DA PARADISIA
AL PONT D'AEL
VAL DI COGNE
E I SUOI GIOIELLI

Il giardino botanico di Valnontey, frazione di Cogne, compie 70 anni, e si è salvato dall’alluvione che ha colpito la zona nel 2024 soltanto perché sorge su un’altura sopra il fondovalle, che invece è stato travolto dalle acque del torrente Grand Eyvia. “Paradisia” (questo il suo romantico nome) si è salvato anche perché capta e convoglia artificialmente l’acqua necessaria alle sue piante, la prende dal torrente che scende dal rifugio Sella e non da una fonte interna. Eppure alle sue spalle svetta il ghiacciaio (sempre più piccolo a dire il vero) del massiccio del Gran Paradiso, primo parco nazionale italiano inaugurato centouno anni fa. Ma “Paradisia” non deve il proprio nome al Gran Paradiso che lo sovrasta, bensì al giglio bianco autoctono che cresce soltanto lì ed è raro vedere in questa torrida estate.


(Il grande prato di Sant'Orso, ancora adibito a pascolo, che d'inverno diventa pista da sci di fondo)


Del resto agosto non è il mese delle fioriture e “Paradisia” non fa eccezione alla regola che vuole il mese di giugno e non l'estate inoltrata come il più ricco di fiori e colori. Tuttavia “Paradisia” esiste e resiste, nonostante l’esondazione e l’attuale siccità: il battito della vita (titolo anche dell’ installazione posta al suo ingresso) lassù non si è fermato. I valligiani ne vanno fieri.


(Un fiore di Potentilla atrosanguinea nel giardino botanico di Valnontey)


Il campeggio di Valnontey è stato ripristinato, non altrettanto tutto il greto del Grand Eyvia, mentre Cogne, più in basso e lievemente spostata a destra rispetto a quel che resta del ghiacciaio, appare integra e affollata come sempre di nuovi e vecchi turisti estivi, col suo bel prato di Sant’Orso salvato dalla speculazione edilizia e dalla furia del torrente ingrossato, ancora coltivato a foraggio, produttivo e irrigato ogni giorno, perché anche a 1500 e più metri d’altezza la calura diurna si fa sentire. Il clima è cambiato, lo si ascolta ripetere spesso anche quassù dove di solito il termometro in piena estate non sale sopra i 25 gradi. Invece ad agosto, durante il giorno, è arrivato anche a 34 gradi. Poi di sera e di mattina rinfresca e l’aria è più asciutta che in pianura o in città.


(La chiesa di Cogne assediata dai turisti)


A Cogne, nonostante siano passati ormai molti anni dai fatti, c’è ancora chi vuole vedere la villetta un po’ fuori dal centro dove abitava Annamaria Franzoni, condannata per l'uccisione del figlio Samuele. Il turismo del macabro non è finito e la passione per il mistero è sempre viva: attualmente risulta alimentata dal caso dei 25 gatti trovati morti in poco tempo, uccisi non si sa da chi e perché.


(Una casa affacciata sul Grand Evya a Valnontey sventrata dall'esondazione del torrente)


Eppure a Cogne il turismo non è cosa degli ultimi anni. Inizia ben prima della vicenda Franzoni, nel secolo scorso numerose personalità hanno amato soggiornare, d’estate e d’inverno, fra le alte montagne del parco del Gran Paradiso. Per esempio a Cogne sono andati in vacanza Palmiro Togliatti e Nilde Iotti con la figlia adottiva. Hanno alloggiato all’hotel Bellevue, ancora oggi il più bello del paese valdostano, il solo che molto tempo fa ha avuto il permesso dall’amministrazione locale di costruire sul prato di Sant’Orso. Oggi fa parte della rete Relais&Châteaux e vanta due stelle Michelin. E i genovesi? Oggi come ieri sono di casa a Cogne, ci andavano ancora prima di Togliatti non solo per ragioni turistiche: nelle miniere del paese aostano l’Ansaldo di Genova si approvvigionava di minerali ferrosi. Attualmente le miniere sono in disuso ma si possono visitare e, alla periferia di Aosta, prima di imboccare la ripida e tortuosa strada che sale lassù (con un’emozionante deviazione dopo Aymavilles che conduce a un ponte di ferro ed è dovuta a una frana recente)c’è ancora l’acciaieria “Cogne”. A dimostrazione dell’importanza mineraria della valle.


(L'Hotel Bellevue, dove soggiornavano Togliatti e Nilde Iotti)


Se il capoluogo della vallata si è salvato in gran parte dall’esondazione del 2024 perché lievemente defilato rispetto alla furia delle acque scese da Valnontey, non altrettanto è avvenuto nella località di Cretaz, un po’ più in basso di Cogne, nel punto di confluenza dei torrenti Urtier e Grand Eyvia. Lì, nonostante il lavoro di ripristino e rifacimento degli argini, i segni dell’esondazione sono ancora evidenti.Ma tutto ciò non ha fermato o scoraggiato i turisti di agosto.


(L'esterno dell'antico ponte romano a Pont d'Ael)


Meno male, devono pensare gli abitanti di Cretaz, di Cogne e i valligiani in genere. Anche Lillaz, altra frazione di Cogne, famosa per le belle cascate naturali, si è salvata dal disastro. Nei giorni del grande afflusso di Ferragosto, a Lillaz, sono state segnalate perfino comitive di turisti cinesi. Invece non risulta ancora invaso dal turismo globale il suggestivo borgo di Pont d’Ael, villaggio defilato del comune di Aymavilles, sempre nella valle di Cogne a circa 800 metri di altitudine. A Pont d’Ael si trova uno strepitoso ponte romano, integro, perfetto dopo 2000 anni. Il ponte collega i versanti scoscesi di uno strettissimo vallone laterale. In fondo all’orrido scorre il torrente.


(L'interno del ponte)


I romani costruirono il ponte per un doppio uso: nella parte superiore, scoperta, scorreva l’acqua necessaria alla lavorazione del marmo locale, all’interno della struttura si snodava uno stretto percorso riservato a uomini, animali, merci. Transitavano su passerelle di legno che dal 2012 sono state sostituite da lastre di vetro attraverso le quali, se non si soffre di vertigini o di claustrofobia, è possibile osservare la struttura interna, composta da un susseguirsi di camere vuote. A quel “vuoto” si devono la straordinaria leggerezza e la resistenza statica dell’imponente manufatto. I romani erano ingegneri formidabili e Pont d’Ael ne è la migliore dimostrazione. Poco prima di percorrere il ponte romano, alcuni cartelli informano che ci si trova in un’area naturalistica di pregio, dove vive una specie particolare di farfalla assente altrove: è la farfalla di Pont d’Ael.


(Il Dente del Gigante da Punta Helbronner)


Scesi ad Aymavilles e imboccata l’autostrada, è consigliabile, se non lo si è già fatto, dirigersi a Nord verso il massiccio del Monte Bianco. Da Courmayeur partono le nuove funivie della SKYWAY del Monte Bianco che raggiungono Punta Helbronner a quota 3466, l’altezza massima del versante italiano. Le nuove funivie sono state inaugurate nel 2015 e hanno sostituito le vecchie funivie del Monte Bianco i cui marchingegni sono esposti nel Pavillon della stazione di mezzo a 2193 metri di quota, dove è collocato anche un pianoforte a coda bianco a disposizione dei turisti sempre che sappiano suonarlo (un cartello in tre lingue avverte 'se non sapete suonarmi non torturatemi'). Nell’hangar del Pavillon un piccolo museo racconta la vita e le opere di Paul Helbronner, l’ingegnere francese che nell’800 esplorò e misurò il massiccio del Monte Bianco e a cui è dedicata l’omonima punta dove si trovano anche l’osservatorio, che consente una vista spettacolare su tutte le Alpi della zona, e la stazione di arrivo della Skyway. Reperti d’epoca collocati in alcune teche del Pavillon raccontano le imprese sul Bianco degli alpinisti italiani Walter Bonatti e Toni Gobbi negli anni ’50 del ‘900.

I biglietti della Skyway si possono acquistare direttamente sul posto, meglio ancora negli uffici turistici dei centri più importanti della Valle d’Aosta. In questo modo si evitano le code alla stazione di partenza di Courmayeur.


(Un giovane pianista alla stazione Pavillon)


Imboccata l’autostrada A5 ad Aymavilles, se ci si dirige verso Sud e non a Nord è consigliabile una sosta a Nus (che ha un’uscita propria) per pranzare, dopo aver prenotato con alcuni giorni di anticipo, all’Amitiè di Emilia “Mimma” Bongiovanni di Salerano. Mimma ha una novantina d’anni ed è una cuoca e una persona speciale. Nata contessa, ha lavorato fino alla pensione in varie sedi dell’Ambasciata d’Italia nel mondo. Parla bene il russo perché si è laureata a Mosca ai tempi di Kruscev, è stata la prima donna a partecipare alla Parigi/Dakar, ha conosciuto importanti personaggi del passato, dall’Aga Khan padre a Walter Chiari, ma soprattutto è stata ed è un’eccellente cuoca. Non vuole fotografie ”fresche” nonostante le pareti del ristorante siano tappezzate di vecchi scatti che immortalano lei alla Parigi/Dakar, lei con varie celebrità del passato, il fratello studioso di battaglie napoleoniche in divisa settecentesca. Non ha avuto figli né mariti, “ma ho molti nipoti” sottolinea con orgoglio.


(La sala del ristorante L'Amitiè a Nus)


Fin da bambina Mimma amava cucinare, così dopo la pensione ha realizzato un sogno: aprire un ristorantino tutto suo, proponendo solo cibi senza conservanti, preparati con le verdure del suo orto e la carne degli allevatori locali. È famosa per il cous cous che ha imparato a cucinare dai berberi con i quali ha vissuto e che preparava all’Amitié già prima che il cous cous diventasse un piatto conosciuto anche nell’Italia del Nord. La sua è davvero una cucina multietnica, appresa nei tanti luoghi del mondo in cui ha lavorato. Oltre a politici di diverso orientamento e a vip di ogni provenienza, Mimma ha messo a tavola un serial killer. Era Donato Bilancia. Ecco come Bilancia, condannato in seguito per avere ucciso 17 persone, soprattutto donne, e famoso per essere stato un accanito giocatore, capitò nel ristorante di Mimma: “Un giorno - racconta lei - mi chiamò il direttore del casinò di Saint Vincent e mi chiese se potevo dare da mangiare a un suo cliente perché la cucina del casinò era già chiusa. Erano le quattro del pomeriggio. Vabbè mandamelo, gli risposi un po’ stupita che un casinò di tale importanza avesse già chiuso la cucina. Fu la prima volta che Bilancia venne a pranzo qui. I miei piatti gli piacquero, tornò altre volte di sua iniziativa. Quando seppi che era una serial killer, ho avuto un po’ paura…”

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