MUNDANEUM
INTERNET
DI CARTA
DEL PASSATO

Al numero 76 della rue de Nimy della piccola città belga di Mons, aggirandosi tra antichi schedari in legno, al Mundaneum si rivive l’impresa appassionante di due utopisti belgi che volevano cambiare il mondo rendendolo più giusto. Le sale del museo, ubicato in una graziosa palazzina Art déco che negli anni Trenta del secolo scorso ospitava il grande magazzino Indépendance, ricreano l'atmosfera dell'impresa utopistica con un grande mappamondo girevole, che simboleggia la natura aerea e fiabesca dell'idea, e con i grandi schedari che lasciano, a tratti, intravedere il frutto dell’opera dei tanti che vi hanno creduto e vi hanno investito le proprie energie.


(Le vetrate del museo)


Il Mundaneum ha una storia molto speciale da raccontare: il tentativo di traghettare l’umanità verso un avvenire di pace e fratellanza universale grazie alla diffusione delle conoscenze e quindi all’acquisizione di una nuova consapevolezza della realtà. L’idea – che ha la bellezza un po’ folle di tutte le iniziative potenzialmente rivoluzionarie – di costruire un mondo migliore attraverso la condivisione del sapere di tutti i tempi e di tutti i luoghi scaturisce dalla collaborazione di due grandi giuristi visionari, Paul Otlet e Henri La Fontaine (premio Nobel per la pace nel 1913) che diedero vita, a partire dal 1895, a un titanico progetto di classificazione di tutto ciò era stato e veniva pubblicato nel mondo (il “Repertorio bibliografico universale”) e di realizzazione di un’enciclopedia universale (contenente informazioni ma anche immagini) creando un "tempio del sapere" cui venne dato il nome di Mundaneum.

(La Mondoteca)



(Il progetto di Mondoteca)


Un’operazione avveniristica che, in un certo senso, precorre Internet ideando il primo motore cartaceo di ricerca dell’umanità per accedere a tutto lo scibile umano. L’opera ciclopica di catalogazione del reale sulla base di criteri innovativi si avvalse della cooperazione di numerosi volontari che si dedicarono a un lavoro certosino redigendo ben 12 milioni di schede. Ne danno testimonianza gli innumerevoli cassettini degli schedari del museo che racchiudono le preziose schede accuratamente vergate a mano, un archivio visitabile solo in parte perché il resto della raccolta, che consta di ben sei chilometri di documenti e di materiale iconografico racchiusi in oltre 48.000 contenitori in cartone, si trova nei sotterranei del museo. La mole dei documenti è ancora più sorprendente se si tiene conto del fatto che intere tonnellate ne sono state distrutte in varie riprese (70 tonnellate nel 1970, 23 tonnellate nel 1980 e sei container nel 1993).


(Appello alle donne)



(La città mondiale)


Nonostante tali perdite, il patrimonio archivistico del Mundaneum rimane una testimonianza impressionante non solo del tentativo estremo di comprendere e incasellare tutto ciò di cui si era a conoscenza nel mondo e di metterlo a disposizione dell’umanità, ma anche di una sorta di “furore enciclopedico” con cui ci si sforzava quasi disperatamente di sottrarre l’esistenza al caos stabilendo un ordine, cercando un senso. Vengono in mente le riflessioni di Umberto Eco a proposito della vertigine della lista…


(Il globo terrestre)



(Il sistema di classificazione del Mundaneum)


Un posto rilevante occupano le informazioni relative a temi (come la fratellanza e il pacifismo) che stavano particolarmente a cuore ai fondatori del progetto, tra cui si annovera anche Léonie La Fontaine, la sorella di Henri, che fu la prima femminista belga. Fu lei a premere perché nella collezione figurasse una sezione particolarmente nutrita dedicata alla lotta delle donne per l’uguaglianza con l’obiettivo di colmare le evidenti lacune e i silenzi di tante altre fonti. Il Mundaneum – faro della conoscenza – avrebbe dovuto essere il centro nevralgico di una "città mondiale" ideale, improntata alla cooperazione tra i popoli, che avrebbe guidato l’intera umanità sul cammino della pace universale. Furono predisposti diversi progetti cui parteciparono alcuni dei più rinomati architetti del tempo (un nome per tutti: Le Corbusier) con piantine, schizzi e modelli plastici.


(Lo schedario)



(I cassettini)


Per la sede si pensò prima a Bruxelles (in particolare l’area di Tervuren), poi ad Anversa e infine a Ginevra, ma il sogno di Otlet e La Fontaine rimase appunto una chimera e il progetto fu abbandonato per mancanza di finanziamenti. La ponderosa raccolta ha vissuto anch’essa vicende travagliate; per un certo tempo era stata accolta in un’ala del Palazzo del Cinquantenario a Bruxelles, una sistemazione prestigiosa, consona alla grandiosità dell’impresa, che fu però di breve durata perché la collezione, che si accresceva sempre di più, venne più volte sfrattata per poi finire in un sotterraneo dove è rimasta per molti anni prima che venisse recuperata e collocata a Mons, la città in cui l’avventura intellettuale dei due utopisti aveva avuto inizio.


(Foto di gruppo dei fondatori e dei partecipanti all’impresa del Mundaneum)


Il Mundaneum merita una visita; non è soltanto un luogo affascinante da scoprire, un museo decisamente diverso dagli altri, che cela nei suoi cassetti la risposta a infinite domande, ma è la testimonianza concreta del fatto che pensare fuori dal coro si può…

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