RISCOPRIRE MILANO
DOPO INCHIESTE E DECRETI

Ora che il percorso del decreto “SalvaMilano” sembra prendere una nuova e più complicata direzione sarebbe utile aprire qualche spazio di riflessione che andasse oltre i mea culpa pubblici e le frettolose riforme degli uffici comunali a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni. Prima ancora di avere certezze sul futuro del decreto (lo vedremo solo il 5 marzo, ultimo giorno utile per depositare gli emendamenti in Senato), l’assessore alla rigenerazione urbana del comune di Milano Giancarlo Tancredi si è infatti lanciato in un’autocritica davanti a un’assemblea del PD milanese alla Camera del Lavoro. “Negli scorsi PGT (Piani di governo del territorio) abbiamo considerato il progetto come la soluzione che non doveva essere irrigidita da regole troppo rigorose”, ha detto Tancredi. E ha poi ammesso che “i risultati sono stati in parte buoni e in parte abbastanza deludenti, a prescindere delle vicende legate alle inchieste della Procura”. Spiegando che “il mondo immobiliare non ha seguito una linea di attenzione ai contesti e ai tessuti urbani ma ha seguito forse maggiormente una linea legata soprattutto al profitto”. Ha poi ammesso, immaginiamo nello sconcerto di buona parte della sala, che “forse c’è stata un po’ di ingenuità”.

Pochi giorni più tardi (la notizia è della fine della scorsa settimana), la Giunta ha deliberato una riorganizzazione della macchina comunale per renderla più coerente con gli obiettivi della seconda parte del mandato: piano casa, nuovo pgt, piano parcheggi. In sostanza, Simona Collarini viene spostata dal vertice della direzione Rigenerazione urbana, quella chiamata in causa dalla procura, a una delle due nuove direzioni introdotte anche per superare l’esagerata concentrazione di funzioni nel settore Urbanistica. Come ha scritto Repubblica, e come aveva annunciato l’assessore Tancredi, “L’obiettivo è quello di dare la percezione di un Palazzo più attento alle richieste dei cittadini, compresi quei comitati che ogni giorno battagliano su ambiente ed edilizia”. Un attivismo improvviso che arriva dopo molte settimane di blocco dello sportello urbanistica del Comune di Milano in risposta alle inchieste della procura e mesi di un confronto tra sindaco e partiti di maggioranza degno di una rissosa riunione di condominio.

Ora invece ci vorrebbe proprio altro. Milano ha bisogno di un dibattito sensato sulla fase critica che si trova ad attraversare, sui cambiamenti in corso e sulle linee di indirizzo per il futuro. In vista del nuovo PGT sarebbe doveroso documentarsi e provare a rileggere quei fenomeni rimasti fuori dai radar di chi aveva il compito di governare la città e di raccontarla. Le fonti autorevoli per documentarsi sulla natura e la portata delle trasformazioni in atto non mancano. Solo negli ultimi mesi sono usciti tre libri che raccontano il cambiamento, ricostruiscono le sue origini e ne immaginano possibili effetti futuri.

Il primo lo ha scritto Giorgio Bigatti, direttore scientifico di Fondazione ISEC e docente di Storia economica all’Università Bocconi di Milano, si intitola “Milano. Matrici e metamorfosi di una capitale industriale” (Mimesis/Eterotopie, 2024) e racconta – come si legge nella sinossi – “una città che, pur transitando attraverso configurazioni socio-economiche profondamente diverse, ha saputo conservare la capacità di generare ricchezza, privata e sociale. In particolare, Milano ha reagito alla drammatica torsione che, a partire dagli anni settanta del Novecento, ne ha cambiato la configurazione e la composizione sociale, i tempi di vita e il modo di lavorare della gente. Il racconto delle trasformazioni indotte dalla scomparsa dell’industria nel tessuto urbano tratteggia così il profilo di una città chiamata oggi a reinventarsi un destino”. È un libro assai esaustivo, copre quasi due secoli di storia della città ed è utile soprattutto per chi ha scelto di praticare la polemica come strategia retorica: tocca sapere bene le cose dal principio se si decide di attaccare ad personam o di farsi beffe del proprio avversario.

Il secondo libro è invece più specifico ed entra nel vivo del tema oggi forse più scottante, il diritto all’abitare. Sullo sfondo di un ampio programma di ricerca in materia di politiche della casa e di pianificazione urbanistica, presenta i dati e le elaborazioni prodotte da OCA - Osservatorio Casa Abbordabile di Milano Metropolitana sulle relazioni tra costi abitativi, redditi e retribuzioni. Si intitola “Milano per chi? Se la città attrattiva è sempre meno abbordabile” (Lettera Ventidue, 2024) e lo hanno scritto Massimo Bricocoli, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica e direttore del Dipartimento di architettura e studi urbani (DAStU) del Politecnico di Milano, e Marco Peverini, ricercatore presso lo stesso dipartimento. Il libro offre basi informative al dibattito e argomenti a supporto di scelte e azioni di governo locale nella prospettiva di una città abbordabile, inclusiva e sostenibile. È perfetto per gli infatuati di Milano, per i fan del sindaco Sala e per i negazionisti della crisi milanese.

Il terzo volume è del tutto atipico. Si intitola “Knots#1 Milano. Interferenze tra studi urbani e pratiche artistiche per osservare le trasformazioni della città” (Mousse Publishing, 2024) ed è una restituzione di un progetto pluriennale di ricerca scientifica e artistica sulle nuove aree di sviluppo urbano di Milano, promosso dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano (DAStU) e dall’agenzia di visual storytelling Prospekt, con il patrocinio del Comune di Milano. Il volume è un invito a riflettere sulla relazione tra immagini del cambiamento e processi di trasformazione sociale e spaziale della città, in particolare il volume sceglie di osservare le trasformazioni in corso nelle aree degli scali ferroviari dismessi che sono stati oggetto di un lungo processo finalizzato alla loro rigenerazione e riuso. È un libro perfetto per tipi curiosi e riflessivi che sono interessati al cambiamento anche nel modo di raccontare una città.

Inutile specificare che tutti gli attori del governo di Milano, pubblici o privati che siano, dovrebbero finalmente elaborare il lutto, superare quell’idea di città vincente e invincibile costruita dal marketing urbano del dopo Expo 2015, aprirsi al mondo che cambia e soprattutto leggere moltissimo.

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