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Alla GAM - Galleria d’Arte Moderna - di Milano fino al 25 gennaio 2026 è in corso la mostra "Pellizza da Volpedo. I Capolavori", occasione unica per riscoprire uno dei massimi interpreti del Divisionismo italiano. A più di un secolo dall’ultima esposizione monografica dedicata all’artista, Milano celebra un intero percorso creativo che seppe trasformare la pittura in un linguaggio sociale, simbolico e tecnico di straordinaria modernità. Curata da Aurora Scotti e Paola Zatti e accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, la mostra presenta quaranta opere tra dipinti e disegni provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali.
Il percorso si snoda nelle cinque sale espositive al pianterreno della Villa Reale, oltre alla sala del celebre 'Quarto Stato' al primo piano. Il ritorno dell’iconica tela alla GAM nel 2022 ha offerto l’opportunità di inserirla in un confronto diretto con altri capolavori divisionisti, da Previati a Segantini, sottolineando l’influenza di Pellizza sulla generazione futurista. L’ambiente, che già aveva ospitato il divisionista Angelo Morbelli, e che ha alcune opere di Giovanni Segantini nella collezione permanente, è un luogo naturale e ideale per ospitare questo genere di pittura; al termine della visita Pellizza da Volpedo dialoga idealmente con il Maestro Segantini che ‘cita’ spesso nelle sue opere.
La mostra si articola in capitoli che illustrano le fasi della carriera dell’artista: dai primi ritratti realistici ai grandi temi simbolisti, fino alle opere più mature in cui la luce e il colore diventano strumenti di racconto sociale. Di particolare impatto è la sezione dedicata al 'Quarto Stato', con l’esposizione inedita dei cartoni preparatori, che ne documentano la genesi e il profondo legame con la tradizione pittorica italiana. La prima sala è dedicata alla formazione accademica, tra il 1883 e il 1887, all’Accademia di Brera di Milano, formazione tradizionale anche se con un percorso irrequieto. Nel 1888 Pellizza sarà a Roma dove resterà deluso quanto all’ambiente accademico ma troverà un’ottima palestra per studiare la grande pittura; quindi sarà allievo per qualche mese di Giovanni Fattori, tappa importante per inserirsi nell’ambiente intellettuale artistico. Sempre nel 1888 concluderà il suo percorso di studi all’Accademia Carrara di Bergamo sotto la guida di Cesare Tallone, con il quale avrà l’occasione di sperimentare la potenzialità dell’uso della fotografia per lo studio della figura. Riceverà numerosi riconoscimenti soprattutto per lo studio anatomico.
È in questa sala che si trova il suo Autoritratto realizzato tra il 1897 e il 1899, presentato alla terza Biennale di Venezia del ’99. L’artista ci appare statuario come un intellettuale nel suo studio, altero; e il dipinto diventa un’allegoria della sua vita, della condizione di solitudine dell’intellettuale, della riflessione sul vivere e il morire, simboleggiati rispettivamente da un ramo di rosa e dal teschio. La seconda sala mostra l’avvicinamento di Pellizza da Volpedo all’osservazione della natura e al Divisionismo in particolare di Segantini e Morbelli, al quale si dedica con convinzione e anche dedizione attenta. In particolare lo studio dell’ottica sarà un impegno al quale non verrà mai meno. Esempi di questa fase che cambiano la sua pennellata dinamica e puntiforme, 'Panni al sole' e 'Speranze deluse', dove si evidenzia un ampio respiro prospettico, un’ode alla natura. Tra il 1891 e il 1892 rientra definitivamente a Volpedo.
Nella terza sala abbracciamo idealmente il Simbolismo, nel periodo che va dal 1895 al 1901, con un’influenza in particolare della corrente tedesca e una riflessione intensa ancora sui temi della vita, della morte e dell’amore. Sono opere nelle quali si fa strada una ricerca forte della spiritualità, una dimensione allegorica e una sperimentazione su formati insoliti delle tele, tendenza per altro tipica del periodo. Il risultato è una pittura di grande raffinatezza, dove colore e luce giocano tra ricerca ed emozione, e insieme una potenza e un’inquietudine diffusa, come nei lavori sulle stagioni della vita.
La quarta sala, dal titolo 'Oltre il Quarto Stato', risplende de 'Il sole', un’opera che diventa quasi un manifesto della sua ricerca e si svela la sua maturità tra il 1903 e il 1904, che supera la diatriba allora in voga tra Realismo e Idealismo. Nella luce sembra trovare la sintesi. I capolavori sono presentati nella quinta sala e siamo nel periodo dell’elaborazione appunto del famoso 'Quarto Stato', nel 1902, che viene rifiutato alla Quadriennale di Torino. Ma Pellizza non si scoraggia. Sono di questa fase capolavori quali 'Il ponte', 1904, sul Torrente Curone o 'Le stanche membra' nei quali il tema della famiglia e degli affetti si salda con l’istanza sociale. Nel primo tra l’altro si nota sul fondo la catena montuosa che sembra citare certi dipinti di Segantini. Siamo dopo il primo dei due viaggi in Engadina, quindi anche l’ambiente è quello del Maestro del Divisionismo. Tra i dipinti pure gli spunti del paesaggio romano e, immancabile, una visione di un paesaggio innevato, soggetto caro ai pittori che hanno lavorato sul tema della luce.
Al primo piano il 'Quarto Stato', che appare in tutta la sua potenza anche per l’ubicazione scelta, introdotta e affiancata da alcuni grandi disegni preparatori, che l’ambiente poco profondo esalta. I personaggi ci vengono incontro e restiamo sorpresi nell’incrociare un corteo così da vicino. Pellizza incominciò a lavorare a un bozzetto degli Ambasciatori della fame nel 1891, dopo aver assistito a una manifestazione di protesta di un gruppo di operai, quando rimase molto impressionato dalla scena che poi sedimentò a lungo in lui. Numerose sono le opere intermedie, infatti. tra il primo bozzetto degli 'Ambasciatori della fame' e la 'Fiumana'. Pellizza rimase comunque insoddisfatto del risultato tecnico-artistico della Fiumana e, soprattutto in seguito al massacro della folla da parte del generale Bava Beccaris a Milano, nel 1898, l’artista decise di rimettere mano per la terza volta e ultima volta all’opera. Nacque così il più grande manifesto del proletariato tra Otto e Novecento, dove in primo piano una donna, la moglie, porta avanti l’istanza dell’uguaglianza dei generi nella lotta e la dignità della protesta diventa perfino elegante. L’artista infatti non volle vestire di stracci le comparse-modelli ma acquistò lui stesso abiti, semplici ma decorosi. Per questo tale dipinto è in tutti i sensi un invito all’azione e non solo una rappresentazione.