Bangkok. Un buon giorno si vede dal mattino.
Sveglia ore 6, che per il mio beneamato vale quanto una settimana a pane e acqua più cilicio.
Ma era determinato a portare a casa un reportage, in stile Steve McCurry, del Floating Market e di un altro mercato trappola per turisti, quello del passaggio del Treno, nonostante fosse evidente che la duplice escursione aveva tutto il potenziale per essere, per dirla con un termine romano sempre efficace, una sòla. Ma non c'era stato verso, il beneamato in certe occasioni non sente ragioni. A consuntivo, in tempo reale posso dire: chiamatemi pure Cassandra. Anzi Cassandrà.

È il nostro secondo giorno a Bangkok. Due di quattro. Ieri sera avevamo fatto una mini ricerca sui costi dell'escursione in quel di Khaosan, zona che il mio simpatico compagno di vita e di avventure per stile e degrado paragona a San Salvario, il quartiere che io amo e dove abitiamo a Torino, ma questo solo perché è un povero di spirito. Certo Khaosan non è un luogo asettico, meglio guardare sempre dove si mettono i piedi, e sebbene non sia più terra esclusiva di backpackers, vanta il non irrilevante pregio di essere vicino al fiume Chao Praya, che è a mio avviso la migliore arteria di trasferimento di Bangkok, senza contare che il Grand Palace e un paio di templi con relativi Buddha sono raggiungibili a piedi, persino da due pantofolai come noi. Quindi Khaosan, nonostante i suoi bar rumorosi e i suoi baracchini di cibo ad alta probabilità di maledizione intestinale, non lo scarterei.

Scoperto che detta escursione veniva quantificata dai 700 agli 800 bath a persona, avevamo portato a più miti consigli l' esosa travel agent accanto al nostro albergo che ce ne aveva chiesti 1200. Rimanga tra noi, ma ora come ora m'è venuto il dubbio che, forse, sia vero il detto che dice "chi più spende meno spende", come ama spesso ricordarmi il suddetto fotografo, noto per avere le mani bucate.
Alle 7,20, trafelata, una sorridente fanciulla ci aveva accompagnato al pulmino, arrivato già gremito con una decina di sonnecchianti partecipanti, che ci aspettava nell'adiacente Khaosan Road. Un'ora e mezza di traffico e sbatacchiamenti dopo, senza tanti preamboli, ci avevano intimato di scendere e di affrettarci, erano le 8,50, perché il treno sarebbe passato alle 9 in punto. La simpatica ragazzona thai dal sorriso cordiale si era anche raccomandata di rimanere, tassativamente, dietro una certa linea rossa, e di spostare eventuali borse e quant'altro dietro la schiena, in quanto il trenino nel mercato, seppure a passo d'uomo anziano, avrebbe potuto farci pelo e contropelo.

Capita l'antifona mi ero assicurata due posti in prima fila in un baretto incontrato lungo le rotaie, e dopo aver sborsato volentieri 120 bath per un paio di cappuccini serviti a temperatura Fahrenheit 451, ero soddisfatta per aver garantito all'amato fotografo un posto privilegiato; che tale sarebbe stato non ci fosse stata l'ingombrante presenza di un ragazzone stazza Incredibile Hulk che, egoisticamente, si era piazzato al centro dei binari, sordo a ogni richiesta di spostarsi. Va da sé che l' unica inquadratura che gli è stata possibile, e capirete quanto accettarla sia penoso per un professionista, sarà perciò laterale e assolutamente casuale.

Tutto si è svolto in un battito di ciglia: un attimo prima non c'era, quello dopo, oops, ecco che il treno è già passato... generosamente ci erano stati concessi altri venti minuti per dare un'occhiata al mercato, prevalentemente di generi alimentari a uso e consumo delle massaie di quartiere, gestito da poveri cristi rassegnati a sbaraccare ad ogni passaggio del fotogenico trenino: apri la tenda, chiudi la tenda, sposta la cesta, rimetti la cesta, con una monotona, infinita, continuità di ripetizioni che farebbe felice persino il Maestro Miyagi, quello di Karate Kid. Dopodiché, rischiando slogature alla caviglia e rovinose cadute sulle rotaie, traballando e incespicando, recuperato il posto sul pulmino, siamo ripartiti, anche noi rassegnati, per il Floating Market, il mercato galleggiante, per il quale, datemi pure della prevenuta, ho già confessato di non nutrire grandi aspettative.

Primo perchè, come per tutte le escursioni passate, presenti e future, e ormai dovremmo saperlo, sarà super affollato; secondo, poi, perché quella che era sembrata un'opzione, pagare 150 bath a persona per salire anche noi su una canoa, si era rivelata l'unico modo per visitare il mercato a fior d'acqua e vis a vis con quelle, poche in verità, preposte alla vendita. Perciò, pagato l'obolo aggiuntivo, abbiamo aspettato il nostro turno, assieme ai nostri compagni d'avventura, riconoscibili dall' identico bollino verde appiccicato sulla maglietta. Ormai anche le piccole cose un tempo fatte con giovanile baldanza hanno il loro peso, in questo caso salire con traballante e timorosa circospezione sull'imbarcazione, certi che al ritorno solo l'argano ci avrebbe tirato fuori di lì.

Una trentina di minuti dopo e dopo svariati incontri molto ravvicinati nel trafficato dedalo di canali con una miriade di altre imbarcazioni, per lo più dotate di strani marchingegni a motore, alcuni sputacchianti catorci arruginiti, altri futuribili e lucenti come disegnati per il set di Willy Wonka, persino l'esigente fotografo non si era lamentato quando ci avevano scaricato in un molo sconosciuto, lontano e diverso da quello d'attracco. Inizialmente fiduciosi di ritrovarlo, pensando fosse necessario ritrovarlo, dopo una mezz'oretta di inutili giri, persino io, orgogliosa del mio senso di orientamento, avevo dovuto prendere atto che ci eravamo decisamente persi.

Chiedete e vi sarà dato dice il Vangelo, il che, si sa, funziona, perché è stato allora che un angelo, nella persona di un baldanzoso canadese di Vancouver Island, provvisto anche lui di simil bollino verde, ci ha riportato con premurosa sollecitudine tra le braccia della nostra paciosa guida, che si era dimenticata di darci istruzioni a riguardo; ovvero, "non vi muovete, aspettateci dove vi sbarcano".
Delle due una, o la ragazza ha peccato di faciloneria professionale o io mi sto rimbambendo. Non scarterei totalmente questa ultima ipotesi.