentrionale oppure dalla zona di crinale tra sud e nord delle Alpi, come Monte Rosa e Monte Bianco.

“Con il cambiamento climatico i tassi di fusione sono molto più alti e i ghiacciai stanno fondendo molto più rapidamente (quelli alpini hanno perso il 50% della superficie negli ultimi cento anni facendo emergere tante sorprese, ndr). Nella fusione rilasciano non solo l'acqua ma tutte le impurità depositate all'interno in secoli e decenni” - afferma Giovanni Baccolo, glaciologo, ricercatore dell’Università di Roma Tre che collabora con i gruppi di Glaciologia e Radioattività dell’Università di Milano-Bicocca.


(Prelievo di campioni superficiali di crioconite - foto da astroparticelle.it)


Uno studio condotto da ricercatori dei Dipartimenti di Scienze dell’Ambiente e della Terra e di Fisica dell’Università di Milano-Bicocca, delle sezioni di Milano Bicocca e Genova dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dell’Università di Genova e del Laboratorio per l’'Energia Nucleare Applicata (LENA) dell’Università di Pavia, pubblicato sulla rivista ‘Scientific Reports’ (gruppo Nature), ha approfondito il ruolo della crioconite, che si accumula sulla superficie dei ghiacciai, confermando che questo sedimento sopra-glaciale è estremamente efficiente nell'accumulare radioattività.

Secondo i ricercatori, tra le sostanze radioattive trovate sotto il ghiaccio, alcune sono di origine naturale, come torio, uranio e potassio, e altre di origine antropica, legata esclusivamente alle attività umane, ovvero a test nucleari e incidenti alle centrali atomiche, come quelli di Fukushima e Chernobyl che hanno raggiunto anche le nostre latitudini.


(Esempio di foro crioconitico - foto da astroparticelle.it)


Le "coppette crioconitiche" sono dei piccoli depositi di sedimenti scuri tipiche dei ghiacciai di tutto il mondo; oltre alle sostanze radioattive assorbono anche i metalli pesanti come zinco, arsenico e mercurio e si formano nelle zone soggette alla fusione. La loro formazione è dovuta all’interazione fra il materiale di origine minerale e la sostanza organica. Il vento trasporta fra l'altro polvere, microrganismi, polline, granelli di sabbia, in sostanza un particolato che si diffonde nell'atmosfera e si deposita ovunque. Quando si accumula su neve o ghiaccio prende il nome di crioconite (o cryoconite), una fanghiglia nerastra che si trova spesso sul fondo di pozze scavate nel ghiaccio e riempite di acqua di fusione. È un composto scuro, facilmente visibile sulla superficie: se si accumula, il colore tende a trattenere l'energia solare e a scaldarsi a sufficienza da fare sciogliere il ghiaccio sottostante. Il materiale si concentra a macchie e si producono così i cosiddetti fori crioconitici. Il materiale precipita sul bedrock, il fondo del ghiacciaio. La fusione rilascia non solo l'acqua ma anche le impurità.


(Ghiacciaio del Lys con il ghiaccio 'sporco' di cryoconite - foto da astroparticelle.it)


Si tratta di un filone di ricerca estremamente d'avanguardia perché i ghiacciai stanno fondendo molto più rapidamente e non solo quelli alpini (‘Greenland’s glaciers are retreating everywhere and all at once’, Nature, January 2024). Il fenomeno è stato documentato per i ghiacciai più vicini alle fonti di emissione, quelli alpini, meno per quelli situati ai Poli.

Una volta che le sostanze radioattive lasciano il ghiacciaio, la crioconite le assorbe in modo molto efficiente. Nel video-timelapse che segue, realizzato in collaborazione fra SGL - Servizio Glaciologico Lombardo e Commissione Glaciologica della SAT con il supporto di Enlaps, si può osservare la rapidità del regresso del Mandrone, la fronte principale del Ghiacciaio dell'Adamello, il più grande delle Alpi Italiane, che viene costantemente monitorato da più gruppi di ricerca.



Negli ultimi 4 anni si sono registrati 277 metri lineari di arretramento e sono stati persi 24 di spessore. La consapevolezza che il ghiacciaio si sta estinguendo ha spinto l’ente parco a una corsa contro il tempo, ovvero a eseguire dei campionamenti sulla superficie del ghiacciaio, in corrispondenza delle coppette crioconitiche. “Con questa velocità di fusione, la superficie è relativamente vicina agli strati che contengono isotopi risalenti al disastro nucleare di Chernobyl.”(Anna Maria Bonettini, biologa del parco dell’Adamello).

Resta da capire quale sia il destino della crioconite una volta lasciato il ghiacciaio insieme all’acqua di fusione.

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