L'ADDIO
A DANIELE
E UNA PROMESSA
TRADITA

Daniele Pugliese ha posto fine alle sue sofferenze. Il 7 febbraio, in Svizzera, sotto assistenza medica, ha compiuto la scelta consapevole di terminare la propria esistenza. Aveva diviso la sua vita tra l’attività giornalistica e quella di scrittore. E aveva lavorato per 25 anni a 'l’Unità' uscendone, quando il giornale venne chiuso, con la qualifica di vicedirettore. Un vulcano di idee, Daniele Pugliese è stato fra l'altro l’artefice dell’associazione culturale e casa editrice 'TESSERE', e ha dato vita all’Associazione 'Sotto la Mole' per conservare la memoria della stampa comunista.



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25 dicembre 2023 prime ore del mattino. "Un abbraccio laico, ma non per questo meno sentito a un compagno generoso e appassionato. Prometto un passaggio a Firenze senza alcun altro fine che passare insieme alcune ore". Beppe 25 dicembre 2023 pomeriggio inoltrato.

"Scusa se rispondo solo ora ma stiamo facendo il grande pranzo con persone care. Il tuo messaggio mi fa immenso piacere e ricambio gli auguri laici a te e Laura. Spero proprio di vedervi. Un abbraccio. Daniele".

In questi due messaggi, ancora una promessa tradita. Poi è facile dire 'succede', 'così è la vita', così lo era, ma dentro ti resta un gran magone e una valigia zeppa di rimpianti. Mi sembra di tenere per le mani un libro, di quelli che hanno accompagnato la tua esistenza, mettiamo 'I quaderni del carcere' di Antonio Gramsci, e non avertelo dato. Lì, appena scesi dal treno, a Santa Maria Novella. Certo che sarebbe stato un doppione, perché Daniele, tu il Gramsci te lo sei letto e riletto e hai scritto al proposito pagine intense, appassionate. Ma il Gramsci si raddoppia e pure si triplica.

Del resto, sfido chiunque a sostenere che non mettessi passione nelle varie imprese della tua vita. 'Tessere', tra le altre, ho avuto la buona sorte di condividerla. Un vulcano di idee, una forza pari ai pochi soldi in tasca; bada bene, quelli che servivano a dar vita e memoria alla passione politica che ti ha accompagnato senza sosta.

Ora dici: "Fate una festa". No, non te la puoi cavare così. Prima di quel messaggio natalizio, ti avevo inviato quattro note su alcuni dei direttori dell’Unità con i quali ho lavorato in capo redazione nella stagione romana. Rammento la tua serena e sincera invidia per la mia fortuna di avere vissuto quelle esperienze. Vagli a spiegare che la fortuna era solo sorella dell’anagrafe, di avere qualche anno in più. Proprio quegli anni che ti sono mancati, Daniele, per quel brutto pasticcio che ti covavi dentro da tempo con tanto dolore.

"Lo faccio per il mio bene, ora fate una festa", hai lasciato scritto. Come si può dirti di no? Impossibile, come ogni volta che sollecitavi un pezzo per il blog che era un caleidoscopio di temi di riflessione. Nulla di dogmatico perché proprio la passione politica ha fatto di te un intellettuale capace di spaziare su temi affatto diversi, senza timore. Perciò quella promessa di venire a Firenze. Lo so bene, ormai è tradita. Ma lo farò comunque e, visto che la distanza è minima ci daremo appuntamento da Marione, come l’ultima volta. La tua città è lì, in quelle vie.

Era settembre e mai ti ho visto tanto sereno, facendomi scoprire quella città senza uguali che avevo sepolto nella memoria fugace degli anni ciechi, perché rivolti altrove, di un’università senza futuro. "Lo faccio per il mio bene", hai scritto. E io ti credo. Come credo al tuo congedo, con penna lieve. Hai avuto il coraggio di spiccare il salto, senza aggrapparti al tempo. Non mi chiedere di accettare, ma di capire sì. È un tuo eterno diritto.

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